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Musica corale

Roma, Teatro Argentina: “L’arte della commedia ” dal 07 al 19 Maggio 2024

gbopera - Mer, 01/05/2024 - 11:41

Roma, Teatro Argentina
L’ARTE DELLA COMMEDIA
Di Eduardo De Filippo
Regia di Fausto Russo Alesi
Con Fausto Russo Alevi, Fausto Russo Alesi, David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman, Davide Falbo
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
musiche Giovanni Vitaletti
luci Max Mugnai
consulenza per i movimenti di scena Alessio Maria Romano
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Elledieffe
Fausto Russo Alesi torna al Teatro Argentina dopo Natale in casa Cupiello con L’arte della Commedia, un’altra straordinaria e geniale opera di Eduardo De Filippo. L’arte della Commedia fa parte della raccolta dei “giorni dispari”, le commedie scritte dal dopoguerra in poi che affrontano le difficili e problematiche questioni del vivere quotidiano, delle relazioni private e pubbliche tra gli esseri umani. Incredibile è la forza e l’attualità del testo che ci porta in maniera implacabilmente diretta a confrontarci con la mortificazione e la censura della cultura attraverso un’ambigua e allo stesso tempo tragica e farsesca commedia in due atti e un prologo. Scritta nel 1964 è un’opera poco frequentata, apparentemente meno esplosiva rispetto ai più famosi capolavori; si tratta invece di un testo magistrale, di ampio respiro e straordinariamente imperfetto, come imperfetto è l’essere umano alla ricerca della sua identità, del suo bisogno di tutela, del suo diritto di esistere, alla ricerca insomma di risposte a quelle domande impellenti e necessarie che non possono attendere più. L’arte della commedia ci parla del rapporto contradditorio tra lo Stato e il “Teatro” e sul ruolo dell’arte e degli artisti nella nostra società, ma le domande, i dubbi, le responsabilità, i vincoli e le debolezze che Eduardo mette in campo ci riguardano tutti e quel “Teatro”, sia esso una compagnia teatrale, una comunità o un piccolo mondo, si fa risuonatore del nostro rapporto con il potere e con il bisogno di essere ascoltati e soprattutto riconosciuti.

 

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Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman: “A spasso con Daisy” con una straordinaria Milena Vukotic

gbopera - Mar, 30/04/2024 - 23:59

Roma, Teatro Quirino Vittorio Gassman
A SPASSO CON DAISY
di Alfred Uhry
adattamento Mario Scaletta
regia Guglielmo Ferro
Con Milena Vukotic, Salvatore Marino, Maximilian Nisi
Scene Fabiana Di Marco
Musiche Originali Massimiliano Pace
Teatro della città,
A.C.A.S.T. Associazione culturale Artigiani Spettacoli Teatrali
Roma, 30 Aprile 2024

Premiato con il Pulitzer e trasformato in un film vincitore di un Oscar, “A spasso con Daisy” si rinnova ora nella forma di uno spettacolo teatrale sotto la regia di Guglielmo Ferro. Atlanta, 1948. Miss Daisy Werthan, una signora ebrea settantaduenne, vedova di un influente produttore di tessuti, vive indipendente e attiva, sebbene notoriamente burbera e pignola. Dopo un incidente automobilistico nel giardino del vicino, il figlio Boolie assume Hoke Colburn, autista afroamericano sessantenne, nonostante le proteste di Daisy. Inizialmente riluttante, Daisy si trova costretta ad accettare Hoke, che con pazienza e humour subisce il suo temperamento difficile. Con il tempo, il loro rapporto evolve da una convivenza forzata a un’amicizia sincera, con Hoke che diventa giardiniere, cuoco e cameriere per Daisy dopo la morte della domestica Idella. Daisy, arricchita dall’esperienza, insegna a Hoke a leggere e scrivere. Anni dopo, mentre Boolie espande la sua azienda e Daisy invecchia in salute fino a una cena con Martin Luther King, il loro legame cresce in profondità e comprensione. Nel 1973, Daisy affetta da demenza, è accudita in una casa di riposo, ricevendo le visite di un Hoke ormai anziano ma ancora dedicato, testimoniando una duratura e significativa amicizia. La trama di “A spasso con Daisy” ha conquistato il pubblico internazionale con il suo adattamento cinematografico pluripremiato, che ha visto protagonisti Jessica Tandy e Morgan Freeman. Tuttavia, il fascino dell’opera teatrale originale rimane ineguagliabile, con la sua miscela di umorismo pungente e lirismo commovente. Nell’allestimento scenico di Fabiana Di Marco, l’ambiente teatrale si trasforma in maniera fluida e inventiva, diventando un elemento narrativo vivo e dinamico. Il palcoscenico si adatta sottilmente per rappresentare ora l’interno accogliente della casa di Daisy, con una finestra che incornicia vedute immaginarie, ora il finestrino dell’auto, tramite il quale Daisy osserva il mondo esterno mentre Hoke la guida attraverso il vibrante tessuto urbano di New York. Questa transizione scenica non è solo un cambio di sfondi, ma un dialogo visivo che accompagna e amplifica la narrazione. La finestra nella casa di Daisy funge da simbolo di riflessione e introspezione, incapsulando la vita che si svolge all’interno, mentre il finestrino dell’auto apre letteralmente verso nuovi orizzonti, simboleggiando il movimento e l’evoluzione del loro rapporto e delle loro esistenze. Con un uso sapiente di elementi scenografici minimalisti ma evocativi, Di Marco invita il pubblico a viaggiare tra questi spazi emotivi e fisici. Le scenografie diventano così non solo sfondi, ma finestre attraverso le quali esploriamo i sottili cambiamenti nei personaggi, la crescita delle loro relazioni e la profondità dei loro mondi interiori, rendendo lo spazio scenico un complice silenzioso ma potente della storia raccontata. La colonna sonora di Massimiliano Pace svolge un ruolo fondamentale nell’arricchire l’esperienza emotiva degli spettatori. Con una delicatezza intrinseca, le note musicali si intrecciano con il testo, creando un accompagnamento sonoro che enfatizza le tematiche profonde e universali trattate nello spettacolo.  La performance dinamica della colonna sonora contribuisce , così, a mantenere viva l’energia dello spettacolo, guidando gli spettatori attraverso una gamma di emozioni che vanno dall’ilarità alla commozione. L’adattamento è agilmente costruito, la regia si distingue per la sua efficacia e le interpretazioni sono di un calibro eccezionale. Milena Vukotic brilla nel ruolo di Daisy, interpretando con naturalezza e finezza un personaggio che sembra essere stato scritto su misura per lei. La sua abilità nell’arte della recitazione trasforma ogni suo movimento e parola in una lezione di eleganza scenica, trasformando la rappresentazione in un’esperienza culturale ricca e memorabile ed affrontando il tema del razzismo nell’America post-bellica con una leggerezza rara e incisiva. Salvatore Marino, noto per la sua verve comica in televisione e cinema, offre una nuova sfumatura del suo talento nel ruolo di Hoke. Con una recitazione che tocca sottilmente i temi delicati, lascia spazio agli spettatori di immergersi nelle riflessioni personali, culminando in una condivisione emotiva nel finale. Anche il personaggio di Boolie, interpretato da Maximilian Nisi, merita una menzione speciale. Nisi esplora la complessità di un figlio diviso tra la responsabilità verso la madre e la distrazione di preoccupazioni personali, rivelando una figura tanto affascinante quanto riconoscibile, con cui il pubblico può facilmente identificarsi. Attraverso queste interpretazioni, “A spasso con Daisy” non solo intrattiene, ma invita anche a una riflessione più profonda su temi universali e personali. Assistere a questa commedia diventa un’esperienza tanto emotiva quanto divertente e che va assolutamente vissuta. Al termine della rappresentazione, gli spettatori, visibilmente entusiasti, hanno riservato una lunga serie di applausi ai tre attori, un tributo che sembrava non voler mai terminare. La presenza sul palco di una delle attrici più rinomate del nostro panorama cinematografico e teatrale ha elevato la serata, trasportando il pubblico in un viaggio emotivo e indimenticabile.Photocredit:LuigiCerati In scena sino al 05 Maggio 2024.

 

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Festival Riflessi del Garda 2024: dal 5 al 20 luglio

gbopera - Mar, 30/04/2024 - 23:41

Il Festival Riflessi del Garda, dopo il successo del 2023, torna ad animare la sponda veronese del Lago di Garda per la sua seconda edizione con un programma ancora più ricco. In programma dal 5 al 20 luglio 2024, presenta 8 serate di spettacolo tra concerti, recital e danza, con protagonisti giovani promesse accanto a nomi di caratura internazionale, a cui si affiancano 5 conversazioni con gli artisti, per un totale di 13 appuntamenti di Musica e Danza tra il Lido Campanello di Castelnuovo del Garda (5-8 luglio), la Chiesa dei SS. Zenone e Martino e la Dogana Veneta di Lazise (12-14 luglio) e il Santuario della Madonna del Frassino Peschiera del Garda (20 luglio).
Ad anticipare  la programmazione estiva lo speciale concerto GUERRIEREevento di anteprima previsto per domenica 12 maggio alle ore 20.30 presso il Teatro DIM di Castelnuovo del Garda, a favore del Comitato ANDOS Oglio-Po sezione Garda. Marta Pluda, accompagnata dal pianoforte di Giacomo Spampinato, Con l’occasione nel foyer sarà possibile visitare una speciale mostra di fotografia dedicata al coraggio delle donne operate per tumore al seno. Tutti i dettagli del Festival sul sito niccolopiccinni.org

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RAI 5 – Maggio 2024

gbopera - Mar, 30/04/2024 - 15:36

Mercoledì 1 maggio
Ore 10.00
“L’ALTRA METÀ DEL CIELO”
Musica Vasco Rossi
Coreografie Martha Clarke
Interpreti: Sabrina Brazzo, Beatrice Carbone, Antonio Sutera, Andrea Volpintesta…
Milano, 2012
Giovedì 2 maggio
Ore 10.00
“CARMEN” – Balletto

Dal Teatro dell’Opera di Roma, un nuovo allestimento di Carmen, il balletto tratto dall’opera omonima di Georges Bizet nella coreografia di Jiri Bubenicek. Solisti: Rebecca Bianchi, Amar Ramasar, Alessio Rezza. Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Louis Lohraseb.
Ore 11.50
“DON CHISCIOTTE”
Musica Ludwig Minkus
Compagnia Balletto Classico
Interpreti Liliana Cosi e Marinel Stefanescu
Viareggio, 1979
Venerdì 3 maggio
Ore 10.00 

