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Musica corale

Roma, Musei Capitolini: Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento” dal 15 maggio al 25 agosto 2024

gbopera - Mer, 08/05/2024 - 08:00

Roma, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli
Sale al terzo piano
FILIPPO E FILIPPINO LIPPI. INGEGNO E BIZZARRIE NELL’ARTE DEL RINASCIMENTO
Dal 15 maggio al 25 agosto 2024
A cura di Claudia La Malfa
In collaborazione con MetaMorfosi
La mostra Filippo e Filippino Lippi. Ingegno e bizzarrie nell’arte del Rinascimento ai Musei Capitolini, curata da Claudia La Malfa, pone al centro l’epoca d’oro del Rinascimento italiano tra Firenze e Roma, focalizzandosi su alcuni dei capolavori di Fra’ Filippo Lippi, uno dei maggiori artisti della Firenze di Cosimo de’ Medici, e di suo figlio Filippino, erede del genio paterno, il quale seppe interpretare il gusto artistico della Roma di fine Quattrocento. La carriera di entrambi gli artisti infatti, si intreccia strettamente con il clima culturale del Rinascimento. L’esposizione presenta alcuni splendidi dipinti e disegni che illustrano in maniera esplicativa l’apporto artistico di entrambi i maestri, tra cui la famosa Madonna Trivulzio del Castello Sforzesco di Milano di Filippo Lippi e l’Annunciazione dei Musei Civici di San Gimignano di Filippino Lippi. I visitatori inoltre, possono conoscere la singolare vicenda biografica dei due pittori e tutta l’importante produzione artistica che, nel caso di Filippino Lippi, comprese anche un soggiorno romano per la decorazione ad affresco della cappella Carafa nella basilica di Santa Maria sopra Minerva. Fra’ Filippo di Tommaso Lippi (1406-1469) fu con Beato Angelico e Domenico Veneziano, un artista molto raffinato ed ecclettico, capace di assimilare la lezione dei grandi maestri del tempo, soprattutto Masaccio e Donatello, che si orientò gradualmente verso uno raggio più ampio di influenze, comprendente anche la pittura fiamminga. Il suo stile divenne poco a poco predominante in area fiorentina, costituendo le basi su cui pittori come Botticelli crearono la propria maniera. Filippo Lippi (1457-1504), detto Filippino Lippi per distinguerlo dal padre, riprese lo stile lineare del suo maestro Sandro Botticelli, ma lo utilizzò per dipingere opere nelle quali risaltasse il carattere irreale e l’elemento fantastico della scena con figure allungate e scene ricche di dettagli fantasiosi. La sua pittura è tra le più rappresentative dell’evoluzione avvenuta alla fine del XV secolo a Firenze: dall’età dell’equilibrio e della purezza lineare l’arte si orientò infatti col tempo verso l’esasperazione espressiva e l’elemento misterioso, fantastico e inquietante, che sfociarono poi nel manierismo, per poi giungere fino all’Impressionismo. Il progetto espositivo è il risultato di una collaborazione con importanti istituzioni culturali italiane, tra cui la Galleria degli Uffizi, l’Accademia di Venezia, la Collezione Cini di Venezia, la Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino e l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma.

 

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Roma, Teatro Costanzo Parioli: “Discorsi Amorosi” dal 13 al 24 Maggio 2024

gbopera - Mer, 08/05/2024 - 08:00

Roma, Teatro Parioli Costanzo
DISCORSI AMOROSI
con Riccardo Rossi
con la partecipazione di Leonardo Colombati
Regia Cristiano D’Alisera
Produzione di Enfi Teatro
Discorsi amorosi, ovvero tutto quello che sopportiamo per amore ma senza il quale non riusciamo a vivere. Sarà questo il filo conduttore del nuovo divertente e pensieroso spettacolo di Riccardo Rossi – che dopo il successo riscosso nella passata stagione – torna in scena al Teatro Parioli. Rossi sarà accompagnato in questo percorso narrativo, dallo scrittore Leonardo Colombati.

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Robert Treviño sul podio dell’Orchestra Rai e Yulianna Avdeeva solista

gbopera - Mer, 08/05/2024 - 00:29

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino, Stagione Sinfonica 2023-24.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Robert Treviño
Pianoforte Yulianna Avdeeva
Igor Stravinskij:Symphony in three movements;  John Adams (1947): “Doctor Atomic” Symphony (2007); Leonard Bernstein: Symphony n.2: “The age of Anxiety” per pianoforte e orchestra.
Torino, 3 maggio 2024
Concerto che per la qualità delle musiche eseguite, per la prestazione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e finalmente per l’interpretazione travolgente del maestro Robert Treviño si potrebbe definire, senza riserve, strepitoso se solo ci fosse stato più pubblico. I tre pezzi del programma hanno un forte richiamo a un racconto visivo e all’angoscia per la guerra . Si inizia con Stravinskij che nella Sinfonia in 3 movimenti, per caparbia volontà, oltre a vergare una sequenza di note e di suoni, si sottrae a qualsiasi tentazione di dare un significato “altro” alla propria musica. I tre movimenti si dovrebbero riferire a tre situazioni specifiche: la coltivazione dei campi in Cina; Lourdes e Bernadette; truppe che avanzano col “passo dell’oca”. Lo spirito delle visioni viene mantenuto ma il rifiuto del riferimento specifico porta l’autore a scegliere per il titolo la dizione classica e generica di Sinfonia. L’avvio è con ritmi che fanno pensare al Sacre, accentuati, in orchestra, da un pianoforte sempre percussivo e dagli archi che, con ininterrotte variazioni di ritmo, affidate a note puntate, lasciano brevi spazi al melodiare di ottoni e legni. Nel secondo movimento, flauto ed arpa cantano una melodia che si adagia su sonorità e ritmi cameristici di legni e archi. Nel terzo movimento i ritmi variano energicamente in continuazione, incalzati e sostenuti da accordi sonori del pianoforte. L’orchestra si lancia, con un carico crescente di angoscia ed affanno, verso una drammatica chiusura. Inevitabilmente quanto segue si trova nell’impari confronto con questo capolavoro. Treviño e l’OSN RAI forniscono un sostanziale ed efficace sostegno ad Adams e alla sua Sinfonia dal Doctor Atomic del 2007. Due anni prima, nel 2005 al MET, Peter Sellars, metteva in scena l’opera Doctor Atomic in cui si tratta della poche ore che precedono lo scoppio, il 16 luglio del 1945, della prima sperimentale bomba atomica ad Alamogordo in New Mexico. Il Doctor del titolo è il capo del progetto Robert Oppenheimer; altri personaggi dell’opera sono la moglie di Oppenheimer, la cameriera indiana, i militari e gli scienziati del laboratorio di Los Alamos. Ognuno dei personaggi esprime le proprie certezze, debolezze, paure e angosce. La musica con molta difficoltà si ricava un’autonoma vita propria, è piuttosto un commento di stati d’animo cantati e rappresentati in scena. La separazione dal contesto originario, per farne una Sinfonia, è stato comunque un grande azzardo dell’autore. Se nell’opera l’orchestra è un efficace sostegno all’azione e al canto, non trova altrettanto agevole esprimersi nel terreno del puro suono. Il rischio di perdersi nella rete di formule minime, agganciate al nulla, ripetute fino allo sfinimento degli ascoltatori, viene esorcizzato dalla ricchezza timbrica della scrittura che, su un pedale costante degli archi, sguinzaglia, con libera fantasia, percussioni, fiati, arpa, celesta e pianoforte. In prossimità della conclusione, prende poi la scena la tromba solista, del formidabile , che con una lunga melodia, trascrizione dell’aria del baritono che impersona nell’opera il problematico Oppi (Oppeneimer), crea, nell’angosciante attesa dello scoppio della bomba, un’isola di assoluta empatia. Leonard Bernstein, negli anni ’40, soffriva per l’ansia, non solo causata dalla guerra in corso, ma pure dall’incertezza per il futuro di cui era preda tutta la comunità queer newyorkese di cui faceva parte. La guerra, con la sua inevitabile confusione sociale, aveva allentato i vincoli, tant’è che molti europei, vedi Britten con compagno, vi si erano trasferiti, ma regnava l’ansia per l’arrivo di una restaurazione più repressiva. Il poeta inglese W.J.Auden, amico di Bernstein e attivo membro della comunità, gli propose di musicare il suo poemetto “Il tempo dell’ansia”. La vicenda narrata, complessa e cervellotica, fa desistere Bernstein dal farne una cantata o un poema sinfonico e lo convince a ripiegare su una più generica Sinfonia con Pianoforte. Della struttura classica della sinfonia non c’è nulla, sono episodi rapsodici e serie di variazioni inserite all’interno di sezioni che solo formalmente si collegano al poema d’origine. Pur se la composizione sortì molto ben eloquente, Auden ne fu ampiamente deluso. Vi si trova, efficacemente conglobato, tutto quanto l’eclettismo dell’autore permetteva di porvi: Mahler e il tardo romanticismo europeo, Stravinskij e il Jazz, Ravel e Varèse. Si trova soprattutto la grande arte di un formidabile e sensibile orchestratore, espertissimo conoscitore di ritmi e colori. Il pianoforte, che trasforma effettivamente questa sinfonia in un concerto, è percussivo e sempre molto brillante. L’autore l’aveva voluto come protagonista perché contava di esserne contemporaneamente direttore e solista alla tastiera. Yulianna Avdeeva, già premio Chopin nel 2010, sciorina, con felina rapidità e brillantezza di tocco, un virtuosismo assai espressivo. Grandi applausi per lei che ricambia con un bis, anch’esso assai brillante e deciso, ma che annuncia a così bassa voce che il contenuto non risulta intellegibile. Sventuratamente anche la cronista RAI, a cui siamo ricorsi, non ne ha afferrato né autore né titolo. Gli applausi finali ci sono stati, come i diffusi ringraziamenti ai molti orchestrali che hanno eccellentemente condotto i molti episodi solistici.

