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Musica corale

Castell’Arquato (Pc), 11° Festival Illica: dal 4 al 7 luglio 2024

gbopera - Ven, 28/06/2024 - 17:33

Al via l’11 edizione del Festival Illicache avrà quest’anno come filo conduttore il rapporto privilegiato tra Luigi Illica e Giacomo Puccini, per celebrare il centenario dalla morte del grande compositore toscano, e si terrà dal 4 al 6 luglio 2024 nel suggestivo borgo medioevale di Castell’Arquato (Pc), insignito della bandiera arancione dal Touring Club Italiano e appartenente al club dei borghi più belli d’Italia.
Il Festival Illica è un tributo alla figura di Luigi Illica, un’eccellenza italiana e cosmopolita nella librettistica d’opera, che ha realizzato per i grandi operisti come Giacomo Puccini, Pietro Mascagni e Umberto Giordano i più celebri titoli del melodramma, ed ebbe un’amicizia forte e duratura con Giosuè Carducci, che invitava di frequente a Castell’Arquato.
Si inaugura giovedì 4 luglio 2024, alle ore 21.00 presso i Giardini pensili di Palazzo Vigevani con un concerto del Quartetto Luigi Magnani intitolato “Illica e gli amici” con musiche di Puccini, Catalani e Gnecchi.
Secondo appuntamento, venerdì 5 luglio 2024, ore 19.30, nei Giardini di Palazzo Vigevani Gravaghi, con una Conferenza–Dibattito per approfondire il rapporto umano e artistico tra Illica e Puccini che si è interrotto nel tentativo di portare a compimento Maria Antonietta, libretto scritto da Illica e mai musicato da Puccini. Protagoniste alcune tra le voci più autorevoli nel panorama della musicologia nazionale quali Giangiacomo Schiavi, giornalista e autore del libro dedicato a Illica “Il Genio Ribelle”, Guido Barbieri, musicologo e conduttore di Radio Tre Rai, il critico musicale Fabio Larovere, il saggista Fulvio VenturiMassimo Baucia, studioso del Fondo Illica della Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza e il compositore Carlo Galante, incaricato dal Festival di mettere in musica il testo dell’aria L’ Austriaca. Pianto di una regina della protagonista dell’opera Maria Antonietta. Questa nuova commissione verrà eseguita in “prima assoluta” durante il Gala lirico – sinfonico dedicato a Giacomo Puccini: “Caro Illica….Viva noi!”, che si terrà al termine della conferenza, venerdì 5 luglio 2024, ore 21.00, nella tradizionale Piazza Monumentale diretto dal M° Jacopo Brusa, direttore artistico del Festival. Ad accompagnare i 60 elementi della Filarmonica Arturo Toscanini in questo “viaggio” attraverso i capolavori immortali che hanno reso leggendario il sodalizio tra Illica e Puccini, da Manon Lescaut a Bohème, da Madama Butterfly a Tosca, ci saranno due tra gli artisti emergenti di maggior spessore del panorama nazionale: il soprano Federica Vitali e il tenore Matteo Falcier.
A chiusura del Festival, sabato 6 luglio 2024ore 21.00, ancora una “prima assoluta” con il monologo “Scrissi d’arte” Storia vagabonda di Luigi Illica a cura del regista e attore Davide Marranchelli, accompagnato al pianoforte dal M° Martino Dondi. Il Festival, come sempre, si completerà con tre appuntamenti di promozione culturale quali le visite guidate al Museo Illica e al Borgo Medievale.
Giovedì 4 luglio, ore 19.00, visita guidata al Museo Illica (ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria), sabato 6 luglio e domenica 7 luglio, ore 10.30, si partirà dalla Piazza Monumentale per un percorso poetico sensoriale attraverso il borgo natio di Illica, alla ricerca degli scorci che hanno ispirato le opere di Luigi Illica e visita al Museo. In caso di maltempo le rappresentazioni gli eventi serali del 4 e 6 luglio si svolgeranno presso la Sala Consiliare del Palazzo del Podestà nella stessa giornata e alla stessa ora, mentre il Galà verrà posticipato al 6 luglio, sempre nella Piazza Monumentale, alle ore 21. I biglietti soni acquistabili online su www.festivalillicacastellarquato.it Il Festival Illica è organizzato dal Comune di CastellArquato con il sostegno di Fondazione di Piacenza e Vigevano e Regione Emilia Romagna e in collaborazione con La Toscanini.

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Roma, Palazzo Braschi, Museo di Roma: “Il trionfo di Venere e Bacco e Arianna dalle collezioni d’arte Enel” dal 27 giugno al 12 gennaio 2025

gbopera - Gio, 27/06/2024 - 13:21

Museo di Roma, Palazzo Braschi
IL TRIONFO DI VENERE E BACCO E ARIANNA
di Sebastiano Ricci
a cura di Roberta Porfiri
organizzata da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali e da Enel
Nelle sale del terzo piano del Museo di Roma a Palazzo Braschi, è possibile ammirare fino al 12 gennaio 2025 due dipinti del grande pittore veneto Sebastiano Ricci, appartenenti alle collezioni d’arte di Enel e per la prima volta esposti al pubblico. Le due tele, raffiguranti Il trionfo di Venere Bacco e Arianna, furono probabilmente eseguite dal Ricci nei primi anni del Settecento, durante il suo soggiorno fiorentino. Da poco riscoperti, i due dipinti sono stati sottoposti a un restauro che ha evidenziato le straordinarie doti di colorista del pittore veneto, il cui stile, ispirato a Paolo Veronese ma attento anche ai maestri del Barocco, come Luca Giordano, ha anticipato quello dei maggiori pittori veneziani del Settecento, primo tra tutti Giovanni Battista Tiepolo. L’esposizione L’incanto della bellezza. Dipinti ritrovati di Sebastiano Ricci dalla Collezione Enel, a cura di Roberta Porfiri, è organizzata da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali e da Enel che si è avvalsa per il restauro della collaborazione della Soprintendenza Speciale di Roma – Archeologia Belle Arti e Paesaggio. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Nato a Belluno nel 1659, Sebastiano Ricci è stato uno dei massimi esponenti della pittura veneta tra la fine del Seicento e i primi decenni del secolo successivo   . Formatosi artisticamente a Venezia, ha operato in numerose città italiane, tra le quali Bologna, Milano e Firenze. A Roma, dove fu attivo per la prima volta tra il 1691 e il 1694, ha eseguito l’affresco con l’Allegoria della battaglia di Lepanto nella Sala dei Paesaggi in Palazzo Colonna, l’Ascensione nella sagrestia della Basilica dei Santi Apostoli e due grandi tele di soggetto biblico per Palazzo Taverna. Viaggiatore instancabile, Ricci ha lavorato in alcune delle maggiori corti d’Europa: fu a Vienna dal 1701, a Londra tra il 1711 e il 1716, a Parigi fino al 1718. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Venezia, dove morì nel 1734. Ingresso alla mostra gratuito con il biglietto del Museo, secondo tariffazione vigente (gratuito con Roma MIC Card).

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Roma, Museo Nazionale Romano,Terme di Diocleziano e Palazzo delle Esposizioni: “Materiae” dal 03 luglio al 06 ottobre 2024

gbopera - Gio, 27/06/2024 - 12:45

Roma, Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano e Palazzo delle Esposizioni
MATERIAE
di Javier Marin
Roma si prepara ad accogliere un evento di straordinaria rilevanza culturale: la mostra “Materiae” dell’acclamato artista messicano Javier Marín. Dal 3 luglio al 6 ottobre 2024, due delle più prestigiose sedi espositive della capitale italiana, il Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano e il Palazzo delle Esposizioni, ospiteranno questa imperdibile esposizione. L’evento si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dall’inizio delle relazioni diplomatiche tra Italia e Messico, un anniversario che quest’anno acquista un valore particolarmente significativo. Javier Marín è un nome di spicco nel panorama artistico contemporaneo. Nato nel 1962 a Uruapan, nello stato di Michoacán, Marín ha saputo costruire una carriera di oltre trent’anni, durante i quali ha esplorato e amalgamato con maestria diverse forme d’arte: scultura, disegno e pittura. La sua opera è caratterizzata da una profonda riflessione sulla condizione umana, esplorata attraverso forme che mescolano tradizione e innovazione. La mostra “Materiae” rappresenta un punto di incontro tra due ricche tradizioni culturali, quella italiana e quella messicana. Marín ha sempre manifestato una profonda ammirazione per la cultura e la storia dell’arte italiana. Le sue opere si nutrono di influenze che spaziano dal Manierismo toscano al Barocco romano, reinterpretate attraverso una lente che trae ispirazione dalle sue radici pre-ispaniche. Questa contaminazione di stili e temi rende il suo lavoro unico, capace di creare un dialogo visivo e concettuale tra mondi apparentemente distanti. Le Terme di Diocleziano, uno dei complessi termali più imponenti e meglio conservati dell’antica Roma, offrono uno scenario di grande suggestione per le sculture monumentali di Marín. Gli spazi vasti e ricchi di storia delle Terme permetteranno ai visitatori di apprezzare la monumentalità e la complessità delle opere dell’artista, che dialogano con l’architettura imponente del sito. Il Palazzo delle Esposizioni, con la sua moderna struttura espositiva, fornirà un contrasto affascinante, mettendo in luce la versatilità e l’innovazione del linguaggio artistico di Marín. Qui, il pubblico potrà esplorare la gamma completa della sua produzione, dalle sculture in bronzo e resina ai disegni e dipinti che mostrano la sua abilità tecnica e la profondità concettuale. L’esposizione si inserisce nel quadro delle celebrazioni per il 150° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Messico, un legame che ha visto crescere e consolidarsi una collaborazione culturale, economica e politica sempre più profonda. Materiae” non è solo una mostra d’arte, ma un simbolo di amicizia e scambio tra due nazioni che, pur essendo geograficamente lontane, condividono una passione comune per l’arte e la cultura. “Materiae” di Javier Marín si preannuncia come uno degli eventi culturali più attesi dell’anno a Roma. La possibilità di ammirare le opere di un artista che ha saputo fondere in modo così armonioso e originale due tradizioni artistiche tanto ricche sarà un’opportunità unica per il pubblico italiano e internazionale. Attraverso questa mostra, l’arte diventa un ponte che unisce popoli e culture, celebrando la bellezza della diversità e la forza della creatività umana.