“CARMINA BURANA”
Musica Carl Orff
Direttore Jordi Bernacer
Coreografia Shen Wei
Interpreti: Angela Nisi, Valdis Jansons, Ilham Nazarov
Shen Wey Dance Arts
Napoli, 2013
Ore 11.10
“LA BOTTEGA FANTASTICA”
Balletto su musiche di Ottorino Respighi da  Gioachino Rossini.
Coreografie Ugo Dell’Ara
Direttore Santi Di Stefano
Interpreti: Giuliana Barabaschi, Antonietta Daviso, Paolo Bortoluzzi e Riccardo Duse…
Bologna 1975
Ore 11.45
“L’HISTOIRE DU SOLDAT”

Musica Igor Stravinskij
Direttore Marcello Panni
Regia Carlo Quartucci
Voce recitante Carla Tatò.
Reg. 1978
Ore 21.00
“LA CENERENTOLA”
Musica Gioachino Rossini
Direttore Alejo Perez
Regia Emma Dante
Interpreti:Juan Francisco Gatell, Vito Priante, Alessandro Corbelli, Damiana Mizzi, Annunziata Vestri, Serena Malfi, Ugo Guagliardo
Roma, 2016
Sabato 4 maggio
Ore 09.45
“LA STRADA”
Musica Nino Rota
Direttore Armando Gatto
Coreografia Mario Pistoni
Interpreti: Carla Fracci, Aldo Santambrogio e Mario Pistoni
Ore 10.50
“L’AMICA DI NONNA SPERANZA”
Soggetto di Carlo Terron (dalla poesia di Guido Gozzano), musica di Gino Negri, coreografia di Luciana Novaro, dizione poetica di Giorgio Albertazzi, con Giovanna Papi, Marisa Barbaria, Gilda Majocchi, Giulio Perugini. Costumi di Ezio Frigerio, regia di Carla Ragionieri
RAI, 1959
Ore 11.25
I balletti di Luciana Novaro
Allieva della scuola di danza del teatro alla Scala di Milano, ne fu prima ballerina dal 1941 al 1956.
Doc.1959
Domenica 5 maggio / Sabato 11 maggio
Ore 10.00 / 10.40
“EUROPA RICONOSCIUTA
Musica Antonio Salieri
Direttore Riccardo Muti
Regia Luca Ronconi
Interpreti: Diana Damrau, Désirée Rancatore, Daniela Barcellona, Giuseppe Sabbatini, Alessandra Ferri e Roberto Bolle.
Milano, 2004
Lunedì 6 maggio
Ore 10.00

“LUISA MILLER”
Musica Giuseppe Verdi
Direttore  Michael Güttler
Regia Stefano Vizioli
Interpreti:Olesya Golovneva, Vladislav Sulimsky, Luc Robert, Lars Arvidson…
Malmo, 2013
Martedì 7 maggio
Ore 10.00

“LA DORI”
Musica Antonio Cesti
Direttore Ottavio Dantone
Regia Stefano Vizioli
Interpreti: Francesca Asciotti, Rupert Enticknap, Federico Sacchi, Francesca Lombardi Mazzulli, Emoke Barath…
Innsbruck, 2019
Mercoledì 8 maggio
Ore 10.00

“DON PASQUALE”
Musica Gaetano Donizetti
Direttore Riccardo Muti
Regia Stefano Vizioli
Interpreti: Ferruccio Furlanetto, Lucio Gallo, Gregory Kunde, Nuccia Focile, Claudio Giombi
Milano, 1994
Giovedì 9 maggio
Ore 10.00

“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Musica Gioachino Rossini
Direttore Andrea Battistoni
Regia Stefano Vizioli
Interpreti: Luca Salsi, Dmitri Korchak, Ketevan Kemoklidze, Bruno Praticò, Giovanni Furlanetto…
Parma, 2011
Venerdì 10 maggio
Ore 10.00
“IL TURCO IN ITALIA”
Musica Gioachino Rossini
Direttore Jonathan Webb
Regia Egidio Marcucci
Interpreti: Simone Alaimo, Mirtò Papatanasiu, Bruno De Simone, Antonio Siragusa, Vincenzo Taormina…
Genova, 2015
Ore 21.15
“L’ITALIANA IN ALGERI”
Musica Gioachino Rossini
Direttore Paolo Olmi
Regia Francesco Esposito
Interpreti: Michele Pertusi, Anna Maria Sarra, Giuseppina Bridelli, Clemente Antonio Daliotti, Yijie Shi, Marianna Pizzolato, Paolo Bordogna
Bologna, 2013

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Roma, Teatro Costanzi :” Jenufa” dal 02 al 09 Maggio 2024

gbopera - Mar, 30/04/2024 - 10:45

Roma, Teatro Costanzi
Stagione 2023/2024
JENUFA
Musica di Leoš Janáček
Opera in tre atti su libretto del compositore tratto dal dramma Její pastorkyňa di Gabriela Preissová
Prima rappresentazione assoluta Teatro Nazionale, Brno, 21 gennaio 1904
Prima rappresentazione al Teatro Costanzi 17 aprile 1952
Progetto triennale in collaborazione con Royal Opera House di Londra
Durata: Atto I 45 minuti; Intervallo 30 minuti; Atto II 50 minuti; Intervallo 25 minuti; Atto III 35 minuti
Dal 02 maggio prosegue un altro progetto triennale: quello legato al compositore ceco Leoš Janáček, che ha già visto in scena Kát’a Kabanová e Da una casa di morti, e che si conclude con Jenůfa. Tutti e tre i titoli sono realizzati in collaborazione con la Royal Opera House di Londra. Jenůfa, in programma dal 2 al 9 maggio, segna il debutto all’Opera di Roma del grande regista tedesco Claus Guth, che proprio con questo spettacolo si è aggiudicato l’Olivier Award nel 2022 per la miglior produzione operistica. A dirigerla è chiamato Juraj Valčuha, apprezzatissimo interprete della musica di Janáček, attuale direttore musicale della Houston Symphony Orchestra, che debutta al Costanzi. Nel cast spicca la grande Karita Mattila nella parte della sagrestana Buryjovka. Qui per tutti i dettagli ed il cast.

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Roma, Teatro Sistina: “Rugantino” dal 03 al 19 Maggio 2024

gbopera - Mar, 30/04/2024 - 08:00

Roma, Teatro Sistina
RUGANTINO
commedia musicale di Garinei e Giovannini
Scritta con Pasquale Festa Campanile , Massimo Franciosa
con Serena Autieri, Michele La Ginestra, Edy Angelillo
e con Massimo Wertmuller
Regia Pietro Garinei
Collaborazione artistica di Luigi Magni, Musiche del Maestro Armando Trovajoli, Scene e Costumi originali di Giulio Coltellacci, Direzione artistica, coordinamento musicale, allestimento tecnico-scenografico e rifacimento costumi a cura del Team creativo del Teatro Sistina. Una pagina indimenticabile della lunga e gloriosa storia del Teatro Sistina rivive per la gioia del pubblico: con la supervisione di Massimo Romeo Piparo sarà di nuovo in scena la maschera amara e dissacrante di “Rugantino” dei mitici Garinei & Giovannini. Lo spettacolo, che fonde mirabilmente tradizione e modernità, viene presentato nella sua versione storica originale, con la regia di Pietro Garinei, le splendide musiche del M° Armando Trovajoli e le preziose scene e i bellissimi costumi originali firmati da Giulio Coltellacci: un ritorno imperdibile alle radici e un’occasione per riscoprire un classico del teatro musicale italiano. Sul palco la splendida Serena Autieri, ancora una volta straordinaria interprete dell’intrigante personaggio di Rosetta, donna bella altera e irraggiungibile, che fa battere il cuore di Rugantino, un ruolo in cui l’attrice napoletana dà prova di grande maturità artistica. Al suo fianco, Michele La Ginestra, che torna a vestire i panni del celebre personaggio indossati per la prima volta oltre 20 anni fa. Nel ruolo di Eusebia torna Edy Angelillo, con la partecipazione di Massimo Wertmuller nel ruolo di Mastro Titta.

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Torino, Teatro Regio: “Le Villi”

gbopera - Lun, 29/04/2024 - 23:02

Torino, Teatro Regio, Stagione d’opera e balletto 2023-2024
“LE VILLI”
Opera-ballo in due atti su libretto di Ferdinando Fontana
Musica di Giacomo Puccini
Anna ROBERTA MANTEGNA
Roberto AZER ZADA
Guglielmo Wulf SIMONE PIAZZOLA
Orchestra e Coro del Teatro Regio Torino
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia Pier Francesco Maestrini
Scene Guillermo Nova
Costumi Luca Dell’Alpi
Luci Bruno Ciulli
Coreografia Michele Cosentino
Nuovo allestimento del Teatro Regio Torino
Torino, 23 aprile 2024
Nella ricorrenza centenaria, per un teatro che, grazie alle “creazioni” di Manon e Bohéme, si sente indiscutibilmente pucciniano, “Le Villi” è stata una tappa obbligata. La sovrabbondante programmazione del Teatro Regio dedicata al lucchese doveva inevitabilmente comprendere anche questo primo lavoro del ventiseienne Giacomo, con alle spalle solo alcune composizioni orchestrali di stampo marcatamente wagneriano. La scuola della scapigliatura milanese, a cui Puccini era contiguo, si esaltava e cercava di paragonarsi con la musica del formidabile Riccardo. L’orchestrazione robusta ed articolata del Capriccio Sinfonico e di Crisantemi ne è la prova di quanto il loro autore ne fosse influenzato. Le Villi, debolissima sia per l’improbabile vicenda che per i versi di Ferdinando Fontana, ricupera forza da pagine sinfoniche che, se non recuperate da passate composizioni, ne mostrano un’identica ispirazione. La lussureggiante Orchestra del Teatro Regio di Torino diretta con convinzione ed efficacia, se pur a tratti sopra le righe, da Riccardo Frizza rende al massimo la qualità della partitura. Si associa a tale entusiasmo esecutivo il Coro del Teatro Regio a cui non sempre la pacatezza dell’accorto maestro Ulisse Trabacchin riesce ad innestare uno prudenziale attenuazione del volume. I tre solisti sono messi a dura prova nel tentativo di  emergere dalla massa orchestrale. Il tenore Azer Zada, subentrato nei panni di Roberto al previsto Martin Muehle, non ha certamente una voce atta a superare il forse il momento  più conosciuto dell’opera, l’aria Torna ai felici dì con relativo recitativo. Pallido il timbro e flebile la voce. Per lui superare la barriera creata dalla fossa si è rivelata un’impresa impossibile. Per chi fosse seduto a metà platea, l’ascolto poteva essere molto virtuale. Ad Anna, la protagonista, il libretto infligge un assoluto sdoppiamento della personalità: inizia come timidissima fanciulla liricheggiante nel Se come voi piccina io fossi, per poi doversi calare nei panni di una irosa vendicatrice nel Ricordi quel che dicevi del secondo atto. Il carattere, la tecnica e la voce di Roberta Mantegna vincono e si impongono quando è la Villi, impallidiscono quando Anna è un’appassionata fanciulla innamorata. Guglielmo Wulf è il solito padre convenzionale che è allegro nei festeggiamenti del fidanzamento ed iroso e vendicativo quando il dolore dell’abbandono gli uccide la figlia. Simone Piazzolla, supera con forza le barriere della fossa e porta con sicurezza in porto la duplice caratterizzazione del personaggio. La locandina non riporta la presenza di un corpo di ballo, il che per un’opera-ballo come da sottotitolo è molto strano, per cui si presume che gli efficaci e plurimi interventi di gruppi pseudo danzanti vengano eseguiti da “generici” istruiti ad animar la scena da Michele Cosentino nelle sue funzioni di coreografo e assistente del regista. La regia di Pier Francesco Maestrini cerca di razionalizzare e raccordare le discontinuità narrative del libretto con un’azione che, con un poco di affanno, si svolge avvolta dalle ipertrofiche e sgargianti scene di Guillermo Nova che, nel primo atto, trasformano l’ombrosa Foresta Nera in una assolata e fioritissima serra tropicale; per poi precipitarla, nel secondo, in un nibelungico intrico di tronchi. Le calibratissime proiezioni e le luci azzeccate di Bruno Ciulli contribuiscono ad una forte suggestione. Luca Dell’Alpi veste impropriamente il coro dei festanti del primo atto come fossero invitati al brindisi d’apertura della Traviata e le minacciose larve di chiusura come gli scimpanzè che Kubrik fa saltellare intorno al monolito di Odissea dello Spazio. Alla nostra recita, un tempo il turno B di abbonamento, il più affollato, purtroppo questa volta non era così. Stupiscono la la comparsa della serra tropicale di prima apertura del sipario, e della nevicata, in proiezione, per la seconda parte. Per il resto applausi moderati senza particolari trionfalismi. Foto Daniele Ratt