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Roma, Teatro Argentina: “L’arte della commedia” con uno straordinario Fausto Russo Alesi

gbopera - Mar, 07/05/2024 - 23:59

Roma, Teatro Argentina
L’ARTE DELLA COMMEDIA
di Eduardo De Filippo
adattamento e regia Fausto Russo Alesi
personaggi e interpreti
Oreste Campese, attore capocomico FAUSTO RUSSO ALESI 
Veronesi, piantone DAVID MEDEN
Palmira, padrona d’osteria SEM BONVENTRE
Sua Eccellenza De Caro, prefetto ALEX CENDRON
Giacomo Franci, suo segretario PAOLO ZUCCARI
Quinto Bassetti FILIPPO LUNA
Padre Salvati GENNARO DE SIA
Lucia Petrella IMMA VILLA
Gerolamo Pica DEMIAN TROIANO HACKMAN
Un uomo DAVIDE FALBO
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
musiche Giovanni Vitaletti
luci Max Mugnai
Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Elledieffe.
Roma, 07 Maggio 2024
“L’arte della Commedia” di Eduardo De Filippo, opera scritta nel 1964 ma concepita già negli anni ’50, rappresenta un vivido specchio della Commedia dell’Arte, con la quale tutto il lavoro di Eduardo mostra profonde connessioni. Quest’opera, che si immerge coraggiosamente in una riflessione metateatrale, si pone interrogativi cruciali sul teatro stesso, esplorando la sua funzione etica e politica nella società. Nonostante il suo chiaro valore artistico, l’opera ha trovato un’accoglienza tiepida sui palcoscenici, forse per la sua natura che oscilla tra il divertimento e una grave riflessione. In un periodo in cui i teatri stabili si diffondevano negli anni ’50 e ’60, tentando di democratizzare l’accesso allo spettacolo, Eduardo ha anticipato il dilemma del teatro: la protezione può facilmente trasformarsi in asservimento. La sua opera diventa così un campo di battaglia tra le passioni degli artisti e le aspettative dei burocrati che determinano il destino del teatro. La trama si svolge intorno a Oreste Campese, capocomico di una compagnia teatrale familiare, e il Prefetto, incaricato di una rinascita culturale. Il capannone di Campese, dove si svolgono gli spettacoli, viene distrutto da un incendio, spingendo il capocomico a confrontarsi con il Prefetto in un dialogo che ricorda le atmosfere pirandelliane, ma anche le satiriche venature della tradizione russa. Questo confronto si carica di un significato morale e culturale profondo, mettendo in luce la distanza tra la visione dell’artista e quella del funzionario. I personaggi di contorno partecipano a questa trama ambigua, presentandosi al Prefetto in vari travestimenti (medico, maestra, prete), creando un inganno che mantiene lo spettatore in una suspense continua: sono reali o attori? Questa ambiguità è la chiave di volta della drammaturgia di Eduardo, che, pur mantenendo un tono leggero e festoso, non trascura una riflessione profonda sul ruolo dell’attore nella società. L’allestimento diretto da Fausto Russo Alesi, con la scenografia di Marco Rossi, incarna perfettamente il bisogno dell’opera di un’interpretazione attenta e dettagliata. Marco Rossi propone infatti una struttura scenica che rompe decisamente con la tradizionale austerità edoardiana, trasformando il palco in un vero e proprio campo di battaglia tra potere e arte. La scena è concepita come una fortezza imponente e inquietante (di evidente matrice fascista), dove si consuma il duello tra il capocomico Oreste Campese e il Prefetto, personaggio simbolo dell’autorità. L’ingresso dei personaggi, reali o fittizi, nell’ufficio del Prefetto è reso ancora più drammatico dalle note di Charles Aznavour, evocando l’illusione e la magia del teatro, mentre emergono e scompaiono misteriosamente dal fondo scena. Nell’allestimento teatrale, i monologhi appassionati dei personaggi, come quello del medico, che con brillantezza trasmette la persistente violenza della tragedia attraverso la sua voce e il linguaggio del corpo, rappresentano un elemento fondamentale dell’arte dell’attore e, per estensione, della finzione stessa. Questi monologhi prendono vita in uno spazio scenico che, pur definendosi come reale, è articolato in quadri visivi distinti (anche grazie alle belle luci di Max Mugnai), ciascuno delimitato dall’illuminazione e dallo sguardo di coloro che, posti ai margini, osservano attentamente. Questa scelta registica accentua la fluidità tra realtà e finzione, un tema centrale dell’opera che Russo Alesi amplifica attraverso una serie di scelte stilistiche audaci e con la complicità di Giovanni Vitaletti che costruisce ad hoc un efficace impianto musicale. L’utilizzo di didascalie, lette da un servo di scena visibilmente trasandato, aggiunge un ulteriore strato di meta-teatro, sottolineando la natura artificiosa e costruita della rappresentazione. Questo approccio non solo mette in discussione la veridicità dell’azione scenica ma riflette anche sul ruolo del teatro come spazio di rappresentazione del potere e della società. Le caratterizzazioni grottesche e sovradeterminate dei personaggi sono un’altra scelta deliberata che esplora le varie sfaccettature del testo di Eduardo. Questa enfasi sulla caricatura non solo intensifica l’elemento comico dell’opera ma serve anche a esporre e criticare le dinamiche di potere intrinseche nella società e nella politica. La performance di Russo Alesi, nel ruolo del capocomico filosofo, e quella di Alex Cendron, come Prefetto, dimostrano una profonda comprensione dei loro personaggi, mescolando tecniche recitative diverse ma ugualmente efficaci. Fausto Russo Alesi, noto per la sua maestria nel campo teatrale, porta alla luce un approccio distintivo e sofisticato nella sua più recente produzione. Adottando una tecnica di decostruzione polifonica, Alesi manipola con maestria i ritmi teatrali e utilizza lo spazio scenico e gli oggetti in modo spartano ma efficace. La profondità della sua interpretazione emotiva si riflette sul suo volto enigmatico e oscuro, evocativo di una icona bizantina, che diviene quasi un elemento scenografico a sé stante. Questo stile non solo rivitalizza il testo, ma impregna l’intera performance di una carica emotiva intensa, lasciando il pubblico immerso in un’atmosfera densa di significati e suggestioni. Complementare è l’interpretazione di Paolo Zuccari, nel ruolo del segretario del Prefetto, che con la sua “viscida efficienza” offre un ritratto satirico della burocrazia. Il resto del cast non è da meno dimostrando una padronanza notevole e coinvolgente delle proprie parti. Gli attori hanno navigato con grande abilità attraverso la complessa trama e l’impianto drammaturgico, portando autenticità e profondità ai loro ruoli. Il pubblico del Teatro Argentina ha risposto con entusiasmo straordinario allo spettacolo, tributando agli attori lunghi e calorosi applausi, segno evidente dell’alta apprezzamento. In scena sino al 19 Maggio. Photocredit@AnnaCamerlingo

 

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Roma, Gnam: “Emilio Isgro’: Protagonista” dal 08 Maggio al 31 Dicembre 2024

gbopera - Mar, 07/05/2024 - 11:58

Roma, Galleria Nazionale Arte Moderna
EMILIO ISGRO’: PROTAGONISTA
L’iniziativa Artista alla GNAM propone, a partire da Emilio Isgrò: Protagonista 2024, un programma di “artisti in visita”, ovvero di visiting artist, concepito con la formula “un anno, un artista, una sala”. Come accade in alcune istituzioni internazionali, il museo “ospiterà” un artista italiano per un anno, organizzando una serie di incontri ed esponendo in una sala una selezione significativa delle sue opere. L’iniziativa, promossa e organizzata dal Direttore della GNAM Renata Cristina Mazzantini, in collaborazione con l’Archivio Emilio Isgrò, grazie al contributo di Intesa Sanpaolo e Techbau, main sponsor, con il sostegno di Borghese Contemporary Hotel, sponsor tecnico, offre l’opportunità al pubblico del museo di interagire con i protagonisti dell’arte contemporanea italiana, e agli studiosi, nonché agli studenti delle Accademie e delle facoltà di Valle Giulia, di toccare con mano e approfondire il lavoro dell’artista. La figura di Emilio Isgrò, una delle più autorevoli della cultura italiana, già celebrata alla GNAM con un’importante antologica nel 2013 e presente nelle collezioni del museo, è stata selezionata per il 2024 in occasione dei sessant’anni della “Cancellatura”: un gesto artistico radicale che ha rivoluzionato il linguaggio dell’arte a livello internazionale. È il gesto artistico che contraddistingue l’opera di Isgrò: parte dalla parola e sostiene la memoria, ma non ha nulla a che vedere con la “Cancel Culture”, che, al contrario, contrasta apertamente. Per “Artista alla GNAM”, Isgrò ha creato l’opera “Isgrò cancella Isgrò”, con la cancellazione di “Autocurriculum”, il suo romanzo autobiografico, che sarà donata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. A partire dal 14 maggio, inoltre, Isgrò, impartirà con cadenza stagionale un ciclo di “Lezioni di Cancellatura” aperte al pubblico, concepite come workshop destinati agli studiosi e agli studenti, dove insegnerà ad avvalersi del “pennello” come filtro selettivo con cui isolare l’essenziale. Le “Lezioni di Cancellatura” saranno accompagnate da serate su invito dedicate alle “Riflessioni sulla Cancellatura”, una serie di incontri che coinvolgeranno letterati, poeti, giornalisti e scrittori, chiamati a raccontare il proprio rapporto autobiografico con il gesto della cancellatura. Questi incontri offriranno al pubblico un filo conduttore nella complessa produzione di un artista che è anche poeta, romanziere e drammaturgo.