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Milano, MTM – Teatro Litta: “Il gioco dell’amore e del caso”

gbopera - Gio, 27/06/2024 - 10:27

Milano, MTM – Teatro Litta, Stagione 2023/24
IL GIOCO DELL’AMORE E DEL CASO”
di Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux – nuova traduzione di Michele Zaffarano.
Orgone GAETANO CALLEGARO
Silvia FRANCESCA MASSARI
Lisetta JASMINE MONTI
Dorante FRANCESCO MARTUCCI
Arlecchino FILIPPO RENDA
Adattamento e Regia Antonio Syxty
Scene Guido Buganza
Costumi Valentina Volpi
Disegno luci Fulvio Melli
Nuova produzione Manifatture Teatrali Milanesi
Milano, 24 giugno 2024 – Debutto Nazionale
In fondo, “Il gioco dell’amore e del caso” potrebbe essere il titolo dell’opera omnia di Marivaux, autore del Settecento francese oggi poco frequentato, ma che scatenò in patria una vera forma di isterismo collettivo per corteggiamenti amorosi leggeri e galanti chiamato, appunto, “marivaudage”. Nella non esile produzione di Pierre Carlet (questo il suo nome originario), troviamo sviluppati, indagati ed esasperati quei rituali d’accoppiamento a fine matrimoniale e a sfondo più o meno equivoco, che fin dal teatro di Menandro caratterizzano la commedia occidentale; insomma, per citare un notorio tormentone attuale, “ho visto lei, che bacia lui, che bacia lei, che bacia me”, solo che al posto del “baciarsi” (azione eccessivamente esplicita e triviale, per lo meno in pubblico) si preferiscono azioni come “corteggiarsi”, “scriversi bigliettini”, “farsi promesse nuziali”, e, più di tutto, “alludere”, giacché è evidente che il gioco dell’amore (e rieccolo) si giochi su un campo puramente teorico. Forse è per questo che il marivaudage è un po’ passato di moda, e con esso il suo inventore: viviamo in una società che fatica con l’astrazione, preferendo la chiara manifestazione, teofanica quando non pornografica, del sentimento. In base a tutto ciò non possiamo che apprezzare la scelta di Antonio Syxty di riportare in scena “Il gioco dell’amore e del caso”, commedia tra le più riuscite non solo del suo autore, ma dell’intero secolo XVIII: la nuova traduzione di Michele Zaffarano e l’adattamento dello stesso regista si rivelano fondamentali per snellire la pantagruelica mole di parole del testo, e per modernizzare le dinamiche tra i personaggi di quel tanto che basta a fruirne al meglio. Siamo chiari: la regia di questo testo funziona a meraviglia, anche se forse avrebbe potuto osare qualcosa di più in qualche direzione – tradizione/ innovazione/ contaminazione, a scelta – per sottrarsi a un andamento scenico per lo più prevedibile. Sì, su tutti domina appeso uno scimmione fucsia con una maschera frou-frou nera, indiscutibile elemento pop e kitsch nel senso più godibile, ma poi, de facto, ci troviamo davanti a una messa in scena di prammatica, funzionale ma un po’ sciapa. Non aiuta a dare mordente al tutto nemmeno la scenografia di Guido Buganza, che torna a uno dei suoi grandi classici – la stratificazione di veli bianchi – aggiungendo pochi elementi correttamente d’epoca, in un contesto ove forse qualche guizzo in più, cromatico e di organizzazione spaziale, non avrebbe certo guastato; su una sicura linea tradizionale anche i costumi di Valentina Volpi, che vedono solo nei copricapi una azzeccata scelta fuori dagli schemi (gustosa la parrucca argentata per Orgone); altrettanto accennate e non sfruttate appieno anche le luci di Fulvio Melli. Il cast vede cinque interpreti particolarmente in forma, anche perché il tipo di testo richiede caratterizzazioni piuttosto marcate, per evitare che il pubblico scivoli lentamente nella narcosi. Bravi tutti, con un plauso soprattutto per Gaetano Callegaro (un Orgone gigione al punto giusto e adorabile gran burattinaio dei giovani presenti in casa sua, quasi l’archetipo del demiurgo bon vieillard) e Francesco Martucci, che dimostra come un’interpretazione calibratissima, tra una fisicità sensuale e una vocalità ben sostenuta, riesca sempre a conseguire risultati molto più che buoni; Filippo Renda, nel ruolo di Arlecchino, sceglie un’ipercaratterizzazione senz’altro non peregrina e che sa fare presa sul pubblico, sfruttando anche la naturale inflessione siciliana dell’interprete; fra le prove femminili, Francesca Massari di poco migliore di Jasmine Monti, ma unicamente perche la sua Silvia consente all’attrice di mettere in luce una più vasta gamma di colori, pose, emozioni; la Lisetta della Monti è senza dubbio riuscitissima, ma si rifugia sovente in quelle tipiche cadenze da Settecento accademico che alla lunga un po’ stancano: quando l’interprete perde il controllo di sé è invece più spontanea e apprezzabile. In generale, la sensazione che si prova alla fine di questo “Gioco dell’amore e del caso” è di una dolcezza corroborante, che riesce a tenersi al di qua dello zuccheroso e del retorico, senza snaturare l’essenza stessa di questo tipo di teatro. Un’operazione funambolica non senza rischio, che conclude la stagione delle Manifatture Teatrali Milanesi in leggerezza. Si replica fino al 13/07. Foto Alessandro Saletta

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Roma, Giardini di Villa Borghese: “Riapre il Giardino delle Erme”

gbopera - Mer, 26/06/2024 - 23:59

Roma, Giardini di Villa Borghese
RIAPRE DOPO UN INTERVENTO DI RESTAURO IL GIARDINO DELLE ERME
Roma, 26 giugno 2024
Nell’incantevole cornice del Giardino delle Erme, l’Esedra dei Draghi e la storica fontana hanno ritrovato il loro antico splendore, grazie a un ambizioso e meticoloso progetto di restauro portato a termine oggi.
Quest’opera di recupero, resa possibile dalla generosa donazione dell’azienda IZI Spa, si inserisce nel più vasto piano di valorizzazione di Villa Borghese, che comprende anche il restauro dei Giardini Segreti e del complesso architettonico costituito dall’Uccelliera e dal Casino della Meridiana. Gli interventi hanno restituito integrità e bellezza agli intonaci e alle tinteggiature originarie dell’esedra, seguendo i dettagliati risultati emersi dagli esami stratigrafici. Anche l’imponente decorazione in stucco, con le sue cornici marcapiano, nicchie ovali contenenti riproduzioni di busti romani e sfere di travertino che arricchiscono l’attico insieme a due imponenti draghi araldici borghesiani, è stata meticolosamente restaurata. Inoltre, la preziosa fontana al centro del giardino, frutto di un assemblaggio ottocentesco che combina un bacino interrato moderno con una vasca superiore rinascimentale di origine ignota, è stata accuratamente pulita e il suo sistema idrico completamente rinnovato, riportandola alla piena funzionalità. Questo restauro, finanziato interamente dall’azienda IZI Spa, è un chiaro segno dell’importanza che l’impresa attribuisce alla conservazione del patrimonio culturale romano. Villa Borghese, con i suoi 80 ettari e nove accessi, rappresenta uno dei polmoni verdi più estesi e significativi della Capitale, nonché un vero e proprio museo all’aperto. Quest’area è un crogiolo di architetture, monumenti, fontane e statue che si fondono con una ricca varietà botanica, attirando l’interesse di numerosi visitatori e cittadini. Il legame tra arte e natura era profondamente sentito da Scipione Borghese, che volle enfatizzare questo concetto attraverso una lapide in marmo posizionata all’esterno del suo palazzo, invitando i visitatori a immergersi nelle bellezze naturali e artistiche offerte dalla villa. Fondata nel XVI secolo come residenza suburbana, Villa Borghese è stata sede delle collezioni artistiche dei Borghese e ha visto la sua espansione fino al XX secolo, sotto la guida visionaria di Papa Paolo V Borghese che nel 1606 incaricò il nipote Scipione Caffarelli Borghese di edificare una villa extraurbana nella prestigiosa area di Porta Pinciana. Il progetto architettonico ha visto l’intervento di illustri architetti come Flaminio Ponzio, Giovanni Vasanzio e Girolamo Rainaldi, che hanno lavorato a stretto contatto con il committente per realizzare una struttura che rispecchiasse il gusto e le ambizioni dell’epoca. Durante la sua costruzione, Villa Borghese è stata arricchita da giardini maestosi, progettati e suddivisi in diverse aree tematiche, ciascuna con una propria identità e funzione, sotto la sapiente guida del giardiniere Domenico Savini e con il contributo di artisti del calibro di Pietro e Gian Lorenzo Bernini. Questi “giardini segreti”, riservati esclusivamente al principe Borghese e ai suoi ospiti, erano ambientazioni esclusive che riflettevano il lusso e la raffinatezza della famiglia nobiliare, culminando nella costruzione di strutture come l’Uccelliera e la Meridiana, simboli di un’epoca in cui l’arte e la natura si intrecciavano in un dialogo continuo e affascinante. Nel XVIII secolo, sotto l’influenza del gusto neoclassico emergente, Marcantonio IV Borghese intraprese significative modifiche a Villa Borghese, specialmente nel terzo recinto dove fece erigere templi e aggiunse statue, fontane e arredi ispirati all’antichità classica. Parallelamente, decise di demolire i muri di cinta lungo Via Flaminia, migliorando l’aspetto architettonico dell’area prospiciente Piazza del Popolo, un sito sempre più frequentato dai visitatori. Nel 1776, gli architetti Antonio e Mario Asprucci furono incaricati di abbattere il muro di cinta che separava l’area dai restanti recinti. Queste modifiche neoclassiche, iniziate nel Settecento, proseguirono nel corso dell’Ottocento, culminando con la costruzione dei propilei greci in stile ionico nel 1829, che oggi segnano l’ingresso della Villa da Piazza del Popolo. Nel corso dell’Ottocento, il principe Camillo Borghese acquisì ulteriori terreni dai Doria, Manfroni e Bourbon del Monte, integrandoli nel tessuto della villa secondo i disegni dell’architetto Luigi Canina. Il giardino all’italiana venne trasformato in giardino all’inglese, caratterizzato dall’armonia di elementi naturali e artificiali, come grotte e tempietti. Il destino della Villa si legò indissolubilmente a Camillo Borghese, che nel 1803 sposò Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone. Quest’ultimo convinse Camillo a vendere gran parte delle collezioni antiche al Louvre, fondando il cosiddetto Fondo Borghese del museo parigino. Questo segnò il declino del collezionismo dei Borghese e l’avvio di un nuovo capitolo per i grandi musei europei. Con l’Unità d’Italia nel 1861, la villa subì un piano di lottizzazione e fu acquistata dallo Stato italiano nel 1901 per soli 3 milioni e seicento mila lire, un prezzo considerevolmente basso rispetto agli standard dell’epoca. Nel 1903, la proprietà passò al comune di Roma, rendendo la villa accessibile al pubblico. Il Casino Nobile fu trasformato in museo, ospitando l’attuale Galleria Borghese. L’area subì ulteriori lavori, come l’inaugurazione del ponte che collega la villa al Pincio nel 1908 e l’arretramento dell’ingresso di Porta Pinciana per allargare la strada. Nel 1911, fu inaugurato il Giardino zoologico, oggi noto come Bioparco. Tra il 1904 e il 1905 furono eretti i primi monumenti celebrativi nel parco. Negli anni Trenta, il Giardino del Lago ospitò chioschi con biblioteche per il prestito di libri. Durante i conflitti mondiali, i giardini segreti furono usati per coltivare ortaggi. Nel secondo Novecento, iniziò una serie di trasformazioni che hanno dato al parco l’aspetto odierno. Tra queste, la Casa del Cinema, fondata nel 2004 nella Casina delle Rose, e il Cinema dei Piccoli, riconosciuto come il cinema più piccolo del mondo. La storia di Villa Borghese è profondamente intrecciata con l’arte fin dai suoi inizi, un legame che continua a definire il carattere unico del luogo, dove la natura si fonde armoniosamente con le opere d’arte.