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Roma, Sala Umberto: “I due cialtroni” dal 02 al 12 Maggio 2024

gbopera - Lun, 29/04/2024 - 08:00

Roma, Sala Umberto
I DUE CIALTRONI
con Maurizio Martufello, Marco Simeoli
con la partecipazione straordinaria di Fanny Cadeo
e con Elena Ferrantini , Lucrezia Gallo
Scene e costumi Graziella Pera
Realizzazione scene Giovanni Nardi
Direttore di scena Ludovica Costantini
Assistente alla regia e Promozione Francesca Spagnolo
Produzione Centro Teatrale Meridionale SOC. COOP
Organizzazione e Distribuzione Generazioni Spettacolari
Direzione Artistica Fausto Costantini
scritto e diretto da Pier Francesco Pingitore
Tutti e due gli attori sono nella baita ufficialmente per riposarsi, ma in realtà ciascuno di loro attende spasmodicamente una telefonata da roma, che dovrà decidere il proprio futuro. Perciò ogni trillo di telefonino li fa scattare come molle. Per fortuna c’è sempre la padrona… Che però a un certo punto deve assentarsi per andare ad accogliere in paese nuovi ospiti in arrivo. I due restano soli. Le battute e gli screzi si moltiplicano… Improvvisamente si sente un boato fortissimo e va via la corrente. Panico dei due. Finchè non torna la luce e giunge una telefonata dalla padrona. La strada che porta alla baita è stata ostruita da una valanga di neve, caduta nel momento in cui si è sentito il boato. Né si sa quando potrà essere riaperta. L’ultima volta ci vollero tre settimane… I due sono dunque in balia delle proprie nevrosi e dei propri scatti d’ira. Riaffiorano episodi di tanti anni prima, quando entrambi ventenni l’uno militava a sinistra e l’altro a destra. Accuse e difese sulla vita passata di ciascuno, confessioni e sotterfugi, che si protrarranno fino alla “liberazione”. Che avverrà con l’intervento delle donne della vicenda: la padrona; la fidanzata di giorgio, alessandra; la vivandiera Deborah.

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Roma, Teatro Ambra Jovinelli: “Amanti” dal 02 al 19 Maggio 2024

gbopera - Lun, 29/04/2024 - 08:00

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
AMANTI
con Fabrizia Sacchi, Massimiliano Gallo
e con Orsetta De Rossi, Eleonora Russo, Diego D’Elia
scene Monica Sironi
costumi Alberto Moretti
luci Gianfilippo Corticelli
una commedia scritta e diretta da Ivan Cotroneo
produzione Diana Or.I.S
È settembre. Claudia e Giulio si incontrano per la prima volta davanti a un ascensore, nell’atrio di un palazzo borghese. Le porte si aprono. Lei sta andando via, lui deve salire. Ma Claudia si accorge di avere dimenticato un fazzoletto su, e risale con Giulio. L’appartamento al quale sono diretti è lo stesso: scoprono infatti solo ora che entrambi frequentano la stesso analista, la dottoressa Gilda Cioffi, psicoterapeuta specializzata in problemi di coppia. Hanno l’appuntamento settimanale con la dottoressa ogni mercoledì: alle 15 lei, alle 16 lui. Si presentano stringendosi la mano. È il loro primo contatto fisico. Due mesi dopo ritroviamo Claudia e Giulio in una stanza d’albergo. Stanno facendo l’amore. Sono diventati amanti. Entrambi sposati, Giulio con moglie e tre figli, Claudia con un marito più giovane di lei con il quale sta cercando di avere un bambino, si vedono regolarmente e clandestinamente per stare insieme. E si dicono che è solo sesso, avventura, evasione. Che non fanno male a nessuno. Che quello spazio non c’entra davvero con le loro vite reali. Ma può essere davvero così quando due persone si incontrano ripetutamente e pretendono di controllare sesso e amore? Amanti segue la storia della relazione di Giulio e Claudia, intervallando i loro incontri in albergo con i dialoghi che ciascuno di due ha con la dottoressa Cioffi, la quale ovviamente ignora che i suoi due problematici pazienti hanno una relazione tra di loro. Così la loro storia si dipana fra gli incontri a letto, e le verità o le menzogne che contemporaneamente raccontano alla dottoressa, dalla quale vanno da soli o insieme ai rispettivi partner, Laura e Roberto. Una progressione temporale fatta di equivoci, imbrogli, passi falsi, finte presentazioni, menzogne, incasinamenti, prudenza, e anche guai evitati per miracolo. Fino a quando qualcosa stravolge tutti gli equilibri. Amanti è una nuova commedia in due atti sull’amore, sul sesso, sul tradimento e sul matrimonio, sulle relazioni di lunga durata e sulle avventure a termine, sul maschile e sul femminile, e in definitiva sulla ricerca della felicità che prende sempre strade diverse da quelle previste. Una commedia brillante e divertente, con situazioni e dialoghi che strappano risate, ma anche un’esplorazione dei sentimenti di una coppia che nella clandestinità trova rifugio, conforto, divertimento, ma anche affanno, preoccupazione, e forse pericolo. 

Categorie: Musica corale

Roma, Teatro Parioli Costanzo:” Le assaggiatrici di H*tler” dal 02 al 05 Maggio 2024

gbopera - Lun, 29/04/2024 - 08:00

Roma, Teatro Parioli Costanzo
LE ASSAGGIATRICI DI H*TLER

Tratto da “Hitler’s Tasters” di Michelle Kholos Brooks, titolo Italiano “Le assaggiatrici di H*tler”
con Chiara Businaro, Angeles Ortiz Lamuela, Fiamma Leonetti, Viola Misiti
traduzione e adattamento E. Luttmann ed Elena Sbardella
Regia Elena Sbardella
Musiche Gianluca Misiti
produzione Il Parioli
Tre volte al giorno, tutti i giorni, un gruppo di giovani donne ha l’opportunitàà di morire per la Patria. Sono le assaggiatrici di cibo di Adolf Hitler. E di cosa discutono queste ragazze mentre aspettano di vedere se sopravvivranno a un altro pasto? Come tutte le ragazze, nel corso del tempo, spettegolano e sognano, si interrogano e ballano. Loro vogliono amare, ridere e, soprattutto, vogliono sopravvivere. A tinte persino lievi, l’autrice di questa commedia dark contemporanea – novità assoluta per l’Italia – dipinge da una prospettiva inedita la ferocia di una delle pagine più dure della storia dell’umanità. Un evento enorme, come la dittatura di Adolf Hitler, viene raccontato da una prospettiva di retrocucina: le sue assaggiatrici, poco più che ventenni, tedesche, attendono il pasto. L’ambientazione è contemporanea. Per l’autrice sembra importante che le protagoniste di “H*tler’s Tasters” non siano personaggi di una storia in bianco e nero, del passato. È attraverso la loro innocente presenza che vengono smascherati l’assurdità e l’orrore del mondo che le circonda. Gran parte della loro esperienza è ancora oggi specchio fedele del nostro mondo contemporaneo. Anche oggi i dittatori si servono di assaggiatrici, assaggiatori. In una lunga intervista rilasciata a Forbes la Brooks dice “Hai visto gli ultimi articoli sugli assaggiatori di Putin? Se riusciamo a seguire queste ragazze, se proviamo in qualche modo a immedesimarci, empatizzare con loro, anche mentre stanno eseguendo gli ordini di un dittatore, allora forse possiamo avere più consapevolezza di quanto le cose possano andare lontano. Queste sono ragazze le cui famiglie non hanno combattuto, o peggio, hanno guardato dall’altra parte. Hanno negato. Quante volte negli ultimi anni abbiamo detto: “Non succederà mai?” E poi… boom. Succede”. Uno spettacolo comico, leggero, feroce che parla dritto al cuore. 