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Venezia, Teatro Malibran: Stanislav Kochanovsky e Simon Zhu in concerto

gbopera - Mar, 07/05/2024 - 00:44

Venezia, Teatro Malibran, Stagione Sinfonica 2023-2024
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Stanislav Kochanovsky
Violino Simon Zhu
Pëtr Il’ič Čajkovskij: Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35
Dmitrij Šostakovič: Sinfonia n. 6 in si minore op. 54
Venezia, 4 maggio 2024
Una soirée, immersa in un’atmosfera che si sarebbe potuta respirate a Mosca o, in passato, a Leningrado si è svolta al Teatro Malibran, dove si proponevano due titoli d’autori russi, entrambi espressione dell’anima di quel Paese, ancorché diversamente stilizzata: il Concerto in re maggiore per violino e orchestra op.35 di Čajkovskij e la Sesta sinfonia di Šostakovič. Quanto al primo pezzo, la sua notorietà presso il grande pubblico, non trova sempre riscontro nei giudizi di certa critica o di alcuni interpreti, che lo trovano troppo incline al facile effetto. Antesignano di tale atteggiamento fu l’arcigno Hanslick, che liquidò il Concerto con un’astiosa stroncatura.
In ogni caso, si tratta di una delle pagine più straordinariamente virtuosistiche mai scritte per il violino. A questo riguardo, il violinista Simon Zhu – vincitore del Premio Paganini 2023 – ha affrontato con spavalda maestria le difficoltà trascendentali della sua parte, puntando nel contempo alla qualità del suono, anche in quei passaggi, dove – sempre secondo Hanslick – il violino sarebbe costretto a “gracchiare”. Tecnicamente ineccepibile, ma anche espressivo, si è dimostrato il giovanissimo concertista di Tubinga, nel primo movimento, segnalandosi nell’impervia cadenza conclusiva, per poi immergere gli ascoltatori in una dimensione sognante, tra tenue lirismo e delicate sfumature, nella successiva Canzonetta. Estrema brillantezza e insieme compostezza stilistica si sono apprezzate nel concitato finale. Autorevole il maestro Kochanovsky nell’accompagnare il solista con precisi interventi dell’orchestra ora illuminati dalle squillanti e ritmate fanfare delle trombe ora pieni della dolcezza suadente che caratterizzava gli interventi degli archi e dei legni. La tecnica trascendentale e la sensibilità del solista hanno completamente conquistato il pubblico, che ha applaudito con reiterata convinzione meritandosi un fuoriprogramma paganiniano: il capriccio n. 7, con la sua insistenza su ottave e staccato veloce, eseguito con mirabile precisione. Passando a Šostakovič, una telefonata fu determinante nella vita del compositore: attaccato ripetutamente sulla Pravda, fu riabilitato in extremis dal “Piccolo Padre”, che nel marzo 1949 lo “invitava” – per telefono – ad andare a New York, per partecipare, come membro della delegazione sovietica, al Congresso Internazionale sulla Pace. Pur formatosi nel clima della rivoluzione, Šostakovič aveva subito, in precedenza, aspre censure. Terrorizzato dalle reiterate minacce di deportazione in Siberia, il compositore si adeguò con la Quinta Sinfonia (1937) alle direttive del regime, assecondandone – almeno in superficie e, comunque, senza rinunciare a una graffiante ironia – gli intenti celebrativi. Dopo il successo riportato da questo lavoro, Šostakovič, nel 1939, abbozzò una Sinfonia corale ispirata al poema Lenin di Maiakovskij, ma il contesto particolarmente inquietante – segnatamente, l’inizio del conflitto mondiale e le purghe staliniane – lo spinse ad accantonare quel progetto e a intraprendere la composizione di un’opera sinfonica, che nelle sue intenzioni doveva fornire puro piacere estetico agli esecutori come al pubblico. Nasce così la Sesta Sinfonia dall’insolita struttura tripartita: una Sinfonia che – pur senza un programma extramusicale – non poteva non risentire di quel tragico momento storico.
In essa Šostakovič, dopo il “ritorno all’ordine”, rappresentato dalla Quinta Sinfonia, costruisce un discorso poetico, che giustappone il tragico ed il grottesco in pannelli volutamente tra loro slegati e squilibrati, senza un inizio e una conclusione. Se la solennità del primo movimento venne considerata dalla critica pretenziosa e il carattere brillante dei tempi successivi un ritorno alla “civetteria” formalista, il lavoro non ebbe mai particolare fortuna neanche tra il pubblico. Intensamente espressiva la lettura offerta da Kochanovsky, che ha adottato un’estesa gamma dinamica e agogica, sottolineando i decisi contrasti, di cui è ricca la partitura, dove al tono cupo e drammatico di certe pagine si oppongono, altrove, accattivante leggerezza e irrefrenabile allegria. Esemplare l’orchestra. Il primo movimento – il più esteso dei tre – è un Largo, caratterizzato da due temi: il primo, cupo e drammatico – esposto con suggestivi accenti dai legni più scuri con l’aggiunta di viole e violoncelli, e successivamente ripreso dai violini e poi dagli altri legni; il secondo più lirico, mestamente introdotto dal corno inglese e poi ripreso in successione dagli archi, quindi da flauti e ottavini. Nella sezione intermedia si è messa in luce, oltre al corno, anche la tromba che, si è espressa con accenti drammatici, evocando funebri reminiscenze mahleriane. Verso la conclusione del movimento, prima della breve ripresa, un ampio e surreale dialogo tra due flauti ha aperto uno squarcio di forte intensità lirica. Il Largo si è spento in un clima di attesa su un la acuto dei violini, marcato da inesorabili rintocchi funebri di arpe e timpani. Carattere decisamente opposto ha rivelato l’Allegro, frizzante e giocoso come uno Scherzo, dominato da una figurazione ritmica ben staccata, che ha coinvolto varie sezioni strumentali e dove si è messo subito in luce il clarinetto piccolo, strumento particolarmente caro all’autore. In questo movimento, tra l’altro, è riapparsa la vena comico-dissacrante propria del primo irriverente Šostakovič, sul modello di Prokof’ev e Stravinskij. Un’irrefrenabile allegria ha animato il conclusivo Presto, in forma di rondò, dove si sono fatti apprezzare, in particolare, i fagotti, il controfagotto e i contrabbassi, un raggruppamento prediletto da Šostakovič. Il movimento – nel quale il dialogo tra le famiglie orchestrali si è fatto sempre più intenso, così come la forza dell’intera orchestra – si è concluso con un gran finale di stampo bandistico. Successo pieno per il Maestro e l’Orchestra.

 

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Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi: “Settimana dell’organo” dal 06 all’11 maggio 2024

gbopera - Lun, 06/05/2024 - 11:55

Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi
SETTIMANA DELL’ORGANO
Organizzazione Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e dai Pii stabilimenti della Francia a Roma e a Loreto
Sotto la direzione del maestro Gabriele Agrimonti, i Pii Stabilimenti della Francia a Roma e Loreto presentano la “Settimana dell’organo” una serie di 4 concerti d’organo che si svolgeranno presso la Chiesa di San Luigi dei Francesi ad eccezione dell’ultima sera presso la chiesa di Sant’Andrea della Valle. Venerdì 10 maggio «cine-concerto» con la proiezione del film LA PASSION DE JEANNE D’ARC de Carl Theodor Dreyer con introduzione dei prof di cinema della sapienza Damiano Garofalo e Valerio Coladonato. Ingresso gratuito.Qui per il programma.

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Roma, Teatro Flavio:” Polvere di Gio'” unica data 10 Maggio 2024

gbopera - Dom, 05/05/2024 - 17:35

Roma, Teatro Flavio
POLVERE DI GIO’
Unica data 10 Maggio 2024 ore 20:30
con Sebastian Gimelli Morosini
ideato e diretto da Francesca Stajano Sasson
con la consulenza di Willy Vaira
e con Giuseppe Amelio, Roberta Bobbi, Antonio Corazza, Isabella Deiana, Nino Mallia, Francesca Stajano Sasson
Lo spettacolo ripercorre le tappe fondamentali della vita di Giò Stajano che nasce come uomo, Gioacchino, nel 1931 a Gallipoli (Lecce), da Fanny Starace , figlia del gerarca fascista Achille Starace, e dal Conte Riccardo Stajano Briganti di Panico. È l’ unico bambino che può dire di aver fatto la pipì addosso al Duce! Trascorre l’ infanzia tra Sannicola e Gallipoli per poi frequentare il Collegio dei Gesuiti a Frascati, dimostrando grandi doti intellettuali. Si trasferisce a Roma, dove esercita la carriera di pittore, giornalista, attore e scrittore. Qui frequenta l’alta società romana divenendo amico dell’artista Novella Parigini, nel cui rinomato salotto incontrerà esponenti della cultura dell’ epoca come Moravia, Pasolini, Guttuso, Dalì , Rock Hudson, Tyrone Power ,Linda Christian ed Errol Flynn e moltissimi altri. Viene scritturato per una parte nel film La Dolce Vita di Federico Fellini , a cui seguiranno altri ruoli, con importanti registi. Nel 1983 Giò decide di essere donna, sottoponendosi a un’operazione a Casablanca. Come Maria Gioacchina partecipa ad un fotoromanzo pornografico con Gabriel Pontello e per alcuni anni frequenta il mondo della prostituzione. Nell’ultima parte della sua esistenza, decide di avvicinarsi alla religione cattolica: diventa suora laica prendendo i voti a Vische (TO) nel Convento delle monache di Betania del Sacro Cuore. Nel 2011, in seguito a problemi causati dall’operazione per la riattribuzione di sesso ancora in fase sperimentale, lascerà questa terra. Lo spettacolo, promosso congiuntamente dal Rotaract 2080, il Gay Center, Arcigay Roma, Azione Trans e Differenza Lesbica Roma, riveste un’importanza fondamentale nel panorama dell’attivismo sociale e della solidarietà. Lo scopo primario di questa iniziativa è la raccolta fondi a beneficio del progetto “Follow Your Rainbow” del Distretto Rotaract 2080, concepito e guidato con determinazione dal suo rappresentante, Mario Morelli, e sostenuto attivamente da tutti i club presenti a Roma, nel Lazio e in Sardegna. L’obiettivo fondamentale del progetto è quello di garantire la ristrutturazione e la continuità operativa della piattaforma “Spaeckly”, sviluppata con impegno dal Gay Center di Roma. Questa piattaforma svolge un ruolo cruciale nel fornire supporto a oltre 13.000 persone vittime di maltrattamenti, offrendo loro un fondamentale sostegno psicologico e pratico. QUI PER TUTTE LE INFORMAZIONI.