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Inés Moreno Uncilla: “300 Years of Spanish Hapsichord Music”

gbopera - Mer, 26/06/2024 - 17:19

Antonio De Cabezón  (1510–1566): Diferencias sobre el Canto del Cavallero; Luys Venegas De Henestrosa (1510–1570): Cinco diferencias sobre Las Vacas; Francisco Correa De Arauxo (1584–1654): Segundo tiento de Quarto Tono por elami, a modo de canción; Sebastián Aguilera De Heredia  (1561–1627): Obra de 8° tono alto. Ensalada; Juan Cabanilles (1644–1712): Gallardas I; Domenico Scarlatti (1685–1757): Sonata en Do menor K. 56,  Sonata en Re menor K. 213; Antonio Soler (1729–1783); Sonata no 48 en Modo Dórico; Sebastián De Albero (1722–1756): Recercata Prima; Fuga Prima; Sonata Prima; Juan Sessé Balaguer (1736–1801): Fuga II; Joaquín Beltrán (1736–1802): Fuga no 2; Pieza contrapuntística no 6; Basilio De Sessé (1756–1816): Intento no 6; Mateo Antonio Pérez De Albéniz (1755–1831): Sonata en Re.
Inés Moreno Uncilla (clavicembalo). Registrazione: 30 aprile- 3 maggio 2021, Waldenburg, Svizzera. T. Time: 69′ 37″. 1 CD Ars Produktion LC06900

Un metaforico viaggio nella produzione clavicembalistica spagnola che copre un arco di tempo di ben tre secoli dal momento che va dal Cinquecento all’Ottocento costituisce il motivo conduttore di un’interessantissima proposta discografica dell’etichetta Ars Produktion. Questo viaggio, il cui punto di partenza è costituito da un brano, Diferencias sobre el Canto del Cavaller, di Antonio De Cabezón, uno dei più grandi se non il più grande compositore per strumenti a tastiera del Cinquecento, presenta delle tappe più o meno note, dal momento che è possibile ascoltare, insieme a due sonate di Domenico Scarlatti, che visse alla corte dei re di Spagna, e alla Sonata no 48 en Modo Dórico di Antonio Soler, lavori di autori poco conosciuti, come Luys Venegas De Henestrosa  (1510–1570), Francisco Correa De Arauxo, Sebastián Aguilera De Heredia, Juan Cabanilles, Sebastián De Albero, Juan Sessé Balaguer, Joaquín Beltrán, Basilio De Sessé e Mateo Antonio Pérez De Albéniz. A condurre l’ascoltatore in questo metaforico viaggio è la clavicembalista madrilena Inés Moreno Uncilla che si è avvalsa di tre clavicembali diversi scelti in base all’epoca dei brani in programma. In particolare per le composizioni cinquecentesche si è servita di una copia di un clavicembalo italiano del Cinquecento a un manuale con ottava corta e tasti spezzati, realizzato da Matthias Griewisch nel 2016 e accordato secondo il temperamento mesotonico in voga nel XVI sec., mentre i lavori di Scarlatti e Soler sono stati da lei eseguiti su una copia di un Grimaldi del 1697, opera di Tony Chinnery (1987). Infine le composizioni più tarde sono eseguite su una copia di un Blanchet del 1730 a due manuali, costruita da William Dowd nel 1976. Dotata di un solido senso dello stile e di un’ottima conoscenza della prassi esecutiva dell’epoca, la clavicembalista spagnola, in questo suo primo album, mostra di trovarsi particolarmente a suo agio in questo repertorio, che le permette di coniugare la sua anima spagnola con la sua passione per la musica antica ascoltata sin da bambina in famiglia, e così regala al suo virtuale pubblico un’ora di piacevole ascolto durante la quale viene restituita una piccola sintesi della storia della musica spagnola per clavicembalo.

 

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Parigi, Museo del Louvre: “Capolavori della collezione Torlonia” dal 26 giugno al 11 novembre 2024

gbopera - Mar, 25/06/2024 - 21:15

Parigi, Museo del Louvre
CAPOLAVORI DELLA COLLEZIONE TORLONIA
A cura di Cécile Giroire, direttrice del dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane del Louvre, con Martin Szewczyk, Carlo Gasparri e Salvatore Settis e con l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza Speciale di Roma
Dal 26 giugno all’11 novembre 2024, l’ala Denon del Louvre, situata negli appartamenti estivi appena restaurati di Anna d’Austria, accoglierà la prima mostra internazionale dei marmi della collezione Torlonia al di fuori dell’Italia. Questa esibizione si svolgerà all’interno delle storiche sale che hanno ospitato le collezioni permanenti di sculture antiche del museo sin dalla sua fondazione nel XVIII secolo. La mostra si concentrerà sui pezzi più rappresentativi della collezione Torlonia, mettendo in risalto i principali generi della scultura romana attraverso una vasta gamma di temi e stili. Tra le opere esposte figurano ritratti, sculture funerarie, copie di celebri originali greci e creazioni ispirate ai modelli dell’età arcaica e classica greca. Inoltre, saranno presentati elementi del tiaso dionisiaco e diverse allegorie, che illustrano la ricchezza del repertorio iconografico e formale dell’arte romana. L’evento mira a creare un dialogo culturale tra le sculture del Louvre e quelle della collezione Torlonia. L’importanza della collezione Torlonia è stata riconosciuta attraverso una serie di esposizioni a partire dal 2020, che hanno permesso al pubblico di riscoprire questa straordinaria raccolta di sculture, dopo decenni di oblio. La collezione, inizialmente fondata da Alessandro Torlonia nel 1876 e non più accessibile dal mid-XX secolo, è stata al centro dell’attenzione culturale grazie al lavoro curativo di Salvatore Settis e Carlo Gasparri, sotto la supervisione della Soprintendenza Speciale di Roma. Le precedenti tappe della mostra, a Roma e Milano, hanno esplorato in dettaglio la storia della collezione. Per la tappa parigina, la curatela generale è stata affidata a Cécile Giroire, direttrice del dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane del Louvre, con la collaborazione di Martin Szewczyk, conservatore presso lo stesso dipartimento. Questa mostra si propone di introdurre al pubblico francese questa illustre collezione, esponendola in uno spazio emblematico e carico di storia. L’iniziativa è frutto di una collaborazione tra il Ministero della Cultura e la Fondazione Torlonia, che ha visto il sostegno di Bulgari come main sponsor. Grazie a questo partenariato, è stato possibile restaurare e portare alla luce una selezione significativa delle opere dopo oltre cinquant’anni dalla loro ultima esposizione pubblica. Questa mostra non solo offre un’occasione unica per ammirare capolavori dell’arte antica, ma stimola anche un dialogo estetico e archeologico tra le opere esposte e le collezioni permanenti del Louvre. Qui per tutti gli approfondimenti. Collezione Torlonia_Louvre_Copyright Fondazione Torlonia Ph Agostino Osio 