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Bologna, Comunale Nouveau: “Tosca”

gbopera - Dom, 28/04/2024 - 08:20

Bologna, Comunale Nouveau, Stagione d’Opera 2024
TOSCA
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma storico La Tosca di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca CARMEN GIANNATTASIO
Mario Cavaradossi ROBERTO ARONICA
Il barone Scarpia GABRIELE VIVIANI
Cesare Angelotti CHRISTIAN BARONE
Il Sagrestano PAOLO MARIA ORECCHIA
Spoletta PAOLO ANTOGNETTI
Sciarrone NICOLÒ CERIANI
Carceriere CHRISTIAN BARONE
Un pastorello CAMILLA BARAVELLI SABENA
Orchestra, Coro e Coro delle Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna
Direttrice Oksana Lyniv
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Maestro del Coro delle Voci Bianche Alhambra Superchi
Regia Giovanni Scandella
Scene Manuela Gasperoni
Costumi Stefania Scaraggi
Luci Daniele Naldi
Produzione del Teatro Comunale di Bologna
Bologna, 26 aprile 2024
Francamente rinunciabile questa Tosca. Soprattutto quand’è, com’è, la terza in tre anni, a Bologna. Aggravante: delle tre sorelle, le ultime due sono siamesi, l’allestimento essendo il medesimo, regia di Giovanni Scandella. Figlio d’arte (e quale! Il padre Mischa, venezianissimo a dispetto del nome, di battaglia prima e d’arte poi, è stato fra gli ingegni massimi del nostro Novecento), qui abdica ad ogni ambizione per adempiere all’ingrato compito di cuciniere cui è stato chiamato. L’immagine culinaria ce la suggerisce lui nell’intervista ad Andrea Maioli pubblicata nel programma di sala: “Ma se Napoleone avesse perso quella battaglia, esisterebbe comunque il Pollo alla Marengo?”. Chissà. Frattanto, però, a Marengo rischia di andarci l’opera. Gli ingredienti vengono freschi freschi dalla vecchia dispensa del Comunale: la scena, ordinatamente organizzata da Manuela Gasperoni, è un collage frutto di un disperatissimo saccheggio dal sovraccarico allestimento di Hugo De Ana. Più ricercati sono i costumi storici di Stefania Scaraggi, ma si badi bene: Tosca indossa non un rosso abito classico, ma il classico abito rosso, e qui la permutazione degli aggettivi fa una bella differenza. C’è tutto quello che la cosiddetta tradizione prescrive, soprattutto il consueto attrezzistico “accozzagliume”: lunghi pennelli, secchi di vernice schizzati dei colori più improbabili, paniere farcito, gran “candelabroni”, caravaggesca coppa di frutta, frangibile calice specifico per vin di Spagna, coltellaccio retrattile in bella vista e baionette. Insomma, una regia che rima con attrezzeria dimostra empiricamente quanto breve sia il passo fra gusto dell’orrido e del grottesco (che è proprio di Tosca/Fosca) e il ridicolo. Irresistibili poi le caricature di Spoletta e Sciarrone, e vagamente imbarazzante la gambetta molle del barcollante plotone d’esecuzione: sembreranno sciocchezze, ma lo spettacolo d’opera di queste cose è fatto, e non di altre. Se poi si va a cercare il dritto della medaglia nell’esecuzione musicale si resta delusi. Oksana Lyniv (come si è già tentato di insinuare in altre occasioni) ti rovescia addosso un gran “valangone” di sonorità, sì, ma a fascino zero. Il gesto è molto schematico, con attacchi inspiegabilmente lanciati da dietro la schiena, e prosaico, con una sinistra dalle dita incollate che fende l’aria come una paletta senza espressione. Altro che umidità svogliata dell’alba teverina: qui di poesia non c’è l’ombra, perché il “poema” è tutto schiacciato dal “sinfonico”. Le povere voci ricevono ben poche attenzioni, fra una buca esuberante e un complesso musicale di palcoscenico fracassone quant’altri mai. Le povere voci sono quelle del solito Roberto Aronica, che si trascina le solite difficoltà nell’emissione, purtroppo non confortate neanche dal fraseggio piuttosto generico, che inficiano l’originaria qualità del timbro. Quella della protagonista Carmen Giannattasio: voluminosa, ben timbrata nei centri e dai buoni esiti anche con risonanza di petto, ma gravemente insicura nel registro acuto. E quella dell’inevitabilmente più interprete, più attore, più interessante per varietà d’accenti e sfumature espressive: lo Scarpia di Gabriele Viviani, maestro anche di trucchi ed escamotages tecnico vocali confinanti con la gigioneria. Paolo Maria Orecchia è un Sagrestano di misurato temperamento e di specchiata dizione. Nelle parti di fianco, Spoletta viene smacchiato di ogni alone di ilarità dalla solida sonorità di Paolo Antognetti, impresa che riesce meno a Nicolò Ceriani col suo Sciarrone pur vocalmente in forma; mentre è discontinua e malferma la prova di Christian Barone, diviso fra Angelotti e il Carceriere. Davanti al foglio bianco, Mario non sa da dove cominciare il suo addio a Tosca. E Puccini con lui: tenta alcuni temi di reminiscenza dal duetto del prim’atto, ma non va. Finché non lo soccorre il clarinetto. Allora anche la canuta messa in piega sobbalza, con dindinindare di orecchini gravanti i cedevoli lobi: “Eccola! Eccola!”. Ma ben altro più che questo può e deve essere il teatro musicale. Foto Andrea Ranzi

Categorie: Musica corale

Le cantate di Johann Sebastian Bach: Quarta domenica dopo la Pasqua

gbopera - Dom, 28/04/2024 - 01:12

Dopo la Cantata BWV 166  che abbiamo trattato lo scorso anno, la seconda e ultima  Cantata bachiana giunta a noi per la e ultima giunta a Sono due le Cantate giunte a noi per la quarta domenica dopo la Pasqua è Es ist euch gut, daß ich hingehe BWV 108, eseguita la prima volta a Lipsia il 29 aprile 1725. Come la precedente, anche questa partitura trae ispirazione da un passo del Vangelo di Giovanni (cap.16 vers. 5-15):”Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?  Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore.  Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò.  E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me;  quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più;  quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà.
La realizzazione musicale avviene secondo un modulo stilistico  riconducibile all’aria bipartita (Nr.1) con oboe d’amore concertante e cantata dal basso che, come nella BWV 166, impersona il Cristo. Una bellissima aria dalla cantabilità solenne e ben articolata, impreziosita da ampie volute melismatiche dell’oboe. Segue un’altra aria bipartita del tenore (Nr.2), con violino solista. Un breve recitativo del tenore (Nr.3) porta al  coro centrale (Nr.4) che prende ancora spunto dal Vangelo di Giovanni e realizzato nello stile di Mottetto “fugato” con gli strumenti in raddoppio delle voci. La struttura è tripartita, in cui l’ultima parte è una ripresa musicale della prima, anche se il testo è diverso. Un procedimento che intende richiamare un’unità concettuale le due proposizione, l’annuncio del nuovo ordine scaturito dalla morte e risurrezione di Gesù che traspare dall’espressione finale: “ma tutto quello che ascolterà, ve lo dirà; e vi annuncerà le cose future” che è la conseguenza  della parte iniziale “Ma quando Lui, lo Spirito di verità, verrà, vi guiderà alla verità tutta intera.” Un’ultima aria (Nr.5) cantata dal contralto con gli archi e  sempre bipartita sigla il processo di unità formale di questa partitura.
Nr.1 – Aria (Basso)
È bene che io me ne vada;
se non me ne andassi,
non verrebbe il Consolatore.
Ma quando me ne sarò andato,
lo invierò a voi.
Nr.2 – Aria (Tenore)
Non ho alcun dubbio
quando ascolto la tua voce, Signore.
Anche se te ne vai, so che
potrai consolarmi,
poiché con la schiera dei salvati
giungerò al Porto sperato.
Nr.3 – Recitativo (Tenore)
Il tuo Spirito mi guiderà
affinchè segua il giusto cammino;
se la tua Ascensione è per il bene,
dico tra me e me:
ah, non è più qui?
Nr.4 – Coro
Ma quando Lui, lo Spirito di verità,
verrà, vi guiderà alla verità tutta intera.
Egli non parlerà da sè stesso,ma tutto quello che ascolterà,
ve lo dirà;e vi annuncerà le cose future.
N.5 – Aria (Contralto)
Il mio cuore attende da te
ah, ciò che mi hai accordato.
Proteggimi e benedicimi,
guidami sul tuo cammino,
così che nell’eternità
possa contemplare la tua gloria!
Nr.6 – Corale
Il tuo Spirito, che Dio manda dal Cielo,
giuda tutti coloro che ti amano
su cammini sicuri.
Egli indirizza e conduce i nostri passi,
cosi che non possiamo andare
se non dove troviamo le sue benedizioni.
Traduzione Emanuele Antonacci

www.gbopera.it · J.S.Bach: Cantata “Es ist euch gut, daß ich hingehe” BWV108

 

Categorie: Musica corale

César Franck: Complete songs and duets

gbopera - Sab, 27/04/2024 - 20:47

“Les Cloches du soir”, “ Nocturne”, “Le Vase brisé”, “Roses et Papillons”, “Le Mariage des roses”, !L’Émir de Bengador”, “Ninon”, “Lied”, “Robin Gray”, “S’il est un charmant gazon”, “Aimer”, “Six Duos” (“La Chanson du vannier”, “L’Ange gardien”, “Aux petits enfants”, “La Vierge à la crèche”, “Les Danses de Lormont”, “Soleil”, “L’Ange et l’Enfant”, “Passez ! passez toujours !”, “Souvenance”, “Pour les victimes”, “Paris”, “Patria”, “Les Trois Exilés”, “ À cette terre où l’on ploie sa tente”, “Le Sylphe”, “La Procession”. Tassis Christoyannis (baritono), Véronique Gens (soprano),  Jeff Cohen (piano), Enrico Graziani (violoncello). Registrazione: Venezia, Palazzetto Bru Zane, 16-19 aprile e 4-5 ottobre 2021. 2 CD Fondazione Palazzetto Bru Zane BZ2003
Il 2022 è stato il bicentenario della nascita di César Franck, compositore vallone nato a Liegi nel 1822 e protagonista per lunghi anni della vita musicale parigina fino alla morte avvenuta nella capitale francese nel 1890. La fondazione Palazzetto Bru Zane, sempre attenta alle vicende della musica, francese non poteva ignorare l’occasione mettendo in cantiere una serie di omaggi al compositore belga. Se il lavoro principale è stata la registrazione integrale della sua maggior opera lirica “Hulda” la volontà di fornire una visione più completa dell’arte di Franck ha portato anche a questa registrazione integrale delle composizioni vocali da camera genere in cui il compositore si è impegnato nel corso di tutta la sua carriera artistica (i brani si datano tra il 1843 e il 1889) seppur con una produzione nel complesso limitata di titoli.