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Le cantate di Johann Sebastian Bach: quinta domenica dopo la Pasqua (Dominica rogate)

gbopera - Dom, 05/05/2024 - 00:05

Sono due le Cantate bachiane giunte a noi per la quinta domenica dopo la Pasqua, detta “Dominica Rogate”. Lo scorso anno abbiamo trattato la prima (BWV 86), l’altra cantata scritta da Bach per la domenica delle rogazioni è la nr.87: Bisher habt ihr nichts gebeten in meinem Namen eseguita la prima volta a Lipsia il 6 maggio 1725. Due sono i passi tratti dal Vangelo di Giovanni (capitolo 16 vers.23-30). Il primo è  precisamente la frase “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome”, che apre la Cantata, un arioso affidato alla voce del Basso, la “Vox Christi” che è una sorta di fugato  e contrariamente alle intenzioni di Christiane Mariane von Ziegler (1695-1760), l’autrice del testo che lo vorrebbe minaccioso è tranquillizzante ed esortativo:”Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena”, è il proseguo della frase. che però la poetessa non ha voluto fare proprio, di conseguenza anche i brani successivi hanno toni apocalittici, drammatici, fino al momento in  cui, nel nr.5 (“Voi avrete tribolazione nel mondo”, un ampio e poderoso arioso, ancora una volta affidata al basso) viene citato il versetto nr.33 dello stesso vangelo giovanneo: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!”. Il testo viene reiterato, mentre l’apparato strumentale è ridotto al solo “Continuo”. A questo punto il senso di costernazione e di paura si placa e la successiva aria (Nr.6 “Io soffrirò, tacerò”,affidata al tenore) si apre a movenze aggraziate  di una “Siciliana” e congedare così il fedele che, se pur attraverso al sofferenza, otterrà la consolazione.
Nr.1 – Arioso (Basso)
Finora non avete chiesto nulla nel mio nome.
Nr.2 – Recitativo (Contralto)
O parola, che atterrisci lo spirito e l’anima!
Umanità, senti la chiamata, che dietro vi si cela!
Con intenzione hai trasgredito la legge ed il Vangelo;
E dunque dovrai senza indugio
Pregare in penitenza e raccoglimento.
Nr.3 – Aria (Contralto)
Perdona, Padre, le nostre colpe
E ancora sii paziente con noi,
Quando ci raccogliamo in preghiera
E diciamo: Signore, al tuo comando,
Ah, non parlar più in similitudini,
Ma piuttosto intercedi per noi.
Nr.4 – Recitativo (Tenore)
Quando i nostri peccati salgono fino al cielo,
Tu vedi e conosci il mio cuore,
Che nulla ti può nascondere;
Quindi cerca di consolarmi!
Nr.5 – Arioso (Basso)
Voi avrete tribolazione nel mondo; ma abbiate fiducia,
io ho vinto il mondo.
Nr.6 – Aria (Tenore)
Io soffrirò, tacerò,
Gesù si rivelerà mio sostegno
Perché mi consola nel dolore.
Svanite, o affanni, pene, lamenti,
Perchè dovrei perdermi d’animo?
Calmati, cuore afflitto!
Nr.7 – Corale
Devo essere così preoccupato?
Se Gesù mi ama,
Tutte le mie sofferenze
Son più dolci del miele,
Mille baci di zucchero
Infonde nel mio cuore.
Quando il dolore arriva,
Il suo amore trasforma in gioia
Anche la più amara delle sofferenze.
Traduzione Alberto Lazzari

www.gbopera.it · J.S.Bach: Cantata “Bisher habt ihr nichts gebeten in meinem Namen” BWV87

 

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Roma, Teatri in Comune: “Immagina. Festival Internazionale del Teatro di Figura di Roma” dal 09 al 12 maggio 2024

gbopera - Sab, 04/05/2024 - 11:49

Roma, Teatri in Comune
IMMAGINA, FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL TEATRO DI FIGURA DI ROMA
Direzione artistica condivisa Veronica Olmi, Antonino Pirillo, Flavia Gallo, Francesco Aquilanti, Valeria Trupiano
I tre Teatri in Comune – Teatro del Lido di Ostia, Teatro Villa Pamphilj, Teatro Biblioteca Quarticciolo – con il Museo delle Civiltà e l’ICPI-Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura, propongono un festival diffuso in tutta la città con un calendario di 12 spettacoli per un totale di 40 repliche e poi mostre, laboratori, incontri. In scena alcune tra le più significative compagnie di Teatro di Figura da Paraguay, Turchia, Cile, Polonia, Portogallo, Bulgaria, e Italia per quattro giorni all’insegna dell’immaginazione e della creatività, per adulti e bambini.
GLI SPETTACOLI. Dal ParaguayElemental Confusion di e con Carola Mazzotti della Compagnia Kunu’u Titeres, con la regia di Eduardo García e le musiche di Mario Fatecha, e Correspondence di e con Carola Mazzotti, con la regia di Gabriela Céspedes. Dalla Turchia, Garbage Monster di e con Cengiz Özek della Compagnia Cengiz Özek Shadow Theatre. Una coproduzione Cile – Polonia, Robot di David Zuazola e Unia Teatr Niemozliwy, con la regia di Marek b. Chodaczynski. Dal Portogallo, Mil e Uma di e con David Fariza della Compagnia Caricata Teatro, con la regia di Claudio Hochman. Dalla Bulgaria, Little Wizards di Vera Stoykova (Comp. Varna State Puppet Theatre) con Evgeniya Vasileva, Gergana Gospodinova, Krasimir Dobrev, Boyan Stoyanov. Dall’ItaliaPrendere il volo della Fondazione TRG e Drogheria Rebelot, dall’opera di Marina Marinelli e Silvia Molinari (Ed. Topipittori), con Miriam Costamagna, con la regia di Enrica Carini e Andrea Lopez Nunes; Solo di e con Walter Broggini accompagnato dai musicisti Giorgio Rizzi e Roberto Scala; Sphera di Chiara Carlorosi e Marco Vergati, produzione Teatro di Carta/Ombre Bianche Teatro; Il mare in una conchiglia di e con Ignazio Bortot; Quel diavolo di Arlecchino di Paolo Rech della Compagnia Bambabambin, con la regia di Eleonora Fuser e le maschere di Giorgio De Marchi e Matteo Berra; Piccolo Sushi con la drammaturgia e la regia Tonio De Nitto (Factory Compagnia Transadriatica).
LABORATORI. Articolato anche il programma dei laboratori gratuiti, rivolti a tutte le età: Karagöz e le sue ombre (dai 5 ai 10 anni); A forma d’ombra, a cura di Biblioteca Villino Corsini e Teatro Verde (dai 6 ai 10 anni); Rodari in villaorienteeringletterario a cura di TiconZero condotto da Stefano Zarfati e Fernanda Pessolano (dagli 8 agli 11 anni); Soffio, animazione teatrale a cura di Factory Compagnia Transadriatica condotto da Michela Marrazzi (a partire dai 6 anni); Giochiamo con le ombre, piccolo laboratorio creativo a cura di Teatro di Carta (dai 6 ai 10 anni); Diamo vita alle maschere, a cura di Marco Luly (dai 18 anni); Immagini e suoni, a cura di Teatro Verde con Diego di Vella e Lucia O’Farrell (dai 2 ai 6 anni); Teatrini di carta, a cura di Marta Cascarano (dai 6 ai 10 anni).
LA MOSTRA. Da giovedì 9 a domenica 12 maggio, presso i quattro spazi, sarà visitabile la mostra diffusa Disegno sempre anche quando penso, con i teatrini di carta di Michele Cascarano, a cura di Marta Cascarano. La mostra, visitabile negli orari di apertura dei singoli spazi, è dedicata ai “teatrini di carta” realizzati da Michele Cascarano, maestro del disegno capace di tradurre memoria, sogno e progetto in esperienze visionarie. In mostra i suoi diorami tridimensionali che trascendono la realtà concreta per raggiungere una dimensione onirica e ideale. Domenica 12 maggio alle ore 17.00 si terrà l’Incontro con la curatrice al Teatro Villa Pamphilj. L’ingresso è libero nei tre Teatri in Comune.
GLI INCONTRI. Come nelle scorse edizioni non mancheranno gli incontri/lezioni del corso Tradizioni, Mestieri, Teatro Vivodell’Università Roma Tre-DAMS, a cura della Prof.ssa Valentina Venturini e Veronica Olmi, dedicate agli studenti ma con ingresso libero anche per gli uditori.
Giovedì 9 maggio, dalle ore 17.00 alle 20.00, al Teatro Villa Pamphili sarà presentato Il teatro d’ombra con Fabrizio Montecchi, e venerdì 10 maggio, dalle ore 17.00 alle 20.00, Teatro senza parola con Walter Broggini. Sempre venerdì 10 maggio, alle ore 11.00, al Teatro Villa Pamphilj si terrà anche la presentazione del libro INTRECCI per una storia condivisa tra teatro ragazzi e teatro di figura di Alfonso Cipolla e Renata Coluccini con interventi di Alfonso Cipolla, Fabrizio Montecchi, Anna Maria Berardi, Emanuela Rea, Veronica Olmi, introdotti da Francesco Aquilanti, Funzionario del Museo delle Civiltà. Sabato 11 maggio alle 12.00 al Museo delle Civiltà-ICPI, Gabriella Manna, già Funzionaria del Museo delle Civiltà, presenta il volume di Giuseppina Volpicelli PICCOLI PERSONAGGI GRANDI INCANTI. Maria Signorelli, il teatro di figura e il suo Novecento con interventi di Alfonso Cipolla, Valentina Venturini, Alessia Villanucci, Veronica Olmi, Francesco Aquilanti. Sempre sabato 11 maggio dalle 15.00 alle 18.00 sarà presentato al Museo delle Civiltà-ICPI La storia delle storie con Alfonso Cipolla. Immagina racconta la bellezza del Teatro di Figura, un universo fatto di burattini, marionette, pupi, ombre, muppets, bunraku, kukla, tìtere, puppets, fantocci, marottes, kukull, damya, putula, shadow, fantoche, nukke, papeti, … un cosmo di materia e mestieri, di arte e artiste e artisti incredibili. Immagina è un festival diffuso, condiviso, fortemente voluto: un momento di incontro con il Teatro di Figura di respiro internazionale. A Roma, culla di tante iniziative importanti, vetrina che attira su di sé gli occhi di tutto il mondo.  Sin dall’inizio abbiamo creduto nell’idea di un’azione teatrale disseminata in diversi luoghi della città, di un teatro che va incontro al pubblico, nell’idea di prossimità e di sostenibilità che ci sta a cuore da sempre. 5 partners promotori: Teatro Villa Pamphilj, Teatro del Lido di Ostia e Teatro del Quarticciolo (della rete Teatri in Comune), Museo delle Civiltà, Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale. Segnale importante di apertura a visioni culturali e artistiche diverse. Immagina è anche questo: sinergie che si muovono, un cerchio che si allarga costantemente, incontri che diventano progetti e pensieri che si fondono e danno vita a nuove prospettive. Immagina è un altro modo di guardare la realtà.