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Torino, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI: “Operette e Zarzuelas”

gbopera - Mar, 25/06/2024 - 21:09

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino. Concerti RAI orchestra Pops
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore David Giménez
Johann Strauss II: “Der Zigeunerbaron”, Ouverture;  Josef Strauss: Ohne Sorgen! Polka-schnell op.271;  Johann Strauss II: Frülingsstimmen. Valzer op.410;Unter Donner und Blitz”, Polka-schnell op.324; Die Fledermaus”: Ouverture;  Franz Léhar: “Die Lustige Witwe”. Estratti. Federico Chueca: El Bateo. Preludio. Jeronimo Giménez: “El Baile de Luis Alonso”. Intermezzo; Manuel de Falla: “El Amor Brujo”. Danza Ritual del Fuego. Enrique Granados Goyescas: Intermezzo; Jeronimo Giménez:” La Boda de Luis Alonso”. Intermezzo.
Torino, 20 giugno 2024
Il solstizio d’estate chiude la primavera e con l’estate tutte le stagioni teatrali e concertistiche se ne vanno in vacanza. In città poco rimane per le settimane successive, bisognerà pazientare fino alle riaperture autunnali. L’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI, con le valige già pronte per il ROF pesarese, si congeda anch’essa dal pubblico degli abbonati dell’Auditorium con questo terzo Concerto POP. Il programma proposto accosta ad una prima parte genericamente viennese, una seconda spagnoleggiante. Seguendo il titolo della serata, dovrebbe trattarsi di un’antologia, purtroppo solo orchestrale, di brani da operette viennesi e da ispaniche zarzuelas. Si inizia con una sequela di valzer e di polke della famiglia Strauss in cui si esalta il virtuosismo dell’Orchestra e la sensibilità solistica delle sue prime parti. Il maestro David Giménez ha qui dato sfogo ad una energetica esuberanza latina piuttosto che alla languida decadenza viennese, stemperata in frenetiche giravolte di danza. Un cocente smarrimento per chi amasse le orchestre e i concerti della sala d’oro del Wiener Musikverein. Per molti aspetti il protagonista della serata, fin dall’ouverture dello Zingaro Barone, è stato l’oboe di Nicola Patrussi, sospeso tra l’appassionato patetismo della nostalgia e la brillantezza virtuosa della spettacolarità. A lui, nel corso della serata, si sono accostati in dialoghi affascinanti, il flauto di Alberto Barletta e il violoncello di Pierpaolo Toso. La mancanza di voci ha molto pesato, in chiusura della prima parte di serata, sull’esito interlocutorio della selezione dalla Vedova allegra. I conosciutissimi temi dell’operetta, peraltro non segnalati dal programma di sala, erano tutti presentati dagli ottimi strumentisti, ma è stato comunque inevitabile avvertire la sensazione che qualcosa mancasse.
L’avvio della seconda parte del concerto ci porta a Chueca, non il vivace e gaio barrio arcobaleno di Madrid, ma all’assai meno noto, in Italia, autore madrileno di decine di zarzuelas. Il preludio del Bateo del 1901 che, morto l’autore nel 1908, risulta essere una delle sue ultime fatiche, ci immette prepotentemente nell’appassionato mondo del sud mediterraneo. Le storie son di truculenta passione con spirito e ispirazione che non si distanziano dal rappresentarsi come “verismo” rosso sangue seppur per il gazpacho e la sangrìa. David Giménez è di questo repertorio conoscitore espertissimo e ne sa interpretare al meglio gli umori e le passioni. Oltre a Chueca altri due intermezzi da zarzuelas di Geronimo Giménez, quasi omonimo ma non-parente del direttore. La musica ha molti richiami al folclore iberico, con danze, percussioni, ritmi spiccati e nacchere. Quello che ci si aspetta dal pop di quelle contrade. La Danza Rituale del Fuoco, dallAmor Brujo, è sempre un must inevitabile in questi programmi di autori spagnoli ed è un forte atout per mettere in luce la brillantezza e il virtuosismo dell’accoppiata orchestra-direttore. Giménez e OSN RAI hanno siglato entusiasticamente il pezzo di Falla, eccitando al punto giusto un pubblico fino ad allora assai tiepido. L’intermezzo da Goyescas di Enrique Granados sta tra i capolavori della musica del Novecento e ci fa ancora rammaricare per le sfortunate circostanze in cui l’autore, a soli 49 anni, perse la vita su un cargo silurato dai tedeschi, nel 1916, nel canale della Manica. Un’esecuzione felicissima per garbo e sensibilità che ha suscitato l’applauso più prolungato della serata. Il fuori programma di chiusura, la brillante danza Navarraise dal Cid di Massenet, rischia di rinforzare il pregiudizio che la miglior musica spagnola sia stata scritta dai francesi. Ci si chiede anche se l’inserimento in programma di due catalani come Falla e Granados e di un francese, da parte del catalano Giménz, sia casuale o calcolato. Tra Madrid e Barcellona le contese son sempre aperte. Complessivamente il concerto avrebbe meritato maggior avvedutezza e coraggio di programmazione. L’unione dei due pop, tranne l’asburgica comune dominazione, non ha nulla che lo giustifichi. Quello iberico poi, quasi completamente sconosciuto dalle nostre parti, sarebbe stato meglio servito con un’intera serata dedicata e con riprese vocali che almeno ci ricordassero i miracoli delle varie Berganza, Caballé, los Angeles, Kraus Domingo e Carreras, quest’ultimo poi è della famiglia del direttore Giménez. Un’occasione mancata ma, come sempre, applaudita seppur moderatamente. L’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai e i suoi strumentisti, sia singolarmente che in complesso, gli applausi e le lodi se li sono comunque ampiamenti guadagnati sul campo.

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Claudia Muschio: un’italiana a Stuttgart

gbopera - Mar, 25/06/2024 - 18:41

Claudia Muschio, 28 anni, nata a Brescia da genitori pugliesi, dal 2020 fa parte dell’ ensemble della Staatsoper Stuttgart ed è la prima cantante italiana nella storia del teatro chiamata a far parte della compagnia. A Stuttgart la giovane cantante ha conquistato la stima del pubblico grazie alle sue belle interpretazioni di ruoli come Susanna, Nannetta, Pamina, Zerlina, Adina e della parte di soprano nello spettacolo teatrale La Fest su musiche di autori barocchi. Tra un paio di settimane farà il suo debutto come Amina della Sonnambula, una tappa molto importante nella sua carriera. Abbiamo incontrato Claudia, che dal punto di vista umano è una persona simpaticissima e cordiale, in un locale del centro di una Stuttgart messa sottosopra dall’ arrivo di migliaia di tifosi arrivati per le partite degli Europei di calcio.
– Allora Claudia, vogliamo fare un bilancio dei tuoi anni passati qui a Stuttgart?
“Devo dire prima di tutto che sono contentissima di avere fatto questa scelta. La cosa più bella che vorrei mettere in evidenza è il fatto di essere entrata in un teatro che non solo investe molto sui giovani cantanti, ma li inserisce all’ interno di un percorso formativo programmato sulle loro caratteristiche, scegliendo attentamente i ruoli da assegnare loro. Dal punto di vista umano, poi, la Staatsoper Stuttgart è un luogo di lavoro ideale per l’ atmosfera familiare che si respira: c’ è amicizia e rispetto, ognuno di noi va ad assistere alle produzioni dei colleghi. Una caratteristica che non appartiene a tutti i teatri, come mi hanno confermato diverse persone del nostro ambiente”.
– È stato difficile abituarsi alle regie molto, diciamo così particolari che sono tipiche del teatro in Germania?
“Guarda, per un cantante italiano in effetti la prima reazione è di disorientamento. Ma poi, se si entra all’ interno dei meccanismi e si capiscono le ragioni che stanno alla base di certe scelte, la cosa può diventare molto interessante. Per esempio, so che questa produzione di Sonnambula a te è sempre piaciuta poco, ma a me ha fatto scoprire nuovi aspetti del personaggio di Amina: Jossi Wieler e Sergio Morabito ne hanno fatto una ragazza in preda a disturbi mentali, spinta dalla madre a sistemarsi sposando un ragazzo ricco. Si può discutere, si può non essere d’ accordo, ma questa è una scelta non banale”
– Ecco, adesso mi hai dato una chiave per capire questa regia. Ti ringrazio!
“Figurati! (ride)”.

– Parliamo adesso della vita in Germania: ti trovi bene qui?
“Benissimo. Ho voluto imparare bene la lingua, e così ho avuto modo di capire bene la mentalità del paese. Ancora non riesco ad abituarmi a certe cose, tipo ad esempio il fatto che alla domenica è tutto chiuso e la città è semideserta, ma per me a Stuttgart si vive bene sia dal punto di vista lavorativo che dei rapporti umani. Sono anche riuscita a prendere la patente facendo gli esami in tedesco, e questa è una cosa di cui vado particolarmente fiera.”
– E la cucina?
“Apprezzo quella tedesca, ma mi piace cucinare all’ italiana. Soprattutto, lo sai bene, ho una vera e propria passione per la pasticceria e le mie torte sono apprezzatissime dai colleghi”.
– Torniamo a parlare di musica. Qual è stato il ruolo che ti ha dato più soddisfazioni?
“La mia Adina qui ha avuto un grande successo di pubblico, come anche la parte di Nannetta. Ma sono particolarmente orgogliosa di aver interpretato Pamina. Una cantante italiana che affronta un ruolo in tedesco in un teatro tedesco non è una cosa di tutti i giorni, e di questo sono particolarmente contenta. Spero di potere affrontare altre parti in tedesco nei prossimi anni, per esempio mi piacerebbe molto essere Sophie nel Rosenkavalier.”
– Sarebbe un ruolo molto adatto a te, sono d’ accordo. A che altri personaggi stai pensando?
“Mi piacerebbe molto fare Norina, e il teatro ne ha in repertorio un bell’ allestimento. Poi magari Lucia ed Elvira, perché nel belcanto mi sento molto a mio agio. Tra i sogni per il futuro, magari fra qualche anno, sicuramente Violetta. Intanto, l’ anno prossimo canterò per la prima volta il ruolo di Gilda, e di questo sono molto contenta”.
– Fra i direttori con cui hai lavorato, quali sono quelli da cui hai imparato di più?
“Sicuramente Carlo Rizzi, col quale ho fatto il mio debutto al Rossini Opera Festival di Pesaro ne L’ Equivoco stravagante, un maestro di lunga esperienza con idee musicali molto precise da cui ho imparato tantissimo. Qui a Stuttgart senz’ altro Vlad Iftinca, che lavora come coach e direttore d’ orchestra ed è un musicista dal curriculum incredibile (ha lavorato per anni con James Levine al Met), profondo conoscitore delle voci. Poi Michele Spotti, che mi ha diretta nell’ Elisir, sicuramente anche il nostro Generalmusikdirektor Cornelius Meister anche se non ho avuto molte occasioni di lavorare con lui”.
– Pensi di restare a lungo qui in Germania?
“Come andrà il futuro, non si sa. Posso solo dire che qui mi trovo molto bene e per il momento mi piace abitare a Stuttgart”.
– Chiudiamo con una domanda frivola. I tuoi capelli lunghissimi attraggono subito l’ attenzione: quanto tempo ci metti ad asciugarli quando li lavi?
“(risata) Mi sono fatta crescere i capelli quando ero ancora una bambina, soprattutto perché ero molto attratta dal personaggio di Sissi nei film con Romy Schneider e da tutte le figure femminili dell’ Ottocento. Probabimente questo ha influito anche sulla mia decisione di diventare una cantante. Comunque, se proprio ci tieni a saperlo, per asciugarli ci metto circa mezz’ ora”.
– Bene Claudia, grazie e ci vediamo alla Sonnambula. Toi toi toi!
“Toi toi toiii!”