Il genere era imprescindibile per un compositore dell’epoca, però bisogna ammettere che raramente qui ritroviamo le migliori qualità di Franck mentre un solito mestiere spesso copre un’ispirazione un po’ carente tra brani di pura occasione e spirito salottiero un po’ di maniera.
Il programma presenta un buon numero di composizioni solistiche più i sei duetti del 1888 e non si fatica a riconoscere una serie di elementi comuni: una buona facilità melodica anche se a tratti di maniera, una preferenza per forme strofiche che a lungo andare tendono a divenire ripetitive, un gusto per brani melanconici e dolenti, un pianismo che alterna notevole originalità – impressionanti gli effetti già impressionisti di “L’ange et l’enfant” in cui già sembra di ascoltare Debussy ma la composizione è del 1846 – a momenti di maniera al limite della ripetitività.

La scelta dei testi non sempre aiuta. Franck era nota per essere abbastanza onnivoro e al fianco di notevoli lavori di Dumas, Hugo – molto rappresentato – Prudhomme, Chateaubriand, si alternano tanti minori o minimi con addirittura l’insolita testa di mettere in musica un discorso patriottico in prosa. Questi è “Paris” su testo di un anonimo barone e si tratta di una delle composizioni ispirate a Franck dalla disfatta nella guerra franco-prussiana. E’ un brano di pura occasione in cui la retorica del momento prevale su qualunque ispirazione. Frutto della stessa esperienza ma più sincero è ispirato è “Patrie” su testo di Victor Hugo.
Composizioni d’occasione si ritrovano per altro in tutta la produzione di Franck con risultati molto variabili. Ci è piaciuto per sincerità e intensità “Pour les victimes” una sorta di piccolo requiem composto per la raccolta fondi a favore delle vittime dell’incendio dell’Opéra-Comique del 1887 mentre altrove si è al limite dell’inascoltabile come la marcetta intrisa di retorica bonapartista di “Les trois exilés” per altro anche lungo nella sua totale ripetitività.
I sei duetti presentano una certa ripetitività soprattutto sul piano formale con andamenti strofici a due voci praticamente privi di contrasti. Si nota una volontà di realizzare composizioni facilmente destinabili all’esecuzione privata ma di certo un po’ poveri sul piano formale.

Jeff Cohen, grande conoscitore di questo repertorio e spesso impegnato in questo tipo di registrazioni, accompagna il canto con tocco elegante e perfetto senso dello stile esaltando i brani dove la scrittura pianistica è migliore e facendo il possibile per rendere al meglio quelli più ordinari. Tassys Christoyannis è abituale presenza delle incisioni della Fondazione con un repertorio che spazia dal classicismo settecentesco alla musica del primo Novecento. E’ anche un interprete esperto delle mélodies da camera – per la stessa etichetta ha già inciso il corpus completo delle mélodies di Reynaldo Hahn sempre con l’accompagnamento di Cohen. Pronuncia francese perfetta, capacità di un canto espressivo sembra legato alla parola e ai suoi valori musicale, rende – quanto possibile – ogni sfumatura delle composizioni – si ascolti il tono sinistro della mezzavoce conclusiva di “L’ange et l’enfant” – e rende almeno con gusto ed eleganza i brani più convenzionali. La tessitura non impone difficoltà di sorta così che la voce può svilupparsi sicura senza compromissioni di un timbro nel complesso assai piacevole.
Véronique Gens è stata presa principalmente per i Sei duetti dove però vista la banalità delle composizioni non ha molto spazio per brillare. Gli resta l’esecuzione della prima versione “S’il est un charmant gazon” (1847?) d’una leggerezza festosa e brillante – che si perderà nel rifacimento del 1857 – e in cui la Gens riesce a ricavarsi un piccolo momento per farsi ammirare.

Categorie: Musica corale

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: “Turandot”

gbopera - Sab, 27/04/2024 - 17:13

Firenze, Teatro del Maggio Musicale FiorentinoLXXXVI Festival del Maggio Musicale Fiorentino
TURANDOT”
Dramma lirico in tre atti, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi
Musica di Giacomo Puccini
La principessa Turandot OLGA MASLOVA
L’imperatore Altoum CARLO BOSI
Timur SIMON LIM
Il principe ignoto SEOKJONG BAEK
Liù VALERIA SEPE
Ping LODOVICO FILIPPO RAVIZZA
Pang LORENZO MARTELLI
Pong ORONZO D’URSO
Un mandarino QIANMING DOU
Il Principe di Persia DAVIDE CIARROCCHI
Prima ancella THALIDA MARINA FOGARASI
Seconda ancella ANASTASSIYA KOZHUKHAROVA
Nuovo BallettO di ToscanA
Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino
Coro di voci bianche dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Maestro del coro di voci bianche Sara Matteucci
Regia Zhang Yimou (ripresa da Stefania Grazioli)
Scene e costumi Gao Guangjian, Zeng Li, Huang Haiwei, Wang Yin
Luci Valerio Tiberi
Coreografia Chen Weiya (ripresa da Damiana Pizzuti)
Movimenti scenici figuranti speciali Elena Barsotti
Allestimento del Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 24 aprile 2024
Sold out da settimane, l’epica “Turandot” di Zhang Yimou (ripresa da Stefania Grazioli) omaggia l’86° Festival del Maggio. Venuta alla luce nel 1997 per il 60° Festival, la sua peculiarità ne ha assicurato una lunga vita, con ben 3 riprese a Firenze (l’ultima, nel 2012, in forma semiscenica) e 3 tournée in Oriente (una a Pechino e due a Tokyo). L’imperituro allestimento non solo sfoggia costumi considerevoli e scene magnificenti, realizzate con materiali di pregio dal quartetto Gao Guangjian, Zeng Li, Huang Haiwei, Wang Yin, ma vanta il colpo d’occhio autoctono del regista, intriso del misterioso simbolismo dell’opera cinese. Misterioso, almeno, per il pubblico occidentale, impegnato a studiarne il significato. I ricorrenti ventagli, ad esempio, sembrano rimandare alla dignità, al sacrificio rituale, culminando nel grande ventaglio bianco che ascende dopo il sacrificio di Liù, macroscopico segno di lutto. Impressionante il lunghissimo drappo dorato che si svolge preannunciando l’imperatore, in cui s’immagina stiano scritte storie della Cina, a mo’ delle pareti istoriate delle nostre cattedrali. Lo studiato binomio di pose e colori dei personaggi concorre, poi, all’opulenza complessiva del quadro, dove non meno significativa è la cruda applicazione della legge ricordata dal mandarino e materializzata in monumentali libri calligrafici. Sullo sfondo, il popolo di Pechino trasporta con sé i tetti della Città Proibita, a cui il coro di Lorenzo Fratini si unisce rendendo in voce tutta la sua precarietà. Oltre al dinamico intervento delle voci bianche di Sara Matteucci, la rappresentazione è impreziosita dal contributo del Nuovo BallettO di ToscanA, con le coreografie di Chen Weiya (riprese da Damiana Pizzuti) e i movimenti dei figuranti speciali di Elena Barsotti. Di particolare spicco, al riguardo, le ammalianti movenze delle ballerine che emulano il fascino della principessa. Quanto allo scorrere del tempo, “Turandot” è un’opera di luce e di gelo, di giorno e di notte, le cui dicotomiche atmosfere sono ben catturate dalle luci di Valerio Tiberi, coerenti nell’inquadrare la protagonista entro l’algida luce di una luna di morte. Un plauso va, infine, alla resa del suicidio di Liù, che non si estingue strappando un pugnale dalla cintura di un soldato, ma sfilando un appuntito fermaglio dai capelli di Turandot, a rimarcare come la sua esistenza sia inconciliabile con quella della principessa. Ma questa “Turandot” è soprattutto la “Turandot” di Zubin Mehta, la cui sinergica interazione con l’organico del Maggio risveglia gli antichi albori di un’opera che ha contraddistinto la sua gioventù e che viene ancora una volta eseguita col tradizionale finale di Alfano. Il direttore ben coglie i sentori esotici del dramma, incarnando magistralmente le ricercate soluzioni timbriche pucciniane, sia nelle loro più soavi parentesi distensive, sia sui temi più dirompenti, dando particolare rilievo alle rifiniture degli idiofoni. A coronamento delle maestose scene d’insieme, dove non manca qualche momento di maggiore prevaricazione, la sua bacchetta sigilla chiuse di grande carica emotiva, transienti dal piano ad autentici fortissimo. Nel ruolo del titolo, Olga Maslova è una promettente Turandot, a suo agio con l’impervia tessitura a eccezione di un paio di acuti più tesi nei rinforzi a piena orchestra. Con affezione, la cantante ucraina afferma la sua supremazia resistendo alle insistenti prese di forza, lasciando al contempo traspirare inflessioni vocali che insinuano il dubbio di una Turandot talora vulnerabile e forse vittima del suo stesso giuramento, per poi superare agilmente il temibile duetto finale e darsi ai gaudi dell’amore. Più discontinuo e generico il Calaf di SeokJong Baek, non privo d’inventiva drammaturgica, ma troppo spesso inficiato da difficoltà di dizione e da un’emissione disomogenea nella fonetica delle vocali. Così, il tenore incappa in suoni intubati o nasali, all’interno di un vibrato piuttosto oscillante, aggiudicandosi solo qua e là la tipica lama che caratterizza gli acuti del principe ignoto. Qualche lieve incertezza nell’innesto degli acuti in piano anche per Valeria Sepe, che restituisce una Liù accorata, la cui ben timbrata vocalità volge duttilmente verso i legati e l’armoniosa linea di canto della giovane schiava. Espressiva e scenicamente credibile, la Sepe dimostra grande sensibilità dinamica, scaldando i cuori coi subitanei aumenti d’intensità in acuto, di cui la sofisticata conclusione in crescendo e conseguente diminuendo del “Signore, ascolta!” è sommo esempio. Nella schiera degli altri ruoli, si segnala il convincente apporto di Simon Lim nelle vesti del vecchio re tartaro e il perlopiù incisivo Altoum di Carlo Bosi. Una certa debolezza nei gravi accomunava, invece, Qianming Dou (convinto mandarino) e l’allegra compagnia composta da Oronzo D’urso (Pong), Lodovico Filippo Ravizza (Ping) e Lorenzo Martelli (Pang), sebbene gli ultimi due si siano riscattati con un registro acuto più a fuoco. Corretti gli interventi delle ancelle Thalida Marina Fogarasi e Anastassiya Kozhukharova e del principe di Persia di Davide Ciarrocchi. Come volevasi dimostrare, caloroso e sentito il tributo del pubblico per questa rappresentazione, mantenuto per diversi minuti con applausi all’unisono e sostenuto dal consueto battito di piedi degli orchestrali.