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Roma, Museo Napoleonico: “Napoléon avait 500 soldats” concerto matinée in occasione dell’anniversario della morte di Napoleone

gbopera - Sab, 04/05/2024 - 11:39

Roma, Museo Napoleonico
NAPOLEON AVAIT 500 SOLDATS
promosso da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Sarà un concerto matinée con canti militari e popolari d’epoca quello che si terrà domani, domenica 5 maggio al Museo Napoleonico, in occasione dell’anniversario della morte di Napoleone, dal titolo Napoléon avait 500 soldats. L’evento è promosso da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. L’esercito ha avuto un ruolo fondamentale nell’ascesa e nel consolidamento al potere di Napoleone. I brani militari e popolari selezionati per questa occasione raccontano proprio la quotidianità, il senso di appartenenza, la fede, la goliardia, ma anche la paura, l’odio e la sofferenza dei soldati arruolati nelle fila della Grande Armée. Anche attraverso la conservazione e la trasmissione di questi canti, tra devozione e nostalgia, gli anziani reduci, i cosiddetti grognards, hanno contribuito ad eternare la memoria e la leggenda napoleonica. Tra i brani scelti saranno eseguiti alcuni canti militari e popolari napoleonici in francese, come Le chant de l’oignon, Te souviens-tu e Fanchon, e in inglese, come il “sea-shanty” (canzone dei marinai) Boney was a warrior. Quest’ultimo appartiene a un filone in lingua inglese di suggestive ballate folk, riutilizzate in contesti curiosi, ma limitrofi, come quello delle canzoni “dei pirati”, o apparentemente distanti, come quello pacifista. Il titolo dell’evento allude invece al nome di un brano popolare militare napoleonico diventato filastrocca per bambini e strumento didattico per studenti di francese alle prime armi. Il concerto vede protagonisti (voce e strumenti) un gruppo di studenti dell’indirizzo musicale del Liceo Statale Farnesina, già protagonista di alcuni eventi musicali di successo al Museo Napoleonico, e costituisce il momento centrale di un percorso PCTO attivato nel 2023-2024. Il progetto è organizzato e curato dal Museo Napoleonico, in collaborazione con il Liceo Farnesina, per il tutoraggio e il concept musicologico della Prof.ssa Cristina Nocchi (maestro). Ad andare in scena saranno dodici giovani cantanti e musicisti: Costanza Ferri e Demetra Fiorini (soprani), Filippo CardiniFabrizio Malgeri e Aris Tsavalias (baritoni), Marco Ismail PiccininiGiorgio Alexander Ridolfi e Francesco Santoro (bassi), Arianna Frangella (chitarra), Christian Luca (tromba), Gabriel Nigro e Santiago Zapponi (percussioni), mentre l’apparato iconografico e il video-making sarà a cura degli studenti Maria Carlotta Bottaro, Kenzy Mahgoub e Maria Grazia Masala. I brani saranno presentati con brevi parole descrittive accompagnate dalle immagini di una selezione di opere del museo, all’insegna del contrasto tra registro popolare e contesto di Corte. L’appuntamento avrà luogo nella Sala Impero del museo domenica 5 maggio 2024, dalle ore 11.30 alle 12.30 circa.

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Astor Piazzolla (1921–1992): “Buenos Aires”

gbopera - Sab, 04/05/2024 - 02:02

Astor Piazzolla (1921–1992): Chin Chin (1978–79); Resurrección del Ángel; Mumuki (1984); Soledad (1968); Suite Troileana – II. Zita (1975); Las cuatro estaciones porteñas (1965–70); Celos (1979); Fugata (1969). Arrangiamenti per violino ed archi di Leonid Desyatnikov e di Ken Selden. Tomás Cotik (violino). Martingale Ensemble. Ken Selden (direttore). Registrazione: 27 e  28  giugno 2022 presso la First Christian Church, Portland, Oregon, USA. T. Time: 62′ 14″. 1 CD Naxos 8.574308
Compositore argentino di origine italiana, Astor Piazzolla è stato giustamente considerato il più grande autore di una delle danze più popolari del Novecento, il Tango, nonostante abbia modificato le caratteristiche fondamentali di questa danza che gli Argentini conservano come qualcosa di sacro. Allievo a Parigi di Nadia Boulanger, Piazzolla ha avuto il grande merito di aprire il Tango al jazz e anche a una scrittura dissonante estremamente moderna mantenendone sempre il carattere sensuale e la straordinaria forza comunicativa, capace di affascinare e sedurre il pubblico.

In questa proposta discografica dell’etichetta Naxos è possibile ascoltare una ricca antologia di lavori di Piazzolla presentati in una nuova veste strumentale a partire dalle Cuatro Estaciones Porteñas, quattro composizioni inizialmente concepite da Piazzolla come pezzi a se stanti tra il 1965 e il 1970 per il quintetto Nuevo Tango, costituito da un violino, da un contrabbasso, da una chitarra e dal pianoforte e nel quale lo stesso compositore suonava il bandaneón. Tra il 1996 e il 1998 il compositore russo Leonid Desyatnikov, creando un ponte con le Quattro stagioni di Vivaldi, realizzò una versione per violino e orchestra d’archi dividendo ogni brano in tre parti e introducendo delle citazioni dei concerti del compositore veneziano. Nel fare questo egli tenne conto delle differenze dei due emisferi, anche in considerazione del fatto che l’aggettivo Porteño si riferisce a coloro che sono nati a Buenos Aires, e, così, in Verano (Estate) introdusse, per esempio, delle citazioni dell’Inverno di Vivaldi. Nel CD oltre alle Cuatro Estaciones Porteñas figurano anche altri capolavori di Piazzolla e, in particolare, Chin Chin (1978–79), Resurrección del Ángel, Mumuki(1984), Soledad (1968),  Suite Troileana – II. Zita (1975), Celos (1979) e Fugata (1969), proposti in arrangiamenti per violino e orchestra d’archi curati da Ken Seldon il quale per queste sue trascrizioni ha utilizzato le partiture pubblicate ispirandosi per le improvvisazioni alle incisioni effettuate dallo stesso Piazzolla. Ken Seldon è anche alla guida della Martingale Ensemble che accompagna con un suono caldo, sensuale e mai invadente il solista, Tomás Cotik, le cui doti tecniche ed espressive, già evidenziate in altre recensioni di suoi CD, qui vengono confermate e anzi esaltate rispettivamente nelle agilità, presenti in queste partiture e da lui superate con disinvoltura e chiarezza di suono, e nella bellissima cavata che egli sfoggia nei passi di carattere più lirico.

 

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Roma, Museo Nazionale Romano: “MNR Digitale – Collezioni e Archivi”

gbopera - Ven, 03/05/2024 - 11:36

Roma, Museo Nazionale Romano
MNR DIGITALE – COLLEZIONI E ARCHIVI
Il Museo Nazionale Romano ha recentemente inaugurato “MNR Digitale – Collezioni e Archivi”, un portale avanzato dedicato alle sue collezioni e archivi, sviluppato da Gruppo Meta s.r.l. e finanziato attraverso un generoso contributo da parte di American Express Payments Europe S.L. – Succursale per l’Italia. Questo progetto digitale si concentra sulla valorizzazione e la diffusione del patrimonio archeologico, archivistico e fotografico del museo, rendendolo accessibile globalmente attraverso una piattaforma sempre disponibile online. Le collezioni archeologiche, che comprendono manufatti di inestimabile valore storico e culturale, sono state digitalizzate e catalogate con metodi che rispettano i più elevati standard di conservazione digitale. Questo permette non solo una conservazione virtuale che riduce il rischio di deterioramento fisico, ma anche una fruizione più ampia e inclusiva da parte di studiosi e appassionati di archeologia in ogni parte del mondo. La piattaforma permette infatti un accesso facilitato a dettagliate schede informative e immagini ad alta risoluzione, consentendo analisi e studi approfonditi. Il portale “MNR Digitale – Collezioni e Archivi” si configura dunque come uno strumento essenziale per la disseminazione del sapere archeologico, ampliando il raggio di accesso agli artefatti e promuovendo la ricerca interdisciplinare e internazionale. L’iniziativa testimonia l’impegno del Museo Nazionale Romano verso l’adozione di tecnologie avanzate per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale, ponendosi come modello di riferimento nel panorama museale globale.

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Roma, Bioparco:”Arte e matematica al bioparco. Il numero Aureo negli animali” sino al 31 Luglio 2024