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Venezia, Teatro La Fenice: “Ariadne auf Naxos”

gbopera - Mar, 25/06/2024 - 14:12

Venezia, teatro La Fenice, Lirica e Balletto, Stagione 2023-2024
ARIADNE AUF NAXOS”
Opera in un prologo e in un atto-prologo. Libretto di Hugo von Hofmannsthal.
Musica di Richard Strauss
Der Haushofmeister KARL-HEINZ MACEK
Ein Musiklehrer MARKUS WERBA
Der Komponist SOPHIE HARMSEN
Der Tenor (Bacchus) JOHN MATTHEW MYERS
Ein Offizier NICOLA PAMIO
Ein Tanzmeister BLAGOJ NACOSKI
Ein Perückenmacher FRANCESCO MILANESE
Ein Lakai MATTEO FERRARA
Zerbinetta ERIN MORLEY
Primadonna (Ariadne) SARA JAKUBIAK
Harlekin ÄNEAS HUMM
Scaramuccio MATHIAS FREY
Truffaldin SZYMON CHOJNACKi
Brighella ENRICO CASARI
Najade JASMIN DELFS
Dryade MARIE SEIDLER
Echo GIULIA BOLCATO
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Markus Stenz
Regia Paul Curran
Scene e costumi Gary McCann
Light design Howard Hudson
Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Venezia, 21 giugno 2024
Torna alla Fenice Ariadne auf Naxos, assente da più di vent’anni, in un allestimento firmato – come in occasione della precedente produzione veneziana – da Paul Curran. Considerata dagli autori quasi un lavoro marginale, il lavoro doveva essere, secondo il piano originario di Hofmannsthal, un atto unico, musicato da Strauss sul mito di Arianna, da rappresentare – teatro nel teatro – dopo Der Bürger als Edelmann, versione tradotta dallo stesso Hofmannsthal della commedia di Molière, con le musiche di scena di Strauss. Il progetto nasceva come omaggio a Max Reinhardt che, come assistente alla regia, aveva contribuito al successo del Rosenkavalier (gennaio 1911). La compresenza, nel libretto di Hofmannsthal, del piano mitologico e di quello comico, di personaggi eroici e di maschere offrirono a Strauss la possibilità di cimentarsi nella rivisitazione del linguaggio operistico sette-ottocentesco, per far emergere il lato mozartiano della propria personalità. La prima Ariadne auf Naxos andò in scena il 25 ottobre 1912 all’Hoftheater di Stoccarda, ma senza troppo successo. Così gli autori ne realizzarono una nuova versione, presentata all’Hofoper di Vienna il 4 ottobre 1916. Elementi nuovi: l’eliminazione del legame con la commedia di Molière; il Vorspiel in musica; il cambiamento di luogo dalla dimora rococò di Jourdain a quella di un parvenu viennese. Rimane l’idea di concepire l’Ariadne-Oper come teatro nel teatro, nonché di rivisitare l’opera barocca e settecentesca, riproponendone vari motivi ricorrenti: rivalità tra due compagnie teatrali; gelosie tra Primadonna e Tenore; altre situazioni tipiche dell’opera seicentesca, riproposte in chiave parodistica. Tra queste: la ‘scena del sonno’, durante il terzetto iniziale delle Ninfe, mentre Arianna giace assopita; il tópos del ‘lamento’ nel primo monologo di Arianna; le allegorie di vizio e virtù, impersonate dalla volubile Zerbinetta e dalla fedelissima Arianna. I due personaggi femminili hanno indoli diverse, sottolineate dalla musica. I recitativi di Arianna e di Zerbinetta sono contraddistinti rispettivamente dalla statica sonorità dell’harmonium e dall’articolazione dinamica del pianoforte. Il ‘lamento d’Arianna’, col suo canto in eco, si fonda su una vocalità franta, asimmetrica, modellata sulla parola secondo i procedimenti dell’arioso seicentesco. Il ‘Recitativ und Arie’ di Zerbinetta, invece, è modellato sulla vocalità sopranile del melodramma italiano otttocentesco, un esteso pezzo di bravura, dove la voce gareggia con il flauto e si lancia in sperticate colorature ‘alla Donizetti’. Passando all’allestimento feniceo, Paul Curran propone – con efficacia di mezzi, tra cui le scene e i costumi di Gary McCannuna lettura attualizzante dell’opera, in cui coglie un’analisi della condizione umana ancora valida nel nostro mondo digitalizzato, apparentemente perfetto, ma in realtà segnato dallo stesso contrasto tra aspirazioni ideali e realtà. Anche nel presente bisogna accettare i compromessi, come il Maestro di musica consiglia al suo allievo nell’opera; l’oltraggio subito da Ariadne abbandonata da Teseo continua a ripetersi; molti sono ancora i potenti che, come il facoltoso viennese, non rispettano gli artisti. Il Vorspiel ci immerge nell’attualità dello stravagante salone di una villa, dove fervono i preparativi di una festa, complicati dall’arrivo della troupe di Ariadne per l’opera barocca e di quella di Zerbinetta insieme agli altri comici: due gruppi assai diversi per postura e abbigliamento. Se il Vorspiel è molto moderno, l’Ariadne-Oper si svolge in un piccolo teatro barocco, situato all’interno della villa, mentre la parte di danza, è di nuovo moderna. Anche per il direttore, Markus Stenz, in Ariadne si rispecchia la complessità della vita con i suoi contrasti: soprattutto tra mondo reale – espresso da una musica piena di energia, che gravita nell’ambito tonale ed è semplificata anche armonicamente – e mondo mitologico, la cui rappresentazione musicale va oltre la ‘normale’ armonia. Ma determinante è anche la scelta delle voci – un soprano di coloratura per la vitale Zerbinetta, un soprano lirico per la meditativa Ariadne, oltre all’orchestrazione minimalista, finalizzata al gioco dei colori e a una tecnica puntillistica.
Di altissimo livello il Cast, a partire dalle due protagoniste femminili. Sara Jakubinak – voce importante, omogenea, potente – ha sfruttato le sue ragguardevoli doti vocali e la sua assidua frequentazione del repertorio tedesco per regalarci un’Ariadne ricca di pathos, brillando nel declamato drammatico. Le ha corrisposto pienamente Erin Morley nei panni di Zerbinetta – una soubrette nella voce e nel gesto –, che ha conquistato il pubblico nei pirotecnici virtuosismi del suo ‘Recitativo e aria’, meritandosi applausi a scena aperta. Intensamente espressivo il tenore John Matthew Myers come Bacco, che per fiato e potenza d’emissione non era inferiore a un Neil Shikoff, segnalatosi – insieme alla Jakubinak nell’apoteosi finale. Alquanto espressivo nella sua ingenua ritrosia anche il Komponist offerto da Sophie Harmsen. Irresistibili le maschere: Mathias Frey (Scaramuccio), Szymon Chojnacki (Truffaldin), Enrico Casari (Brighella) e, particolarmente, il baritono Äneas Humm (Arlecchino), che ha sfoggiato un canto e una gesto scenico carichi di brio. Analoghe le prestazioni di Markus Werba (Ein Musiklehrer) e di Blagoj Nacoski (Ein Tanzmeister), come quelle di Jasmin Delfs (Najade), Marie Seidler (Dryade) e Giulia Bolcato (Echo), sempre ben affiatate. Positivo il contributo delle parti minori: Nicola Pamio (Ein Offizier), Francesco Milanese (Ein Perückenmache), Matteo Ferrara (Ein Lakai), il recitante Karl-Heinz Macek (Der Haushofmeister). Pieno sostegno al cast ha fornito l’Orchestra – ridotta – della Fenice, sapientemente guidata dal maestro Stenz, che ha garantito un proficuo rapporto tra buca e palcoscenico e ha saputo valorizzare la ricerca timbrica di Strauss, pur senza indulgere in climi troppo estenuati. Caloroso successo per tutti.