Categorie: Musica corale

Roma, Teatro Vascello:” Poetica” e le poesie di Franco Arminio

gbopera - Ven, 26/04/2024 - 23:59

Roma, Teatro Vascello
POETICA
poesie di Franco Arminio
con Caterina Carpio, Federica Dominoni, Tindaro Granata, Emiliano Masala, Francesca Porrini
testi e regia Tindaro Granata
elaborazione drammaturgica Proxima Res
scene e costumi Margherita Baldoni
disegno luci Stefano Cane
assistente alla regia Federica Dominoni
produzione Proxima Res
Roma, 26 Aprile 2024
“Più la scena del mondo diventa turbolenta più sale la necessità e utilità della poesia”. Franco Arminio
Franco Arminio emerge come il poeta della parola sussurrata, un artigiano delle sillabe che tocca con mano ferma ma leggera per poi liberarle nell’aria. È un poeta dell’ascolto, posizionando la parola e il corpo umano al centro della sua opera. Arminio si distingue anche come voce delle comunità effimere, del raccoglimento e delle gioie quotidiane, proponendosi come un cantore postmoderno che, dalle ceneri dell’umanità, invita a godere degli attimi di bene. Biograficamente, Arminio è profondamente legato all’Irpinia, una regione segnata dal terremoto, tema che traspare nella sua poesia con riflessioni sul passaggio del tempo e sull’abbandono. Errante e profondo conoscitore dei territori marginali italiani, trasforma questi scenari in un palcoscenico per una teatralità ormai perduta. Nella sua ricerca, che si estende all’etnologia e alla linguistica, Arminio esplora il confine tra vita e morte, proponendo una visione quasi metafisica del paesaggio. I suoi versi sono un diario di viaggio che mette a confronto l’individuo con la collettività, riflettendo su un bisogno di armonizzare arte e ambiente, resistendo alla riduzione dell’arte a mero consumo culturale. “Poetica” rappresenta un’esplorazione “umanografica” dell’identità italiana, un percorso attraverso i paesaggi emotivi e culturali che hanno plasmato le comunità locali. Questa produzione della compagnia Proxima Res, guidata dalla visione drammaturgica e regia di Tindaro Granata, ha trovato nel Teatro Vascello di Roma il palcoscenico ideale per il suo ritorno. Il lavoro si fonda sul corpus poetico di Franco Arminio, poeta che ha generosamente offerto alcune delle sue opere alla compagnia, integrandole così nella trama dello spettacolo. L’interpretazione scenica, risultato della collaborazione tra il regista e gli interpreti—Caterina Carpio, Mariangela Granelli, Emiliano Masala e Francesca Porrini—, tesse una narrazione che va oltre la semplice recitazione. “Poetica” è il luogo dove le voci dei paesi si fondono con la memoria di chi li ha vissuti: sono le chiacchiere dei vicoli, la quiete dei panorami che accolgono i ritorni natalizi, il calore familiare delle riunioni attorno al tavolo, la continuità di un forno che non ha mai smesso di cuocere lo stesso pane, i riti della sera e le inevitabili riflessioni che accompagnano il ritorno. Tuttavia, “Poetica” affronta anche i momenti di crisi, come l’abbandono, il lutto, gli scontri e le difficoltà nell’amare. Queste tematiche sono intrecciate nella vita dei personaggi, offrendo allo spettatore una riflessione profonda sull’esperienza umana, tra dolore e bellezza. Il Teatro Vascello, con la sua atmosfera intima e la sua storia legata alla drammaturgia innovativa, amplifica la potenza di queste narrazioni, rendendo “Poetica” non solo uno spettacolo, ma un vero viaggio nell’anima collettiva e nelle sue manifestazioni più autentiche. La compagnia teatrale ha sapientemente distillato in cinque quadri tematici l’essenza dell’abbandono, un sentimento universale impresso nella memoria collettiva. Ogni quadro, intensamente legato alle poesie di Franco Arminio, esplora diversi aspetti di questa emozione, creando una mappa emotiva che si snoda sul palcoscenico. Sotto una luce arancione che avvolge lo spazio in una calda intimità, il palco è scandito da cinque stendini di legno, simboli della presenza umana e fulcri narrativi dello spettacolo. Ogni stendino trasforma il proprio ruolo quotidiano per adattarsi ai ricordi dei personaggi: da tavola per il cenone natalizio a letto di partenze dolorose, da altare di preghiere private a balcone di solitudini non scelte. Questi oggetti comuni diventano così porte d’accesso a storie profondamente personali e universali, evidenziando la maestria con cui la compagnia ha tessuto il dialogo tra spazio scenico e narrativa. Con uno stile che confonde la linea tra il personale e l’universale, lo spettacolo riesce a catturare la complessità delle emozioni umane, rendendo ogni momento un’evocazione potente della vita come è vissuta e come potrebbe essere stata. Gli interpreti incarnano con fedeltà i personaggi narrati, dando vita a frammenti di esistenza intensamente privati eppure universalmente riconoscibili. La loro abilità nell’esprimere temi individuali su un piano collettivo emerge attraverso una gamma di scritture e interpretazioni distinte, ciascuna unica e non omogenea, ma capaci insieme di tessere una narrazione corale coerente. I personaggi si trasformano in veri e propri paesaggi emotivi, nei quali la parola poetica di Arminio e quella drammaturgica si fondono in un equilibrio impeccabile. Questa sinergia preserva l’identità di entrambi gli stili, ma crea anche una sintesi ricca e autonoma. Questo intreccio linguistico è realizzato con una solerzia che testimonia una profonda maestria artistica. La raffinatezza delle interpretazioni, l’incantevole bellezza della scenografia e i sussurri emotivi evocati hanno profondamente toccato il pubblico, che ha risposto con un caloroso applauso e una marcata partecipazione al termine dello spettacolo. Questa forte reazione testimonia non solo l’efficacia dell’espressione artistica in scena, ma anche la profonda connessione emotiva stabilita tra gli attori e gli spettatori. In scena sino al 28 Aprile 2024.

Categorie: Musica corale

Roma, MACRO: ” Luigi Serafini” ed il suo Codex Seraphinianus

gbopera - Ven, 26/04/2024 - 15:02

Roma, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma
LUIGI SERAFINI
Dal 21/03/2024 al 25/08/2024
Luigi Serafini (Roma, 1949) è un artista, architetto, autore e designer, la cui ricerca si è sempre sviluppata al di fuori dei contesti più convenzionali dell’arte. Una casa ontologica è concepita come un’opera espansa, un ambiente in cui Serafini ha creato un meta-ritratto che trasporta all’interno del museo la sua attitudine immaginifica attraverso la rielaborazione degli interni della sua casa romana. Realizzata come un enorme Codex Seraphinianus tridimensionale, e sospesa tra una scenografia onirica dal linguaggio indecifrabile e un’opera di architettura geometrica e catalogatrice, la casa dell’artista è una testimonianza di quasi 40 anni di vita e di lavoro che oggi rischia di scomparire a causa di una condizione di sfratto che sta sensibilizzando l’opinione pubblica. Il Codex è la più nota opera editoriale di Serafini, contenente oltre mille disegni realizzati tra il 1976 e il 1978 e pubblicata nel 1981 da Franco Maria Ricci Editore: un’enciclopedia visiva dove ogni oggetto o immagine riproduce o fantastica un sapere zoologico, meccanico, botanico, mineralogico, tecnologico e alieno in metamorfosi costante. La mostra accoglie una selezione dell’eclettica produzione di Serafini che spazia dalla scultura al design di oggetti quotidiani, dal disegno a mano alla fotografia, dalle pubblicazioni all’invenzione di lingue. Le due pareti laterali della sala mostrano le fotografie della casa realizzate dall’artista e impaginate all’interno di una geometria dipinta che richiama i motivi decorativi dell’abitazione, mentre una planimetria aiuta a localizzare i singoli volumi e a immaginare la permeabilità tra le stanze. Una sedia, posta all’ingresso, è il prototipo del modello Suspiral prodotto nel 1984 e, insieme alla teiera Nessy, con il manico e il becco a forma di serpente, mostra come l’opera di Serafini rifugga la suddivisione tra le categorie di decoro e funzionalità, mentre una scultura in resina riproduce un animale fantastico a metà tra bruco e cavallo. I testi sulle pareti sono scritti impiegando la scrittura asemica del Codex, ovvero una forma semantica aperta che non possiede un significato proprio e che non trascrive alcun alfabeto esistente o immaginario. La parete di fondo ospita quattro disegni di fantasia realizzati nel corso del 2023, il dipinto a olio Paesaggio sul far della sera, degli sgabelli a motivi geometrici bianchi e neri e due stampe di piante fantastiche: la Rosachillus Flegreus e la Rubus Auriflammeus. Insieme alla Eutherba Draconis e alla Sellaria Superflavorum, allestite all’ingresso, provengono dalla riedizione speciale delle Histoires Naturelles di Jules Renard in occasione del 60° anniversario della BUR Rizzoli Editore, un erbario fantastico interamente disegnato al computer da Serafini. La scultura Croc-egg-dile è il prototipo di una delle componenti dell’installazione realizzata per il pavimento di ingresso della stazione Materdei della metropolitana di Napoli e per questo chiamata Paradiso pedestre. Nel centro della sala emerge da un pavimento di sabbia Persephone K, statua dalle sembianze di una donna carota che rimanda al mito di Persefone, regina dell’oltretomba che trascorreva metà dell’anno nel regno dei morti, mentre durante la primavera e l’estate tornava da sua madre Demetra, avventurandosi nella Terra e facendola rifiorire al suo passaggio. Nella parete esterna è allestita la stampa Altalena etrusca, ricostruzione di una fantasia archeologica etrusca di un’ipotetica altalena posizionata nelle rive del mar Tirreno. Una teca a muro presenta infine una selezione delle pubblicazioni dell’artista: la prima edizione e gli aggiornamenti del Codex Seraphinianus editi da Rizzoli, le illustrazioni per le Storie naturali di Jules Renard, la Pulcinellopaedia Seraphiniana e il Coniglio d’oro. La mostra è promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo. Luigi Serafini (Roma, 4 agosto 1949) è un artista, architetto, autore e designer italiano. Frequenta la facoltà di architettura dove lavora con Maurizio Sacripanti e Luigi Pellegrin. Dal 1971 al 1973 viaggia tra l’Iraq, l’Africa equatoriale, il Congo e gli Stati Uniti dove lavora con l’architetto Paolo Soleri alla nascente città sperimentale di Arcosanti in Arizona. Nel 1981 pubblica la prima edizione del Codex Seraphinianus con Franco Maria Ricci Editore e nel 1984 Pulcinellopedia (piccola) per la casa editrice Longanesi. Nel campo del design, Serafini collabora nel 1981 con il collettivo Memphis di Ettore Sottsass e poi realizza progetti come le sedie Suspiral e Santa per Sawaya & Moroni o i vetri e le lampade per Artemide. Nel 1990 crea la prima locandina per il film La voce della Luna di Federico Fellini. Le sue opere sono state esposte alla Fondazione Mudima di Milano, alla XIII Quadriennale, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e al Futurarium di Chicago. Ha pubblicato racconti con Fandango, Bompiani, Archinto, nonché articoli su numerosi quotidiani italiani e collaborato con programmi di Rai Radio 3. Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri, Italo Calvino, Giorgio Manganelli, Federico Zeri, Achille Bonito Oliva, Douglas Hofstadter, Umberto Eco e Tim Burton. Qui per le date.