gbopera - Ven, 03/05/2024 - 10:25

Roma, Bioparco
ARTE E MATEMATICA AL BIOPARCO. IL NUMERO AUREO NEGLI ANIMALI
a cura di Antonino Zichichi e Victoria Noel-Johnson
“Arte e 
matematica al bioparco. Il Numero Aureo negli animali” è la mostra, a cura di Antonino Zichichi e Victoria Noel-Johnson, che racchiude 33opere d’arte (dipinti, sculture, lavori su carta, fotografie e installazioni) di 11 artisti italiani contemporanei, che saranno allestite al Bioparco di Roma dal 24 aprile al 31 luglio 2024.   Espongono le loro opere Vito Bongiorno, Bruno Ceccobelli, Valentina De Martini, Massimiliano Di Giovanni, Danilo Mainardi, Umberto Mastroianni, Elena Pinzuti, Oliviero Rainaldi, Maurizio Savini, Giovanni Tommasi Ferroni, Ortensio Zecchino.  Il Bioparco di Roma diviene il luogo dove la “natura” diventa “cultura”. Oltre a contribuire alla conservazione delle specie animali in pericolo di estinzione, “il Giardino Zoologico di Roma promuove azioni di sensibilizzazione e di educazione sull’importanza della biodiversità e del rispetto per gli animali e per l’ambiente”, sottolinea Paola Palanza. “Qui educazione, scienza e arte dialogano insieme per ricordare a tutti che siamo parte integrante di un unico sistema naturale, che va preservato e difeso. Questa innovativa mostra di arte contemporanea disvela l’originale sguardo della proporzione armonica negli animali”. Nelle opere esposte è possibile scoprire cosa ci attrae nelle forme degli animali e cosa, quindi, percepiamo come “bello”.“Immergetevi nella sala dove si trovano le opere e guardate – suggerisce Paola Palanza -. Osservate, una per una, l’armonia delle forme che vi circondano. Percepite di ogni figura la lunghezza, la larghezza, le proporzioni. Dal grande elefante rosa al fenicottero, dalla tigre gialla al coccodrillo, dal leone alle giraffe, dalle nuvole di uccelli alle scimmie. E poi uscite e andate a cercare in tutto il Bioparco gli animali che avete appena visto raffigurati: a sinistra l’elefante Sofia, l’ippopotamo e i fenicotteri e, sulla collina, gli scimpanzé; a destra la tigre di Sumatra e il leone asiatico e, più avanti, le zebre, i rinoceronti e le giraffe e tanti altri. Ritrovate nell’animale reale, nella sua espressiva fisicità, la proporzione armonica del numero aureo, la matematica delle opere d’arte che avete appena ammirato. Arte, matematica e natura creano qui al Bioparco di Roma una visione d’insieme emozionante e intensa, che permette di riallacciare un legame più stretto e consapevole con gli animali e con noi stessi, come parte integrante dell’immensa opera d’arte che è il mondo naturale”.   Ma cosa ha a che fare la matematica con la natura e con l’arte o con la nostra percezione della bellezza? La risposta ce la fornisce “il numero aureo”, una regola geometrica che, come spiega magistralmente Antonino Zichichi, è un numero che si approssima a 1,618, un rapporto tra lunghezze, conosciuto fin dall’antica Grecia ed espresso nella successione di Fibonacci e nella spirale logaritmica. È presente ovunque in natura. Nella Cultura Occidentale, partendo da Fidia e dal Partenone – dichiara Antonino Zichichi – , la sezione Aurea e il Numero Aureo sono presenti, consapevolmente o inconsapevolmente, in celeberrime opere. Nel Rinascimento, dopo la riscoperta di Fibonacci, fu simbolo di perfezione estetica da utilizzare in architettura e nell’arte con, tra gli altri, Leonardo da Vinci (1542-1519) e Albrecht Dürer (1471-1528). Il Numero Aureo sta in molte figure geometriche rendendole Auree. Lo abbiamo tra l’altro nell’architettura ottagonale di Castel del Monte. Il rapporto Aureo entra nel pentagono che è Aureo in quanto il lato della stella e il lato del pentagono sono nel rapporto del 38% e 62%, come vuole il Numero Aureo”. Infatti Fibonacci “nel 1226 incontra a Pisa Federico II di Svevia” che poi fa costruire Castel del Monte, come ricorda nel catalogo Lorenzo Zichichi “e integra la nuova edizione del “Liber Abaci”, il suo capolavoro e fondamento della matematica occidentale, sulla base dei quesiti dibattuti con l’Imperatore”. Il rapporto Aureo, la Frazione Aurea, il Numero Aureo sono tutte e tre queste cose la stessa cosa, e cioè un numero che, espresso con due sole cifre, è 1,6. Questo rapporto Aureo (che, nel rinascimento diventerà addirittura divino) è in ciascuno di noi, Leonardo da Vinci lo affermò con decisione”, assicura Antonino Zichichi. E quindi il numero aureo è anche negli animali e nell’arte. “Il matematico britannico del XX secolo, Alan Turing – ricorda Victoria Noel-Johnson – con la sua ricercaè stato in grado di prevedere meccanismi di morfogenesi (un sistema di reazione-diffusione che crea spontaneamente modelli maculati o striati) che danno origine a modelli di macchie e strisce come visto nella simmetria bilaterale delle strisce di una tigre. Tale simmetria bilaterale è splendidamente resa nelle opere audacemente colorate di Valentina De Martini, Tigre gialla (2022, cm 180 x 140) e Zebra verde (2022, cm 180 x 140). Il ritmo dinamico del movimento di un animale è anche evidenziato da diverse opere esposte. Il grande trittico fotografico in bianco e nero di Ortensio Zecchino, Il volo dell’aquila (2024, cm 60 x 170), in parte rende omaggio allo studio di Leonardo sul volo degli uccelli, mentre “Gnoseologia Documenta” di Elena Pinzuti (2014, cm 140 x 110) cattura l’ampiezza e la profondità della bellezza del volo nella natura con questa gamma caleidoscopica di diversi uccelli”. “La speranza – conclude Victoria Noel-Johnson  è che le opere d’arte esposte, che raffigurano un gran numero di animali selvatici, molti dei quali possono essere trovati all’interno dei confini immediati del Bioparco di Roma, arricchiscano l’esperienza del visitatore evidenziando i ‘legami nascosti’ condivisi tra natura, bellezza e matematica (ordine, proporzione e armonia) e, una volta compresi come una sorta di triplice alleanza, rinforzano la nostra convinzione nella meravigliosa natura della vita, che è sottesa da ordine e logica”. L’orario di apertura della mostra segue quello del Bioparco: dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 18.00, nel week end e festivi  dalle 9.30 alle 19.00. L’ingresso è consentito fino ad un’ora prima della chiusura. Il costo del biglietto della mostra è compreso in quello del Bioparco.

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Strasbourg, Opéra National du Rhin: “Guercœur”

gbopera - Ven, 03/05/2024 - 09:30

Strasbourg, Opéra National du Rhin, saison 2023/2024
GUERCOEUR”
Opéra en 3 actes sur un livret du compositeur
Musique d’Albéric Magnard
Guercœur STEPHANE DEGOUT
Vérité CATHERINE HUNOLD
Giselle ANTOINETTE DENNEFELD
Heurtal JULIEN HENRIC
Bonté EUGENIE JONEAU
Beauté GABRIELLE PHILIPONET
Souffrance ADRIANA BIGNAGNI LESCA
L’Ombre d’une femme MARIE LENORMAND
L’Ombre d’une vierge ALYSIA HANSHAW
L’Ombre d’un poète GLEN CUNNINGHAM
Orchestre Philharmonique de Strasbourg
Chœur de l’Opéra national du Rhin
Direction musicale Ingo Metzmacher
Chef de Chœur Hendrik Haas
Mise en scène Christof Loy
Décors Johannes Leiacker
Costumes Ursula Renzenbrink
Lumières Olaf Winter
Strasbourg, le 30 avril 2024
C’est l’évènement de la saison à l’Opéra national du Rhin : Guercœur d’Albéric Magnard est tout simplement proposé en première scénique française, depuis sa création en 1931 à l’Opéra de Paris. Et malgré l’enregistrement qu’en réalisa le chef Michel Plasson en 1987, ainsi que la courageuse production de l’Opéra d’Osnabrück en 2019, on ne comprend vraiment pas le presque oubli dans lequel était tombé ce magnifique ouvrage. Il faut déjà dire que le chemin de la création d’il y a bientôt un siècle fut pavé d’embûches, Magnard décédant en 1914 dans l’incendie de sa maison en tentant de repousser des soldats allemands, et le feu emportant, entre autres, les partitions de deux des trois actes de l’opéra. Mais son ami compositeur Guy Ropartz la reconstitua plus tard, en vue de la création de 1931, d’après « ses souvenirs » et la réduction pour piano déjà publiée. Avec partition et livret écrits par le compositeur entre 1897 et 1901, le destin du héros Guercœur rejoint, en plusieurs points, celui de son auteur, un musicien engagé, féministe et dreyfusard. Le premier des trois actes se déroule au paradis, parmi les figures allégoriques de Vérité, Bonté, Beauté, Souffrance : Guercœur, qui avait précédemment libéré son peuple d’un tyran, souhaite revenir à la vie pour retrouver sa bien-aimée Giselle et son ami Heurtal. Mais le retour sur terre au II est très douloureux, Giselle et Heurtal étant en couple et ce dernier, devenu dictateur, faisant éclater une bataille entre partisans et adversaires. Guercœur décède, à nouveau donc, pour un retour au paradis intitulé « Espoir ». Grand nom de la mise en scène d’opéra, Christof Loy réalise à Strasbourg un spectacle d’une grande lisibilité. La scénographie de Johannes Leiacker se concentre essentiellement sur les deux hautes parois qui délimitent, en son diamètre, les deux demi-disques du plateau tournant. C’est une surface toute noire qui illustre le paradis, un lieu à vrai dire qui ne fait pas rêver, baigné dans l’obscurité et agrémenté de quelques chaises. On retrouve d’autres chaises pour le retour sur terre du long acte central, cette fois délimité par une cloison d’un blanc immaculé. Entre ces deux parois formant un tout petit angle est niché, comme dans un renfoncement, une peinture de paysage de campagne, seul élément coloré marquant, que l’on aperçoit seulement d’un coup d’œil lors de la rotation de la tournette. Le jeu théâtral est dense et fort bien réglé, un drame resserré sur les protagonistes, avec en particulier les figures allégoriques précitées qui apparaissent davantage comme femmes que déesses. Francophone pour l’ensemble des rôles principaux, la distribution vocale réunie à Strasbourg est certainement la meilleure qu’on puisse réunir aujourd’hui, avec en tête le formidable Stéphane Degout qui défend l’emploi très exigeant de Guercœur. Diction de rêve, timbre riche et voix très homogène du grave à l’aigu, capable de puissance comme de douces nuances, le baryton français trouve ici l’un de ses meilleurs rôles. Il s’investit corps et âme dans ce héros malheureux, pardonnant la tromperie de Giselle en lui donnant finalement un baiser sur le front, un homme foncièrement bon, emporté par la méchanceté des autres. Sur terre au deuxième acte, la mezzo Antoinette Dennefeld compose une Giselle d’un grand engagement également; son cri déchirant, lorsqu’elle voit revenir Guercœur comme un fantôme, est particulièrement impressionnant. L’instrument est naturellement puissant et accompagné d’un vibrato qui renforce son sentiment de femme en proie au remords, s’évanouissant finalement quand Guercœur lui accorde son pardon. Julien Henric trouve également en Heurtal un rôle à la hauteur de ses beaux et très prometteurs moyens, ténor à la projection sonore et à la prononciation appliquée. Au paradis, c’est le rôle de Vérité qui est le plus développé, tenu par Catherine Hunold, soprano douée d’une belle musicalité et aux aigus aériens, qualités également présentes chez Gabrielle Philiponet, qui prend le rôle bien plus court de Beauté, personnage tenant en quasi permanence un bouquet de fleurs dans ses bras. On est heureux que Bonté ait un peu plus à chanter au dernier acte, ce qui nous permet d’apprécier la somptueuse voix de mezzo d’Eugénie Joneau, chanteuse promise à coup sûr à une brillante carrière. Pour compléter ce quatuor allégorique, Adriana Bignagni Lesca apporte sa profondeur de timbre à Souffrance, davantage alto que mezzo ce soir, une figure qui porte certes son nom, mais qui semble souvent consoler le héros, posant par exemple la tête sur son épaule. Le chef Ingo Metzmacher tire quant à lui le meilleur d’un Orchestre philharmonique de Strasbourg en bonne forme, avec un petit bémol à formuler pour ce qui concerne certains pupitres de cuivres, qui accusent de petites fragilités récurrentes. La musique nous paraît familière et séduit immédiatement l’oreille, dans la lignée de celles de nombreux compositeurs français, mâtinée sans doute d’échos wagnériens, Magnard ayant plusieurs fois fait le voyage de Bayreuth. Suivant l’action, la partition oscille en effet entre grandes montées vers des climax brillants et moments plus délicats, toujours bien inspirés mélodiquement. Autre acteur majeur de la représentation, le Chœur de l’Opéra national du Rhin apporte de belles contributions, entre chant déporté dans le foyer de l’Opéra, pour évoquer le paradis, et batailles plus sonores sur le plateau, pendant le deuxième acte. Avec « Espoir » parole formulée finalement par Guercœur, et reprise par le chœur qui a le dernier mot, Vérité prédisait avec optimisme un avenir radieux à l’humanité ; pas sûr qu’elle n’ait pas commis un petit mensonge au vu de l’état du monde un siècle plus tard. Photos: Klara Beck