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101° Arena di Verona Opera Festival 2024: “Turandot”

gbopera - Mar, 25/06/2024 - 07:53

101° Arena di Verona Opera Festival 2024
“TURANDOT”
Opera in tre atti e cinque quadri su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni.
Musica di Giacomo Puccini
Turandot OLGA MASLOVA
Imperatore Altoum PIERO GIULIACCI
Timur RICCARDO FASSI
Calaf GREGORY KUNDE
Liù DARIA RYBAK
Ping YOUNGJUN PARK
Pong MATTEO MACCHIONI
Pang RICCARDO RADOS
Mandarino NICOLÒ CERIANI
Il principe di Persia FRANCESCO CUCCIA
Orchestra, Coro e Ballo della Fondazione Arena di Verona
Coro di voci bianche A.d’A.Mus diretto da Elisabetta Zucca
Direttore Michele Spotti
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia e Scene Franco Zeffirelli
Costumi Emi Wada
Movimenti coreografici Maria Grazia Garofoli
Verona, 22 giugno 2024
Dopo la lunga kermesse dedicata al canto lirico italiano (recentemente proclamato patrimonio immateriale dell’Unesco) trasmessa in diretta mondovisione, il Festival n. 101 inaugura con la ripresa di “Turandot” nell’allestimento di Franco Zeffirelli creato ed andato in scena nel 2010. Un allestimento di grande successo, molto apprezzato nella sua spettacolarità visiva, già da noi ampiamente recensito e sul quale sorvoleremo per quanto concerne la regìa, le scene, i costumi e le luci. Diciamo subito che la terza recita non ha offerto particolari emozioni, sia sul piano vocale che sulla direzione d’orchestra; un’esecuzione tutto sommato onesta ma ben lungi da storiche edizioni viste tra le millenarie pietre romane (tra le tante quella di Montaldo del 1983 con la Dimitrova, Martinucci e la Gasdia, diretta da un magnifico Maurizio Arena). Spettacolo parco di impeto e pathos musicale, funzionale forse per il turismo di massa che attende l’aria di Calaf nel terzo atto, ma per nulla allineato alla bellissima e lussureggiante partitura che Puccini ci ha consegnato: forse il centenario della morte del maestro avrebbe meritato qualcosina di più. Cominciamo da Gregory Kunde, il principe ignoto, apparso da subito stanco ed affaticato: le 70 primavere si fanno sentire, così come l’impegno concomitante con le recite di Aida ed il recente Otello di Verdi all’Opera di Roma. Una prova sbiadita la sua e che ha palesato anche delle disomogeneità nei passaggi di registro ma che ha condotto in porto con il sigillo di quel Nessun dorma che il pubblico attende sin dall’inizio dell’opera. Olga Maslova da parte sua ha risolto il tutt’altro che facile ruolo della crudele principessa con una forte volontà esecutiva dalle buone intenzioni che tuttavia sono rimaste sulla carta: oltre a rilevare una dizione poco chiara il suo personaggio non è stato particolarmente incisivo mantenendosi su una certa genericità, senza approfondimento musicale e scenico. Analogamente si può affermare della dolce Liù, eroina e martire dell’amore puro, che tuttavia Daria Rybak, peraltro di buona vocalità, ha solamente dipinto ma tralasciandone ogni tratto di intima sofferenza; sostanzialmente corretta ma appena abbozzata, un vero peccato soprattutto nella scena del sacrificio estremo dove il lirismo pucciniano con Tu che di gel sei cinta eleva il canto ad una delle sue massime vette espressive. Di buona fattura la prova di Riccardo Fassi quale Timur la cui aderenza scenica al personaggio si è rivelata efficace dimostrando anche una convincente linea di canto, così come l’Altoum di Piero Giuliacci, pur nell’esiguità della parte, risulta corretto senza particolari eccessi.  Bene i tre dignitari Ping (Youngjun Park), Pang (Riccardo Rados) e Pong (Matteo Macchioni) mentre a completare il cast, senza particolari bagliori, vi era il Mandarino di Nicolò Ceriani.  Discreto ed inquadrato il coro di voci bianche A.d’A.Mus diretto da Elisabetta Zucca. Michele Spotti, debuttante in Arena, doma la partitura puntando maggiormente a trovare la quadra più che l’abbandono lirico; un approccio più votato alla tenuta dell’insieme, espresso con gestualità ampia e teatrale ma non sempre di coerenza tra le forti tinte sinfoniche. Ne risulta una tavolozza timbrica monocolore, soprattutto nei contrasti, che l’orchestra non ha saputo gestire; anche la scena del sorgere della luna ha difettato di quelle suggestioni notturne che Puccini descrive con cromatismi e preziosità strumentali. Fondazione Arena, sempre più spesso, sta investendo su direttori giovani ma dovrebbe metterli in condizione di poter provare adeguatamente, soprattutto per gli spettacoli all’aperto su larghi spazi: uno spettacolo si crea, anche confrontandosi con i musicisti e la compagnia di canto. Diversamente dovremo ricordare con nostalgia i tempi di Santi, Arena, Guadagno con centinaia di opere in repertorio tutte a memoria ed in grado di dirigere una recita anche all’ultimo minuto. Siamo però certi che Spotti è un musicista di grande talento e il tempo lo dimostrerà. Ottima la prova del coro ma anche qui sarebbe auspicabile una maggior cura ai piani sonori, non sempre abilmente giocati sui contrasti dinamici ed emozionali di cui Turandot è particolarmente ricca. Sfiorato il tutto esaurito, con un’Arena comunque gremita da un pubblico attento e disciplinato, anche negli applausi. Ultima replica sabato 29 giugno. Foto Ennevi per Fondazione Arena

 

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Le cantate di Johann Sebastian Bach: Festa della natività di San Giovanni Battista

gbopera - Lun, 24/06/2024 - 00:08

Per la festa della nascita di San Giovanni Battista (24 giugno), Bach ha composto 4 Cantate. La seconda, in ordine cronologico, è Christ unser Herr zum Jordan kam BWV 7 eseguita giusto 300 anni fa, il 24 giugno 1724 a Lipsia. L’ampio  Coro di apertura ci porta direttamente alla figura del Battista, qui evocato nella scena del battesimo di Cristo. Anche in questo caso abbiamo a che fare su una Cantata su Corale.  Il coro si apre con una elaborata parte strumentale che sembra volere dipingere il fluire delle acque del Giordano, descritte da un abile gioco di crome degli oboi d’amore contrapposte alle semicrome  degli archi. Su questo tessuto strumentale si inseriscono le voci del Coro che poggia su un Corale di Martin Lutero musicato da Johann Walther (1496-1570). I recitativi e  le arie che seguono approfondiscono in vari modi il significato cristiano del battesimo. La prima (nr.2), tripartita, cantata dal basso con il semplice supporto del Continuo, è una riflessione sul simbolismo dell’acqua battesimale. Segue un recitativo (nr.3) affidato al tenore che cita una frase dal Vangelo di Matteo (cap.3 – vers.17): “Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto”.  Al tenore è affidata la successiva aria bipartita (Nr.5) che riflette ulteriormente sul battesimo di Cristo con particolare riferimento alla Trinità e al simbolo della colomba. Bach traduce il testo in una aerea melodia di un violino concertante che  “svolazza” , sopra la linea vocale e il basso continuo. Il testo dell’ultimo  recitativo “accompagnato”, cantato dal basso,  prende spunto dal Vangelo di Matteo (cap. 28 vers.,19): “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.”
A questa citazione il  recitativo si piega in arioso. Il testo dell’ultima aria bipartita (Nr.6), cantata dal contralto, con due oboi d’amore, archi e basso continuo, ricorda  all’umanità che senza la fede e la purificazione attraverso il battesimo non c’è speranza di vita eterna. Il Corale conclusivo (Nr.7) è l’armonizzazione a quattro voci della melodia dell’inno di Walther che abbiamo sentito nel coro di apertura.
Nr.1 – Coro
Cristo nostro Signore è venuto al Giordano
secondo la volontà del Padre,
ha ricevuto il battesimo da San Giovanni
per compiere la sua opera e la sua missione;
ha voluto farci dono di un bagno
per lavare i nostri peccati,
e salvarci dalla morte crudele
per il suo sangue e le sue ferite;
egli crea una nuova vita.
Nr.2 – Aria (Basso)
Ascoltate attentamente, figli dell’uomo,
ciò che Dio stesso chiama Battesimo.
Sarà necessaria dell’acqua,
ma non della semplice acqua.
La Parola di Dio e lo Spirito di Dio
battezzano e purificano i peccatori.
Nr.3 – Recitativo (Tenore)
Dio ce l’ha spiegato chiaramente
in parole ed immagini,
al Giordano il Padre ha manifestato
la sua voce al battesimo di Cristo;
disse: Ecco il mio Figlio prediletto,
in lui mi sono compiaciuto,
è sceso dall’alto del trono celeste
per il bene del mondo
ed ha rivestito l’umile forma
di carne e di sangue
del Figlio dell’Uomo;
prendetelo ora come vostro Salvatore
e seguite i suoi preziosi insegnamenti!
Nr.4 – Aria (Tenore)
La voce del Padre si è fatta ascoltare,
il Figlio, che ci ha acquistato con il suo sangue, fu
battezzato come un vero uomo.
Lo Spirito apparve sotto forma di colomba
così che noi crediamo senza dubbio
che la Trinità stessa
ha preparato il battesimo per noi.
Nr.5 – Recitativo (Basso)
Quando Gesù dopo la sua passione
e la sua resurrezione
volle lasciare il mondo e ritornare al Padre,
disse ai suoi discepoli:
andate nel mondo e insegnate a tutte le nazioni,
chi crederà e sarà battezzato sulla terra
sarà benedetto e salvato.
Nr.6 – Aria (Contralto)
Uomini, credete alla grazia
di non morire nei peccati,
e di non consumarvi nel fuoco dell’inferno!
Le opere e la santità dell’uomo
non contano davanti a Dio.
Noi siamo nati peccatori,
siamo perduti per natura;
la fede e il battesimo ci purificano
e ci evitano la condanna.
Nr.7 – Corale
Solo l’occhio vede l’acqua
quando l’acqua gli uomini versano,
solo la fede conosce il potere
del sangue di Cristo,
il flotto rosso
tinto del sangue di Cristo
porta la remissione di tutti i peccati
ereditati da Adamo
e di quelli da noi stessi commessi.
Traduzione Emanuele Antonacci

www.gbopera.it · J.S.Bach: Cantata “Christ unser Herr zum Jordan kam” BWV 7
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Roma, Terme di Caracalla: “Caracalla Festival 2024” dal 03 Giugno al 10 Agosto 2024