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Roma, MAXXI: “Quando la Mostra Diventa Giostra – ‘Ambienti 1956-2010’ Trasforma l’Arte in Parco Giochi”

gbopera - Ven, 26/04/2024 - 11:31

Roma, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
AMBIENTI 1956-2010 ENVIRONMENTS BY WOMEN ARTISTS II
gallerie 2, 3, 4, sala Gian Ferrari e piazza del MAXXI
a cura di Andrea Lissoni, Marina Pugliese, Francesco Stocchi
Roma, 25 Aprile 2024
La mostra “Ambienti 1956 – 2010. Environments by Women Artists II” al MAXXI offre uno sguardo approfondito sui contributi di diciotto artiste alla creazione di ambienti artistici.
Il progetto espositivo, curato da Andrea Lissoni, Marina Pugliese e Francesco Stocchi, si basa su una ricerca dettagliata che attinge da un vasto archivio di materiali, tra cui fotografie, progetti architettonici e recensioni, per ricostruire opere spesso smantellate dopo la loro prima mostra.  Tra le artiste presentate vi sono figure storiche e contemporanee come Judy Chicago e Zaha Hadid, creando un ponte tra passato e presente nell’arte ambientale. La mostra , occupando l’intero primo piano e gli spazi esterni, si propone altresì come un’innovativa celebrazione dell’architettura del museo, trasformandolo in un ambito aperto e dinamico che invita a un approccio più libero e diretto con l’arte. Questa esposizione esorta i visitatori a trascendere la tradizionale dicotomia tra opera e spettatore, stimolando l’identificazione di nuove modalità di interazione artistica, che coinvolgono direttamente il corpo e la sensorialità del pubblico. L’introduzione di ambienti immersivi rappresenta una risposta diretta al trend crescente di musei che adottano tecnologie video-digitali, simili a quelle cinematografiche, piuttosto che metodologie espositive tradizionali legate alla storia dell’arte. Questa tendenza evidenzia una problematica: la potenziale perdita dell’autenticità artistica a favore di un’esperienza ludica che può confondere il museo con un’area di intrattenimento, come testimoniato dal comportamento di bambini e adulti che trasformano involontariamente gli spazi espositivi in luoghi di gioco. Questa condizione si manifesta in un cambio di paradigma per il personale di servizio, che passa da custodi della quiete e dell’ordine a soggetti passivi di una massa orientata più alla condivisione superficiale sui social media, come TikTok e Instagram, che all’approfondimento o al rispetto dello spazio e delle opere esposte. L’attuale modalità di fruizione non soddisfa coloro che cercano un’esperienza più riflessiva e informativa, offuscata da didascalie che passano inosservate tra l’euforia collettiva. Inoltre, il dibattito sulla “instagrammabilità” delle opere d’arte mette in luce come la pervasività dei social media stia modellando le pratiche artistiche contemporanee. Artisti e curatori sono sempre più indotti a pensare all’impatto visivo immediato delle opere, privilegiando quelle che si prestano efficacemente a essere condivise online. Questo fenomeno sta influenzando non solo il modo in cui le opere vengono create o rielaborate nelle esposizioni, ma anche come vengono percepite e consumate dal pubblico, che spesso privilegia la componente estetica e la possibilità di una fotogenicità che garantisce visibilità e popolarità. La sfida per i musei e per gli artisti sarà quindi quella di bilanciare queste tendenze emergenti con la necessità di preservare la profondità e l’integrità dell’esperienza artistica, una questione che sta diventando sempre più cruciale nell’ambiente artistico contemporaneo. Sino al 30 Ottobre 2024. Photocredit@CinziaCapparelli

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Torino, Teatro Regio. “Le Villi” (cast alternativo)

gbopera - Ven, 26/04/2024 - 09:03

Torino, Teatro Regio, stagione d’opera e balletto 2023/24
“LE VILLI”
Opera-ballo in due atti su libretto di Ferdinando Fontana
Musica di Giacomo Puccini
Anna LAURA GIORDANO
Roberto AZER ZADA
Guglielmo Wulf GËZIM MYSHKETA
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Ulisse Trabacchin
Regia Pier Francesco Maestrini
Scene Guillermo Nova
Costumi Luca Dell’Alpi
Coreografie Michele Cosentino
Luci Bruno Ciulli
Torino, 24 aprile 2024
Una delle proposte più interessanti del lungo omaggio a Puccini del Teatro Regio questo  nuovo allestimento de “Le villi”, primo lavoro operistico del compositore lucchese ancora nell’orbita di Ponchielli e Faccio, convince solo parzialmente per colpa di un cast non privo di problematicità mentre direzione d’orchestra e regia non danno adito a riserve.
Molto bello lo spettacolo di Pier Francesco Maestrini. Lo spostamento d’ambientazione dal generico medioevo del libretto agli anni della composizione non stride ma anzi permette un raffinato gioco di richiami letterari. Il primo atto si svolge in un padiglione vittoriano dove le proporzioni rovesciate sembrano richiamare certe pagine di Lewis Carroll. Il secondo atto – il più riuscito sia musicalmente sia nella resa scenica – è un omaggio a tutto l’immaginario gotico ottocentesco dalle atmosfere romantiche di Friedrich al romanzo nero di fine secolo – il pensiero corre subito a Stoker ma anche a Gautier per certe venature erotiche – in cui ben s’inserisce anche il violento ma intenso finale con Roberto letteralmente fatto a pezzi dalle Villi come Penteo dalle baccanti mentre Anna addenta il cuore dell’amante traditore facendolo definitivamente suo. Le proiezioni per una volta non sono meri accessori ma contribuiscono alla creazione di un’atmosfera decisamente suggestiva così come le luci di Bruno Ciulli. Magnifici i costumi di Luca Dall’Alpi sia quelli belle-époque del primo atto sia quelli delle Villi decisamente virati in chiave fantasy-horror. Una splendida produzione con cui il Teatro Regio dimostra di aver riacquisito la capacità di produrre grandi allestimenti dopo un periodo molto difficile.
L’altro elemento di forza dello spettacolo è la direzione di Riccardo Frizza. La scrittura orchestrale è il punto di maggior qualità dell’opera, quello in cui la doti di Puccini già emergono con maggior chiarezza. Frizza esalta al massimo la qualità della scrittura orchestrale. Il gesto pulito e la preferenza per colori tersi e ben definiti del direttore bresciano si adatta a meraviglia per questa partitura. Frizza però non si limita a far suonare benissimo l’orchestra – in cui affiancata dal sempre impeccabile coro del teatro torinese – ma coglie i tratti espressivi più intimi del lavoro. Si ascoltino la morbidezza cangiante e setosa del preludio e soprattutto i colori di un lirismo venato di rimpianto e malinconia del secondo per apprezzare lo scavo espressivo della direzione.
Il corpo di ballo di ballo – assai impegnato – si disimpegna con maestria nelle coreografie eleganti e teatralmente efficaci di Michele Cosentino.
La compagnia di canto è alterna, soprattutto nella componente maschile. Laura Giordano (Anna) appare penalizzata dagli ampi spazi del Regio e dall’acustica particolare. Canta però con gusto e musicalità trovando accenti di commovente lirismo. La voce è omogenea in tutti i registri e di bel colore. Scenicamente è attrice convincente nel rendere la doppia natura di Anna, fanciulla innamorata e spettro vendicatore.  Non manca di prestanza vocale Azer Zada alle prese con l’ostico e ingrato ruolo di Roberto ma quello che latita è una quadratura musicale più rifinita così che la parte tende a metterlo a mal partito. Conscio dei suoi limiti cerca di liricizzare il più possibile la parte evitando inutili e pericolose forzature e riuscendo spesso a salvarsi con intelligenza. Certo quando la scrittura spinge – specie in acuto – le difficoltà di emissione e quadratura si fanno palesi.
Forse non in serata Gëzim Myshketa. La voce anche se un po’ chiara per il ruolo sarebbe apprezzabile manca di autorevolezza nei recitativi e la bell’aria del II atto soffre di un canto che appare forzato, specie nel registro acuto. Ottima presenza di pubblico – tanto più per una pomeridiana infrasettimanale – e nel complesso successo convinto. Foto Daniel Ratt

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Venezia, Teatro La Fenice: Kent Nagano e l’Orchestra Haydn in concerto