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Roma, Teatro Parioli Costanzo:” Le assaggiatrici di H*tler” debutta in prima assoluta in Italia

gbopera - Gio, 02/05/2024 - 23:59

Roma, Teatro Parioli Costanzo
LE ASSAGGIATRICI DI H*TLER

Tratto da “Hitler’s Tasters” di Michelle Kholos Brooks, titolo Italiano “Le assaggiatrici di H*tler”
con Chiara Businaro, Angeles Ortiz Lamuela, Fiamma Leonetti, Viola Misiti
traduzione e adattamento E. Luttmann ed Elena Sbardella
Regia Elena Sbardella
Musiche Gianluca Misiti
produzione Il Parioli
Roma, 02 Maggio 2024
L’eterna lotta tra dovere e piacere trova una delle sue espressioni più acute e tragiche nella storia delle donne tedesche arruolate per assaggiare i piatti destinati ad Adolf Hitler durante il regime nazista. Questo particolare aspetto della storia, per molto tempo relegato ai margini dell’analisi storica, ha guadagnato una nuova visibilità grazie al lavoro della scrittrice Michelle Kholos Brroks. “Hitler’s Tasters” , titolo Italiano “Le assaggiatrici di Hitler”, traduzione e adattamento E. Luttmann ed Elena Sbardella, ha scalato le classifiche dei libri più venduti, diventando un caso letterario e culturale di rilievo. Il romanzo trae ispirazione dalla storia vera di queste ragazze tedesche il cui destino era legato a filo doppio con quello di uno degli uomini più temuti della storia moderna. La loro esistenza era sospesa tra il dovere imposto di proteggere la vita di Hitler, e la consapevolezza atroce del ruolo che il loro “datore di lavoro” giocava nella storia del mondo, orchestrando politiche che avrebbero portato alla morte di milioni di persone. Questo tema solleva una questione morale profondamente complessa e disturbante: fino a che punto il dovere può essere giustificato quando si contrappone al piacere della sopravvivenza? E ancora, può il desiderio di sopravvivenza personale essere considerato un piacere quando si è costretti a servire chi è la causa di una tale sofferenza collettiva? Il successo del romanzo ha portato alla sua trasposizione teatrale, un’ulteriore dimostrazione di come il fascino di questa vicenda storica abbia attraversato diversi media, toccando corde profonde nell’immaginario collettivo e individuale. La pièce, al suo debutto al Teatro Parioli Costanzo a Roma e per la prima volta in scena in Italia, esplora questi dilemmi morali in un contesto drammatico, intensificando il dialogo tra passato e presente. La scelta ,infatti, di ambientare la vicenda in un contesto contemporaneo sottolinea l’intento di Elena Sbardella di non relegare le protagoniste a figure di un passato distante e monocromatico. Attraverso la loro ingenua presenza, vengono esposti l’assurdità e l’orrore che permeavano e, per certi versi, ancora permeano la società. L’autrice, in un’intervista rilasciata a Forbes, riflette su come la figura degli assaggiatori sia ancora pertinente oggi, citando esempi di dittature moderne che adottano pratiche simili. Secondo un report del Daily Beast, Vladimir Putin continua a impiegare assaggiatori personali per verificare il cibo prima del suo consumo, una pratica che non rappresenta una novità per il leader russo. “Htler’s Tasters” si distingue per essere una commedia straordinariamente divertente. La sceneggiatura di Michelle Kholos Brooks grazie anche alla traduzione ed all’ adattamento di E. Luttmann ed Elena Sbardella naviga con abilità lungo il sottile confine del buon gusto, dimostrando una comicità arguta e incisiva. Ogni battuta è calibrata con precisione e l’umorismo è gestito con maestria, evitando il rischio di cadere nel macabro nonostante l’oscurità dei temi trattati. Invece di suscitare disagio, la commedia genera risate autentiche, mantenendo un tono appropriato e mai banale. Le attrici, Chiara Businaro, Angeles Ortiz Lamuela, Fiamma Leonetti e Viola Misiti, dimostrano un notevole talento nel bilanciare la leggerezza con la gravità dei loro ruoli, che altrimenti sarebbero estremamente ardui e complessi da interpretare. La loro performance è caratterizzata da una credibilità impressionante e da un equilibrio perfetto, frutto non solo delle loro abilità individuali ma anche di una sinergia palpabile tra di loro. Questa forte collaborazione è chiaramente visibile sul palco, dove le interazioni e le loro dinamiche  interpretative arricchiscono la narrazione e danno vita a una rappresentazione profondamente coinvolgente e autentica. Le composizioni musicali di Gianluca Misiti non passano inosservate, contribuendo in maniera significativa all’atmosfera dello spettacolo. Con precisione e una sorprendente naturalezza, le sue musiche riescono a muovere il pubblico attraverso un continuum emozionale: si passa da momenti di leggerezza e divertimento a scene più intense e drammatiche con la stessa fluidità e profondità che caratterizzano la drammaturgia. Nell’approccio registico emergono le sfumature di un passato che non cessa di interrogarci, sottolineando come la storia, con i suoi episodi meno noti, continui a fornire materiale critico per riflessioni su etica, responsabilità e le scelte umane in situazioni estreme. “H*tler’s Tasters” mette in luce anche lo sfruttamento e la marginalizzazione delle giovani donne nella società, un fenomeno antico quanto il mondo stesso, particolarmente accentuato tra le donne povere e di colore. Ogni donna ha sperimentato la paura che un uomo in posizione di potere può incutere, sia sul posto di lavoro che in strada. Il dramma mostra come queste giovani, cresciute sotto la figura paterna di Hitler, siano state indottrinate e abbiano accettato il loro tragico destino. Nel contempo, attori malevoli all’interno delle più becere dittature di oggi stanno erodendo le fondamenta del nostro mondo, tentando di limitare l’autonomia delle donne sul proprio corpo e incidendo sulla democrazia con tagli sottili e quasi impercettibili. Allo stesso modo dei nazisti, queste piccole incisioni, combinate con menzogne scandalose rivolte contro immigrati, neri, asiatici, ebrei, la comunità LGBTQ2+, ispanici, musulmani e altri “diversi”, stanno ancora creando un baratro in cui tutti rischiamo di cadere. La figura delle assaggiatrici, quindi, non solo arricchisce il nostro entendimento del periodo nazista, ma sollecita una riflessione più ampia sulle scelte morali personali in contesti di oppressione e guerra. Lo spettacolo è stato accolto dal pubblico con grande empatia, ricevendo un’ovazione calorosa e prolungata. I numerosi applausi, sentiti e sinceri, hanno evidenziato il profondo legame emotivo stabilito tra gli spettatori e la rappresentazione, sottolineando l’efficacia e l’impatto della performance sul palcoscenico.