gbopera - Dom, 23/06/2024 - 13:41

Roma, Terme di Caracalla
CARACALLA FESTIVAL 2024
Il Caracalla Festival 2024, atteso evento estivo della Fondazione Opera di Roma, si svolge dal 3 giugno al 10 agosto, trasformando l’incantevole scenario delle Terme di Caracalla in un vivace palcoscenico artistico. Il festival celebra il centenario della morte di Giacomo Puccini con una programmazione ricca e variegata, promettendo di attrarre oltre 100.000 visitatori. Quest’anno, il festival vede il debutto nell’opera dell’architetto Massimiliano Fuksas, che ha progettato le scenografie per le nuove produzioni di “Tosca” e “Turandot”. Queste opere, dirette da Francesco Micheli, sono al centro del cartellone operistico che inaugura il 5 luglio con “Tosca”, seguita da “Turandot” dal 16 luglio. Le rappresentazioni vantano la partecipazione di stelle della lirica come Sonya Yoncheva, Vittorio Grigolo, Angela Meade e altri. Parallelamente alle opere, il festival offre una straordinaria selezione di balletti, concerti e spettacoli di circo. L’9 luglio, il festival presenta “Le notti romane di Dior”, uno spettacolo di danza che fonde la moda di Dior con la coreografia di Angelin Preljocaj e Giorgio Mancini. Il 19 e 20 luglio, il famoso ballerino Roberto Bolle torna con il suo apprezzato evento “Roberto Bolle and Friends”. Il cinema gioca anche un ruolo cruciale nel festival con la rassegna “Piccolo Cinema Puccini”, che include proiezioni di film e documentari che esplorano varie interpretazioni delle opere di Puccini. Tra gli eventi speciali, il 30 luglio, Wayne Marshall celebra i 100 anni della “Rhapsody in Blue” di Gershwin, in un concerto che promette una fusione di jazz e musica classica. Altri eventi includono il circo contemporaneo con la compagnia blucinQue il 24 e 25 giugno e serate jazz al Teatro del Portico il 18 luglio e il 5 agosto. Il pop è ben rappresentato con concerti di artisti italiani e internazionali come John Legend, Ornella Vanoni e Francesco De Gregori, tra gli altri, che si esibiranno sul palco principale a giugno. Il festival è possibile grazie al sostegno di sponsor privati e istituzionali, tra cui la Camera di Commercio di Roma e ACEA, e vede una collaborazione continuativa con enti come la Soprintendenza Speciale di Roma. Quest’anno, il festival si arricchisce anche di visite guidate esclusive al tramonto, che combinano l’arte con la storia delle Terme di Caracalla. Biglietti per il festival sono disponibili a partire da 10 a 120 euro, con vendite che iniziano il 2 aprile. Per maggiori dettagli, si può contattare la promozione pubblico dell’Opera di Roma.

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Le Cantate di Johann Sebastian Bach: Quarta Domenica dopo la Trinità

gbopera - Dom, 23/06/2024 - 00:10

Per la quarta domenica dopo la Trinità il rito luterano prosegue nel sottolineare il concetto della Misericordia  divina e del perdono già proposti anche nella Domenica precedente. Ancora una volta si attinge dal Vangelo di Luca, questa volta tratto dal celebre passo delle Beatitudini (Capitolo 6), precisamente dai versetti 36-42:“Siate misericordiosi come è misericordioso {anche} il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato; vi sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi». Poi disse loro anche una parabola: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è da più del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo? 42Come puoi dire a tuo fratello: “Fratello, lascia che io tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nell’occhio tuo? Ipocrita! Togli prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello.
Le Cantate bachiani per questa domenica sono 3. In ordine cronologico la prima è Barmherziges Herze der ewigen Liebe BWV 185 che risale al periodo di Weimar dove venne eseguita la prima volta il 14 luglio 1715 per poi essere ripresa a Lipsia il 10 giugno 1713 con una nuova Cantata, la BWV 24. Il testo della BWV 185 è di Solomo Franck e prevede 2 arie, 2 recitativi e un Corale conclusivo con una parte obbligata di violino sulla prima frase “Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ” musicato da  Johann Agricola (1530ca), brano che in qualche modo fa “pendant” con la pagina iniziale un duetto vocale in forma di trio su Corale, che tratta le voci del soprano e del tenore in imitazione canonica su uno spunto melodico che richiama il Corale che troveremo eseguito alla fine, qui affidato all’esecuzione di un oboe, nella versione di Weimar, tromba nella versione di Lipsia. Un recitativo accompagnato precede a prima aria (Nr.3) affidata al contralto, un “adagio” con oboe concertante e caratterizzata da ampi vocalizzi. La seconda aria (Nr.5) cantata dal Basso, con il “Continuo” concertante, nella versione di Lipsia fu integrata da una parte per archi.
Nr.1 – Aria/Duetto (Soprano, Tenore)
Misericordioso cuore di amore eterno,
il mio cuore tocca, intenerisci;
allora praticherò la misericordia e la bontà,
o fiamma d’amore, forgia tutto il mio essere!
Nr. 2 – Recitativo (Contralto)
O cuori, che vi siete
trasformati in pietre e rocce,
scioglietevi e ammorbiditevi
poiché il Salvatore vi insegna
a praticare sempre la compassione
e finchè sarete sulla terra
cercate di essere come il Padre!
Ah! Non sottoporti al giudizio
dell’Altissimo avendo tu giudicato,
o la sua collera ti distruggerà.
Perdona, così sarai anche tu perdonato;
dona, dona in questa vita;
deposita un capitale,
così un giorno
Dio te lo restituirà con abbondanti interessi;
poiché come misurate, così sarete misurati.
Nr.3 – Aria (Contralto)
Impegnati in questo tempo,
anima, a seminare generosamente,
così potrai godere del raccolto
nella fertile eternità,
dove chi ha gettato buoni semi
raccoglierà con gioia.
Nr.4 – Recitativo (Basso)
L’amor proprio si compiace di se stesso!
Cerca prima
di togliere la trave dal tuo occhio,
dopo potrai preoccuparti della pagliuzza
in quello del tuo prossimo.
Sebbene il tuo prossimo non sia perfetto,
ricorda che anche tu non sei un angelo,
correggi i tuoi difetti!
Come può un cieco guidarne un altro
sulla strada giusta e sicura?
Non cadranno, per loro disgrazia,
tutti e due in una buca?
Nr.5 – Aria (Basso)
Questa è l’arte del cristiano:
conoscere se stessi e Dio,
bruciare di vero amore
senza giudizi inopportuni,
senza condannare le azioni altrui,
senza dimenticare di trattare
il prossimo con generosità: allora avremo
la benevolenza di Dio e degli uomini,
questa è l’arte del cristiano.
Nr.6 – Corale
Ti invoco, Signore Gesù Cristo,
ti prego, ascolta la mia supplica,
assicurami la tua grazia in quest’ora,
non farmi scoraggiare;
Signore, cerco il giusto cammino
che tu saprai indicarmi,
per vivere per te,
per essere utile al mio prossimo,
per custodire la tua parola.
Traduzione Emanuele Antonacci

www.gbopera.it · J.S.Bach: Cantata “Barmherziges Herze der ewigen Liebe” BWV 185

 

Categorie: Musica corale

Milano, Teatro alla Scala: “Werther”

gbopera - Sab, 22/06/2024 - 15:09

Milano, Teatro alla Scala, Stagione 23/24
“WERTHER”
Dramma lirico in quattro atti e cinque quadri su libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann.
Musica di Jules Massenet
Werther BENJAMIN BERNHEIM
Albert JEAN-SÉBASTIEN BOU
Le Bailli ARMANDO NOGUERA
Schmidt RODOLPHE BRIAND
Johann ENRIC MARTÍNEZ-CASTIGNANI
Brühlmann PIERLUIGI D’ALOIA*
Charlotte VICTORIA KARKACHEVA
Sophie FRANCESCA PIA VITALE
Kätchen ELISA VERZIER
Les Enfants**
Fritz MAYA CAIAZZA
Max MATTEO GERMINARO
Hans THEODORE CHKAREULI
Karl ALESSANDRO DE GASPARI
Gretel ALLEGRA MAIFREDI
Clara VITTORIA MONTANO
*Allievo dell’Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala
**Allievi del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Orchestra del Teatro alla Scala
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Alain Altinoglu
Maestro del Coro di Voci Bianche Bruno Casoni
Regia e coreografia Christof Loy
Scene Johannes Leiacker
Costumi Robby Duiveman
Luci Roland Edrich
Nuova produzione Teatro alla Scala in Coproduzione con Théâtre des Champs-Élysées
Milano, 19 giugno 2024
Torna il “Werther” alla Scala in un raffinatissimo allestimento di Christof Loy. C’è un mondo borghese, protetto e solido nelle sue convinzioni e convenzioni, e c’è lo stravagante, l’eccentrico. L’attrazione, fra gli opposti, è reciproca: così è in Massenet, e non in Goethe. Se questo è il discorso registico, chiaro e affatto fuori tema, la forma che lo esprime è di raffinatissima eleganza. Al centro della scena fissa di Johannes Leiacker è la soglia, con tutto il suo corredo metaforico. Lo spettacolo si muove in una fetta piuttosto sottile del proscenio, corridoio del tipico interno borghese dai toni pastellati. Così si può meglio godere, oltre che degli eleganti e registicamente definitivi costumi di Robby Duiveman, dell’accuratissimo lavoro condotto sulla recitazione, con la complicità di tutti gli interpreti, bravissimi Enfants in testa. I protagonisti vengono mossi sulla scacchiera del parquet con precisione millimetrica, esplorando tutti gli incastri e le combinazioni possibili, intessendo con la musica un’autentica coreografia, impercettibile per l’apparente naturalezza. La corrispondenza con Werther scagliata da Charlotte ai piedi di Albert si spande sul palco a segnare la distanza fra i due: un gesto semplice, e teatralissimo. Il sentimentale e delicato protagonista è un bel guaio tenorile, essendo i suoni femminei dei vari Schipa, Tagliavini, Gigli e persino Kraus oramai lontani dal gusto d’oggi. Benjamin Bernheim lo risolve puntando, e giudiziosamente, sulla lingua: è dall’accentazione vibrante e sensibile, dal suono della lingua e delle sue consonanti soprattutto, che spicca il volo il canto di stile francese di cui l’opera è splendido esempio. Il timbro non ha bisogno d’essere favoloso, ma è ben pulito e squillante, nitido e sicurissimo in un’emissione inscalfibile ma flessibile alle necessità dell’espressione, che qui sono davvero molte. Accanto all’indiscutibile protagonista sta un cast di ottimo livello. Charlotte ha la voce morbida, piena e calda di Victoria Karkacheva. Jean-Sébastien Bou è un Albert ruvido, come dev’essere, e incisivo fraseggiatore. Francesca Pia Vitale è una Sophie semplicemente deliziosa, ottima attrice, e voce dal timbro fresco e lucido, brillante, ma corposo, denso, e morbido. Il Borgomastro è Armando Noguera, voce ben sonora e dizione esemplare. Johann e Schmidt sono Enric Martínez-Castignani e Rodolphe Briand, che mai indulgendo al ridicolo restano, sia vocalmente che scenicamente, fedeli al buon gusto. Pierluigi d’Aloia, Brühlmann, si produce in un bel cammeo di ubriaco, e trova in Elisa Verzier la sua Kätchen. Opera ad alto tasso di romanticume: il rischio di sbandamento nello stucchevole, si sa, è dietro l’angolo. Soprattutto se in gioco ci sono anche i bambini: ma non qui. Un po’ perché i fratellini, scelti fra gli Allievi del Coro di Voci Bianche della scaligera Accademia diretto dall’intramontato Bruno Casoni, cantano benissimo e recitano meglio. Un po’ perché sotto la direzione vigile ed elastica di Alain Altinoglu sono banditi slanci patetici. In buca regna una cameristica attenzione all’equilibrio fra le sezioni, con una sensibilità tutta francese per i colori. Questo Werther dimostra, e forse ce n’era proprio bisogno, che eleganza non implica noia. Foto Brescia & Amisano