gbopera - Gio, 25/04/2024 - 08:24

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2023-2024
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Direttore Kent Nagano
Violino Marco Mandolini
Violoncello Luca Pasqual
Oboe Gianni Olivieri
Fagotto Flavio Baruzzi
Franz Joseph Haydn: Sinfonia concertante in si bemolle maggiore per violino, violoncello, oboe, fagotto e orchestra, Hob:I:105; Ludwig van Beethoven: Sinfonia n.2 in re maggiore op. 36.
Venezia, 22 aprile 2024
Prosegue con successo la Stagione Sinfonica 2023-2024 del Teatro La Fenice come ha confermato il recente concerto, che vedeva ospite del teatro veneziano l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, guidata da Kent Nagano con la partecipazione, in qualità di solisti, di Marco Mandolini (violino), Luca Pasqual (violoncello), Gianni Olivieri (oboe), Flavio Baruzzi (fagotto). In programma due titoli, direttamente o indirettamente collegati al nome di Haydn: la Sinfonia concertante in si bemolle maggiore per violino, violoncello, oboe, fagotto e orchestra, firmata dal compositore austriaco; la Seconda Sinfonia di Beethoven, dove lo spirito haydniano aleggia qua e là.
Nel 1790 Haydn, poco dopo aver lasciato la corte degli Esterházy, fu invitato a Londra da Johann Peter Salomon, celebre violinista e direttore d’orchestra, nonché impresario di concerti. I due periodi trascorsi nella capitale inglese – 1791-92 e 1794-95 – segnarono un punto d’arrivo nella produzione sinfonica del compositore austriaco. Nacquero, infatti, le dodici Sinfonie, cosiddette “londinesi”: un gruppo di opere straordinarie, cui peraltro può essere senz’altro aggiunta la Sinfonia concertante in si bemolle maggiore sopra citata. Scritta nei primi mesi del 1792, essa rappresenta uno dei contributi più preziosi allo sviluppo di questo genere musicale, che annovera anche alcuni straordinari capolavori mozartiani e nel quale sopravvive l’articolazione, tipica del Concerto grosso, tra ripieno orchestrale e solisti (il cosiddetto “concertino”). Quest’ultimo, nel capolavoro haydniano è rappresentato da un quartetto – due archi e due legni – che non si contrappone all’orchestra, come avveniva nel concerto barocco, bensì collabora al discorso “sinfonico”, contribuendo, tra l’altro, alla ricca varietà timbrica dell’orchestrazione.
Esemplari, in questo senso – oltre all’orchestra, impeccabile nei suoi interventi, sotto la guida sapiente del direttore statunitense – sono risultati i quattro solisti nell’Allegro d’apertura, in cui hanno sfoggiato brillantezza tecnica e finezza espressiva, integrandosi al tempo stesso nella continuità del discorso sinfonico – caratterizzato, secondo il tipico stile di Haydn, da alcuni sorprendenti trapassi armonici e da qualche “teatrale” pausa imprevista –, per primeggiare nella cadenza. Gli strumenti concertanti hanno assunto un ruolo di protagonisti nel nostalgico e quasi cameristico Andante centrale, dove le risorse espressive di ciascuno di essi vengono indagate a fondo. La dimensione sinfonica – insieme a qualche curiosa sorpresa – è riapparsa nel conclusivo Allegro con spirito: dopo la vivace introduzione orchestrale, il recitativo del violino solista ha dato l’impressione di introdurre una sorta di scena d’opera senza parole – impressione confermata, subito dopo, da un patetico recitativo del violoncello –; dopodiché è iniziato il Rondò, percorso da un tema spiritoso, dove i quattro strumenti solisti hanno brillato nei capricciosi procedimenti imitativi, nei passaggi virtuosistici, nel continuo gioco di scambi, facendosi interpreti ideali della scrittura haydniana, che coniuga la capricciosa libertà dell’invenzione alle ragioni della forma.
L’eccellente performace è stata salutata da fragorosi applausi, ricompensati da un fuoriprogramma: un brano di un compositore francese – se non andiamo errati, Jean-Pascal Beintus, scoperto proprio da Kent Nagano –, per la cui esecuzione si è unito ai quatto strumenti solisti anche il contrabbasso di Daniele Ragnini, membro dell’Orchestra ospite.
Passando a Beethoven, è utile ricordare che Haydn lo incontrò a Bonn, durante il viaggio di ritorno dalla capitale britannica, rimanendo talmente colpito da quel giovane geniale da proporgli di raggiungerlo a Vienna. E lì quel promettente talento trovò nel compositore austriaco uno dei suoi maestri. Lo attesta, in particolare, la Sinfonia n. 2 in re maggiore – composta tra il 1800 e il 1802 –, che come altri lavori giovanili, risente dell’influsso di Haydn, manifestando la capacità di fondere in un equilibrio perfetto, per essenzialità e compiutezza formale, tutti gli elementi strutturali della partitura. È abbastanza incredibile che Beethoven abbia prodotto quest’opera in un momento della sua vita – a Vienna – rattristato dall’aggravarsi della sordità, che lo costrinse ad abbandonare la carriera concertistica, e dalla delusione sentimentale, conseguente al rifiuto ricevuto dalla contessina Giulietta Guicciardi, sua allieva di pianoforte, della quale aveva finito per innamorarsi. Nondimeno ogni vicissitudine fu superata grazie alla totale immersione nell’attività creativa. In tale contesto nacque la Seconda Sinfonia, in cui i contemporanei avvertirono subito qualcosa di eccessivo e sorprendente – quanto a dimensioni ed elaborazione del materiale musicale – rispetto alle loro abitudini di ascolto, pur riconoscendo la potenza e l’originalità del Genio.
Una sfolgorante brillantezza ha diffusamente caratterizzato l’interpretazione di Kent Nagano che, dopo la lenta introduzione, che apre il primo movimento, immersa in un’atmosfera inquieta e pensosa, nell’Allegro con brio, basato su un’idea proposta sottovoce da viole e violoncelli, ha fatto emergere tutto l’entusiasmo costruttivo, che trasuda da questa pagina: complici di tutte le sezioni dell’orchestra, qui come altrove, più che mai scattanti. Nel successivo Larghetto si coglieva un’espressività già tutta beethoveniana, il cui tono grazioso, di derivazione settecentesca, era venato di nostalgia per quel mondo ormai al tramonto. Il puro ritmo ha dominato nello Scherzo, geometrico ed essenziale collocato al posto del settecentesco Minuetto –, riecheggiante nel Trio alcune movenze desunte dalla tradizione, mentre nell’estroverso movimento finale, Allegro molto – vasta ricapitolazione di tutti gli atteggiamenti espressivi della sinfonia, introdotta da un tema che è quasi un’esclamazione rapida e perentoria – è riapparso Haydn con le sue caratteristiche “sorprese”, quali brusche interruzioni del discorso e improvvisi cambiamenti d’umore: un carattere giocoso reso con inusitata energia. Successo pieno a fine serata.

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Roma, Teatro Parioli Costanzo: “Anna dei miracoli”

gbopera - Mer, 24/04/2024 - 23:59

Roma, Teatro Parioli Costanzo
ANNA DEI MIRACOLI 
di William Gibson 
con Mascia Musy, Fabrizio Coniglio, Anna Mallamaci, Laura Nard
adattamento e regia Emanuela Giordano 
Scene e Luci Angelo Linzalata 
Costumi Emanuela Giordano 
Musiche Carmine Iuvone e Tommaso Di Giulio 
Produzione La Pirandelliana
Roma, 24 Aprile 2024
Hellen, una bambina di 12 anni, cresciuta in una tenuta del Sud degli Stati Uniti subito dopo la sconfitta della Confederazione nella Guerra di Secessione, è stata allevata dalla sua famiglia come se la sua condizione di sordità e cecità la rendesse incapace di apprendere, lasciandola agire senza limiti. La sua educazione cambia radicalmente con l’arrivo di Miss Annie, una giovane pedagogista al suo primo incarico, precedentemente cieca, determinata a riformare il comportamento della bambina. Annie affronta numerosi cliché sociali simili a quelli del permissivismo moderno riguardanti i disabili e gli psichiatrici, evidenziando come i comportamenti infantili possano evolvere in azioni più pericolose nell’età adulta. Il dramma  mostra Annie adottare metodi severi con Hellen, spesso confinando insieme in una casetta isolata nella proprietà per concentrarsi sull’educazione della bambina. Il confronto non è solo con Hellen ma anche con una famiglia che la indulgente eccessivamente, credendo di non poter fare altro per lei. Le tecniche educative di Annie, che includono rinforzi positivi e avversivi, sono mirate a rompere il ciclo di comportamenti maleducati e a insegnare a Hellen non solo le abilità quotidiane ma anche a comunicare efficacemente, nonostante la sua disabilità. Attraverso il linguaggio dei segni per sordi-ciechi, Annie lavora per aprire Hellen al mondo esterno, superando la barriera dell’isolamento sensoriale in cui è stata confinata. Il dramma sottolinea l’importanza dell’intelligenza e dell’interazione sociale per Hellen, proponendola come futura membro attivo della società tanto da imparare a valutare il linguaggio come strumento di connessione, piuttosto che come semplice abitudine memorizzata. La narrazione culmina con il riconoscimento da parte di Hellen del valore della comunicazione e del vivere civile, segnando un cambiamento permanente nella sua interazione con gli altri.  Emanuela Giordano, regista e autrice di questo adattamento del dramma pluripremiato degli anni ’60, propone una messa in scena spartana e minimalista, in linea con lo stile originale dell’epoca. La sua regia si concentra su scene domestiche che esplorano discordanze verbali e confronti concettuali intensi riguardanti amore, educazione, sopportazione e comunicazione. Giordano innova la sceneggiatura introducendo il neonato lessico dei segni, strumento cruciale per l’ingresso di Helen nel mondo, enfatizzando una convivenza disciplinata. Questo approccio non solo rende omaggio all’originale, ma aggiunge un nuovo livello di profondità interpretativa al dialogo tra i personaggi. Anna Mallamaci affronta la sfida artistica e civile di interpretare Hellen Keller sul palcoscenico del Teatro Parioli Costanzo, un compito non da poco, considerando che Keller non è un personaggio di fantasia ma una figura storica di grande impatto: scrittrice, attivista e insegnante statunitense, diventata sordo-cieca all’età di 19 mesi. La sua vita è stata oggetto di narrazioni in diversi formati, tra cui il celebre film “The Miracle Worker” del 1962, diretto da Arthur Penn, che testimonia la sua resilienza e il suo spirito indomabile. Sul palco, Mallamaci non è sola; è accompagnata da interpretazioni memorabili di Fabrizio Coniglio e Laura Nardi, nei panni dei genitori di Keller. La loro performance è intensa e carica di emozioni, rivelando la profondità del dolore e del conflitto interiore che i genitori affrontano nel gestire la malattia della figlia, mantenendo sempre viva quella speranza irriducibile. Mascia Musy brilla nel ruolo dell’ostinata insegnante che protegge Helen da ogni forma di dannosa compiacenza esterna, mantenendo un rispetto invidiabile per i ruoli familiari senza mai cercare di sostituire i genitori. La sua interpretazione è meticolosa, competente e profondamente emotiva. Il progetto teatrale “Anna dei Miracoli” non solo è una rievocazione drammatica ma si radica anche nell’impegno sociale, grazie alla direzione di Paola Severini Melograni, giornalista e direttrice dell’Agenzia Angelipress. Con una lunga carriera dedicata alla comunicazione sociale e alle questioni di solidarietà, Melograni infonde nel progetto una profondità che va oltre la semplice rappresentazione teatrale, mirando a sensibilizzare il pubblico e a promuovere un dialogo attivo su temi di disabilità e resilienza umana. Il finale è straordinario, un apice emotivo raggiunto quando Anna getta un secchio d’acqua su Helen, segnando il momento del miracolo. Questa scena intensa muove profondamente il pubblico, che risponde con un coinvolgente applauso e offre un caloroso abbraccio virtuale a tutti gli attori, riconoscendone il merito. Photocredit:MargheritaMirabella Repliche sino al 28 Aprile 2024.

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