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Milano, Teatro alla Scala: “Cavalleria rusticana” & “Pagliacci”

gbopera - Mer, 01/05/2024 - 17:13

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’Opera e Balletto 2023/2024
CAVALLERIA RUSTICANA
Melodramma in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci.
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza SAIOA HERNÁNDEZ
Lola FRANCESCA DI SAURO
Turiddu YUSIF EYVAZOV
Alfio AMARTUVSHIN ENKHBAT
Lucia ELENA ZILIO
Una voce PATRIZIA MOLINA*
PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti su libretto di Ruggero Leoncavallo
Musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda IRINA LUNGU
Canio FABIO SARTORI
Tonio AMARTUVSHIN ENKHBAT
Beppe JINXU XIAHOU
Silvio MATTIA OLIVIERI
Un contadino GABRIELE VALSECCHI*
Altro contadino LUIGI ALBANI*
*Artisti del Coro del Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Con la partecipazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Giampaolo Bisanti
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Maestro del Coro di Voci Bianche Marco De Gaspari
Regia Mario Martone ripresa da Federica Stefani
Scene Sergio Tramonti
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Produzione Teatro alla Scala
Milano, 30 aprile 2024
Si celebra alla Scala questo irrinunciabile rito d’italianità, calamita di turisti e vecchie zie, accompagnate da nipotine-prima-volta ansiose di apprendere la trama dell’opera man mano che la si esegue dalle implacabili loro mentori. Strumento perfetto di misurazione questo pubblico, liquido di contrasto ideale per analizzare le regie: entrambe di Mario Martone, riprese da Federica Stefani. Vince ovviamente la Cavalleria (“Io l’ho vista l’opera, e non è così!”), in cui ad una grammatica molto “di regia” si abbina un gusto autenticamente melodrammatico per lo spettacolo, con quell’Ottocento polveroso di cui, a teatro come al cinema, Martone è (stato) maestro. Qui la scena è tutta delle vivificanti luci di Pasquale Mari, che infiammano i costumi di Ursula Patzak. I Pagliacci “del cavalcavia” a confronto non sono più di un compito ben eseguito: con l’elegante composizione scenica di Sergio Tramonti dietro una quarta parete che la regia vorrebbe forse abbattere, e vi apre invece una porticina. Per Pagliacci è l’attualizzazione la scelta più tradizionale, e questa di nuove luci non ne getta.
Per il dittico la Scala dispiega un’armata di grandi voci, e capitano di ventura in entrambi i titoli è Amartuvshin Enkhbat. Lo ripetiamo volentieri: ha voce di raro volume, di unico e personalissimo timbro, emissione soffice e generosa. Troppo aristocratico per un Compar Alfio, per un Tonio lo scemo? No: elegante il cantante, feroce l’interprete. Il suo Prologo entra dritto dritto nel mito e nella storia per ricchezza e proprietà d’accenti accoppiati ai suoi irresistibili abbandoni di svenevole lirismo e alle sorprendenti solidità e proporzioni dei timbratissimi acuti: “Santo subito”. E con lui Comare Santa, detta Santuzza, nella formidabile voce di Saioa Hernández. Formidabile per volume, omogeneità del timbro lungo tutta l’estensione, timbro che di per sé è magnifico, luccicante di liquide trasparenze, limpidissimo ma generoso, pieno, ricco di armonici. Sono due voci, e due Artisti, di cui il Teatro che voglia essere “il migliore del mondo” non può fare a meno.
Virtù di Yusif Eyvazov, è noto, non è la natura: e tuttavia. La voce è potentissima, dura ma flessibile, l’emissione quasi violenta nella sua esuberanza, unita ad un vibrato piuttosto scoperto. Ma, con queste caratteristiche, risulta curiosamente “scalogenica”, nell’acustica non ottimale del Piermarini. Per ascoltare il Brindisi a tempo non ci resta che sperare nella reincarnazione. Mamma Lucia è la mitica Elena Zilio, che non si sa se ammirare di più per come non dimostra i propri anni nella vita o per come li dimostra sulla scena. La voce è straordinaria ancorché “spezzata” nell’emissione come nella tarda Barbieri, e l’interpretazione da manuale. Fresca e luminosa e piena la bella voce di Francesca di Sauro, Lola. L’altro pagliaccio che fa il plurale del titolo (dopo il protagonista baritono cui nei paesi civilizzati, qui no, spetta l’ultima battuta) è Fabio Sartori, altra voce d’eccezionale caratura. Lo smalto ha inevitabilmente perso un po’ della sua lucentezza, ma non il suo glorioso squillo, e in più fraseggio e accento sono sempre significativi. Quella di Irina Lungu è una Nedda d’un bel lirismo, che convince anche nell’interpretazione misurata e credibile. Il suo atletico Silvio è Mattia Olivieri, atletico anche nella voce, turgida e luminosa, e naturalmente ottimo attore. Jinxu Xiahou, benché non manchi di voce, è un Peppe/Arlecchino un po’ timido. Quella di Giampaolo Bisanti, interprete più del proprio ruolo che della musica, è una direzione che fatica a trovare il plauso di chi non vede alcun legame di proporzionalità fra decibel e intensità interpretativa. Ci sono lodevoli indugî di cui il canto possa approfittare, ma manca quel fascino cromatico che tanto gioverebbe a queste due partiture. Sempre in forma il coro scaligero del Maestro Alberto Malazzi, spettacolarizzato sulla scena. Ph. Teatro alla Scala / Brescia – Amisano

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Roma, Museo dell’Ara Pacis: ” Teatro. Autori, attori, maschere della scena antica” dall’ 08 Maggio al 03 Novembre 2024

gbopera - Mer, 01/05/2024 - 12:50

Roma, Museo dell’Ara Pacis
TEATRO. Autori, attori, maschere della scena antica

Curatori Claudio Parisi Presicce, Lucia Spagnuolo, Orietta Rossini
Dall’8 maggio al 3 novembre 2024
Tutti i giorni 9.30-19.30
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
La forza vitale degli spettacoli teatrali, la loro popolarità, le vite a volte difficili degli attori e degli altri grandi protagonisti del mondo dei ‘ludi’ a Roma. Sono solo alcuni dei temi proposti dalla mostra, che vuole andare ‘oltre’ la scena, offrendo un taglio ‘drammatico’ in senso filologico: una ricostruzione viva, in cui gli stessi protagonisti delle scene antiche – presenti in filmati creati ad hoc – coinvolgeranno il pubblico a rivivere le atmosfere che si respiravano tra le gradinate dei grandi teatri romani, che riflettevano – divise per ordini – le gerarchie sociali e di genere della Roma repubblicana e imperiale. Un racconto che parte dalle radici greche, magno greche, etrusche e italiche del teatro romano, dall’origine religiosa del ‘ludus’ e dai primi palcoscenici in legno, per arrivare allo splendore dalla frons scenae dei grandi teatri per decine di migliaia di spettatori, architetture che – come il foro o il tempio – caratterizzeranno la forma urbis dell’impero. Qui per tutte le informazioni.

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Roma, Teatro Parioli Costanzo: “La Madre di Eva” dal 10 al 12 Maggio 2024

gbopera - Mer, 01/05/2024 - 12:22

Roma, Teatro Parioli Stagione di prosa 2023/ 2024
“LA MADRE DI EVA”
Con
Stefania Rocca
Bryan Ceotto
Simon Sisti Ajmone
Dal romanzo di Silvia Ferreri (NEO Edizioni)
Adattamento e Regia di Stefania Rocca
La madre di Eva” è liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Silvia Ferreri, finalista al premio Strega nel 2018.
Qui la nostra recensione.
“È la storia, toccante e contemporanea, di una madre che parla a sua figlia – lei l’ha sempre considerata una femmina – in una clinica di Belgrado, mentre al di là del muro, stanno preparando la sala operatoria e i dottori tracciano linee verdi sul corpo nudo di Alessandro, per permettergli di realizzare, finalmente, il suo desiderio: “prima dei miei diciotto anni voglio sottopormi all’intervento che mi renderà quello che sono davvero: un uomo”. In un dialogo surreale senza risposte, sospeso tra l’immaginato e il reale, la madre racconta la loro vita fino a quel momento. Un viaggio costellato di amore e odio, sensi di colpa, paure, desideri e speranze. Madre e figlio sono le facce di una società che evolve e non dà tempo, ci spiazza e ci rende soli.
Con questo spettacolo, voglio raccontare il forte contrasto generazionale e le tematiche transgender dal punto di vista di chi ne è fisicamente coinvolto ed anche di chi, in quanto genitore, sente il dovere di proteggere “la sua creatura”, con il timore delle discriminazioni che la società spesso riserva a coloro che perseguono un percorso di transizione” Stefania Rocca. Qui per tutte le informazioni.

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Roma, Teatro Brancaccio: “Saranno Famosi” dal 08 al 12 maggio 2024

gbopera - Mer, 01/05/2024 - 11:59

Roma, Teatro Brancaccio
SARANNO FAMOSI
Il Musical che ha appassionato intere generazioni
Regia di Luciano Cannito
Ideato da David De Silva
Libretto José Fernandez
liriche Jacques Lévy
Musica Steve Margoshes
traduzione e riadattamento Luciano Cannito
Scene Italo Grassi
Costumi Maria Filippi
direzione musicale Giovanni Maria Lori
con 22 interpreti (danzatori, cantanti, attori)
Saranno Famosi
è stata una delle serie tv più famose e indimenticabili. Ma è stato anche un film e un musical di successo internazionale. La trama racconta la vita degli allievi e gli insegnanti della rinomata ed esclusiva scuola di Performing Arts di New York. Un gruppo di ragazzi, la loro passione e la loro dedizione per il mondo dello spettacolo, una storia che continua a conquistare ed emozionare nuove generazioni di pubblico ed ispirare miriadi di giovani talenti. Saranno Famosi è un fenomeno leggendario ed intramontabile della cultura pop. Un titolo talmente famoso da essere entrato nell’immaginario della gente come sinonimo di desiderio di realizzare il proprio sogno nel mondo dello spettacolo. Il duro lavoro, la competizione artistica, il sudore, la passione, gli amori, le sconfitte e i successi. Fabrizio Di Fiore Entertainment con la compagnia Roma City Musical, reduce dal successo di pubblico e botteghino di 7 Spose per 7 Fratelli, portano in scena un musical pieno di energia, intenso e coinvolgente che oltre a proporre la famosissima canzone “Fame” vincitrice di un Academy Award, ha una colonna sonora con nuovi brani, orchestrazioni moderne, nuove coreografie in collaborazione con un team di straordinari talenti della tv e del teatro musicale italiano. Questa nuova versione firmata da Luciano Cannito, che unisce l’esperienza di regista a quella di coreografo internazionale, sarà un trionfo di canto, danza, musica, recitazione, in una narrazione dinamica e travolgente. La scelta registica e l’adattamento di Cannito sposta l’azione dagli anni Ottanta ai nostri giorni, per rendere lo spettacolo più vicino alle nuove generazioni, e più facilmente identificabile nel pubblico di oggi. Le scene sono firmate da Italo Grassi, i costumi da Maria Filippi, la direzione musicale da Giovanni Maria Lori. Tutte figuro di spicco nel mondo del musical e del teatro internazionale che daranno una nuova luce a questo titolo e renderanno questo allestimento totalmente diverso dalle edizioni precedenti. Tra gli interpreti ci sono nomi importanti che hanno confermato nella loro carriera un forte legame col pubblico grazie al loro talento ed alla loro versatilità. Alcuni di loro saranno una piacevole e inaspettata sorpresa nel teatro musicale italiano. Qui per tutti i dettagli.

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