Categorie: Musica corale

Tarquinia: ” Festival Paesaggi dell’Arte 2024″ dal 28 Giugno al 08 Settembre 2024

gbopera - Sab, 22/06/2024 - 12:14
Tarquinia
FESTIVAL PAESAGGI DELL’ARTE 2024
in collaborazione che PACT Parco Archeologico di Tarquinia e Cerveteri
Il programma del festival Paesaggi dell’Arte 2024, giunto alla sua quinta edizione, presenta anche quest’estate sedici eventi originali di musica, danza e teatro, ambientati in alcuni dei siti storici e archeologici più importanti del territorio di Tarquinia, realizzati dall’Amministrazione Comunale con il contributo della Regione Lazio e la collaborazione del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia. Gli spettacoli saranno presentati in luoghi di particolare interesse storico e artistico: dalle architetture medievali del Museo Archeologico Nazionale, inaugurato nel 1924 all’interno dello splendido Palazzo Vitelleschi, della Chiesa di S. Maria in Castello e del Parco delle Mura, alle tombe etrusche dipinte della Necropoli dei Monterozzi, patrimonio culturale dell’Unesco. Tutte le produzioni artistiche in programma sono state scelte allo scopo di valorizzare i siti prescelti, di promuoverne e moltiplicarne la bellezza, di poterne godere con maggiore consapevolezza. Gli eventi di quest’anno comprendono anche una serie di laboratori a carattere musicale. I primi due seminari, in collaborazione con Labyrinth Italia, si svolgeranno dal 28 al 30 giugnoCanti della diaspora sefardita d’oriente – a cura di Françoise Atlan – e Introduzione alla musica modale – a cura di Peppe Frana. A seguire, dal 3 al 7 luglio, si terrà la sesta edizione della Scuola Euterpe per la musica antica, a cura di Athena Katsanevaki e Rosa Fragorapti, con la partecipazione di John C. Franklin. Infine, dal 29 al 31 agosto, sarà la volta del seminario Singing and Silence – a cura di Markus Stockhausen. Per il primo concerto del festival, Entre la rosa et le jasmin, in programma al Museo Archeologico Nazionale (30 giugno, alle 21:30), Françoise Atlan e Peppe Frana offriranno un’affascinante esplorazione del repertorio di canzoni in lingua Ladina delle comunità sefardite presenti nei grandi centri urbani del Mediterraneo orientale e dei Balcani. Nel successivo fine settimana sono previsti due eventi musicali con visite tematiche – Musica e Miti dell’antica Grecia I e II – al Museo Archeologico Nazionale (6 luglio, alle 18:30 e alle 21:30 – 7 luglio alle 18:30) insieme ai docenti e agli allievi della Scuola Euterpe.  Al Chiostro S. Marco (13 luglio, alle 19:30), la raffinata tessitura chitarristica di Peter Finger sarà protagonista del concerto solista Acoustic Guitar Sunset. La settimana seguente, ancora una visita tematica con eventi musicali al Museo Archeologico Nazionale (20 luglio, alle 18:30 e alle 21:30) – Le Stanze del Cardinale – dove saranno proposti brani originali dell’epoca del Cardinale Vitelleschi, eseguiti da Ute Goedecke e Per Mattsson. La notte successiva, alla Necropoli dei Monterozzi (21 luglio, alle 21:30), con la luna piena, sarà di scena una visionaria performance di Paolo Angeli intitolata Cumpendiu. Nell’ultimo fine settimana di luglio sono in programma tre concerti, tutti nella piazza della Chiesa di S. Maria in CastelloMaura Guerrera e Malik Ziad presenteranno il loro progetto Spartenza (26 luglio, alle 21:30), Lili Refrain tornerà a Tarquinia per celebrare il suo Rituale Ancestrale (27 luglio, alle 21:30) e il Gabriele Coen Quintet eseguirà dal vivo i brani del progetto Sephardic Beat (28 luglio, alle 21:30). Dopo una pausa nel mese di agosto, questa edizione del festival terminerà con altri tre concerti: al Parco delle Mura (31 agosto, alle 21:30), con il trio Between Earth and Sky – formato da Markus Stockhausen, Fabio Mina e Francesco Savoretti – che proporrà una navigazione musicale tra Materia e Spirito, e nel cortile interno del Museo Archeologico Nazionale, dove sarà possibile ascoltare dal vivo la nuova produzione discografica di Prank & Giorgio Li Calzi – Touching Hands – (7 settembre, alle 21:30) e il sorprendente repertorio della violinista Anaїs Drago (8 settembre, alle 18:30) con il suo progetto solista Minotauri.  Il festival Paesaggi dell’Arte è un progetto finanziato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Tarquinia, dalla Regione Lazio, Direzione Cultura e Politiche Giovanili, ai sensi del bando per la valorizzazione del patrimonio culturale tramite lo spettacolo dal vivo, con la collaborazione del Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia. La direzione artistica è affidata al produttore e archeomusicologo Emiliano Li Castro. Informazioni e prenotazioni possono essere richieste all’InfoPoint di Tarquinia (Barriera San Giusto), tel. 0766-849282 o inviando mail all’indirizzo turismotarquinia@gmail.com 
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Estate Romana 2024: ” Melodie in Villa” ogni domenica dal 16 giugno al 28 luglio 2024

gbopera - Sab, 22/06/2024 - 11:41

Festa della Musica 2024
MELODIE IN VILLA
a cura di Zètema Progetto Cultura e dell’associazione Enarchè
Dalle musiche del Settecento, alle arie d’opera ottocentesche con uno sguardo alle melodie degli albori del Novecento, passando per il cantautorato italiano fino alle sonorità della musica etnica. In occasione della Festa della Musica 2024, prende il via Melodie in Villa, progetto promosso, nel quadro della programmazione dell’Estate Romana 2024, dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dal Dipartimento Attività Culturali, a cura di Zètema Progetto Cultura e dell’associazione Enarchè. Dal 16 giugno e fino al 28 luglioMelodie in Villa proporrà dieci concerti a ingresso libero e gratuito, portando in altrettante ville e parchi della città un cartellone di spettacoli per tutte e tutti pensato, in particolare, per un pubblico che non sempre ha l’occasione di assistere a concerti.  La musica esce dunque dai suoi luoghi tradizionali e a esibirsi tra i viali e gli alberi di alcune delle più belle ville romane saranno sia musicisti professionisti sia giovani strumentisti, i quali coinvolgeranno gli spettatori con il proprio talento per diffondere la loro passione per questa forma d’arte immortale, nel pieno spirito della Festa Europea della Musica. Nel corso di ogni appuntamento, sono previsti anche degli interventi per guidare gli ascoltatori nella scoperta e nella comprensione dei brani che verranno eseguiti. Il programma ha preso il via domenica 16 giugno alle ore 11 a Villa Borghese (via Pietro Raimondi fronte civico 2) con il concerto Sinfonia nel Parco a cura di Orchestra Papillon, formazione sinfonica di giovani musicisti dai 10 ai 30 anni, alcuni dei quali anche membri della JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. In replica alle ore 17 a Villa Gordiani (via Olevano Romano fronte civico 81). Gli altri spettacoli sono previsti nelle domeniche successive: Il 23 giugno sarà la volta del concerto Musica da camera a cura di Trio Aeterna in calendario alle ore 11 a Villa Torlonia (via L. Spallanzani 1A) e in replica alle ore 17 a Villa Glori (piazzale del Parco della Rimembranza); Il 30 giugno Villa Pamphilij (ingresso da via Vitellia 102) vedrà esibirsi alle ore 11 I Giovani Filarmonici Pontini nel concerto Musiche dei cantautori italiani. Alle ore 17 appuntamento a Villa Lazzaroni (via Appia Nuova 522) per Autori romani nel mondo a cura del Quartetto Pessoa, in replica il 7 luglio alle ore 11 Villa Bonelli (via Camillo Montalcini 1); Ci si sposta a Villa Fiorelli (piazza Fiorelli) il 14 luglio alle ore 11 per il concerto di Musica etnica proposta dalla Babel Orchestra. Sarà con vista Colosseo lo spettacolo del 21 luglio alle ore 11 che vedrà esibirsi, al Parco di Colle Oppio (ingresso da via delle Terme di Tito fronte civico 72), gli Amorklab in un concerto di Musica balcanica che chiuderà la kermesse con la replica del 28 luglio alle ore 11 a Villa Carpegna (piazza di villa Carpegna). “Melodie in Villa è un progetto molto interessante che si inquadra nella nostra politica di promozione dell’accesso di tutti all’ascolto e alla pratica della musica – ha dichiarato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor – Con questa iniziativa la musica esce dalle sale da concerto per trovare casa in parchi e ville dove i musicisti delizieranno il pubblico coinvolgendolo nelle proprie esibizioni. La serie di concerti che avranno luogo in alcune delle zone verdi più belle della Capitale sarà senz’altro uno degli elementi caratterizzanti della nostra Estate Romana 2024”, ha concluso.

Categorie: Musica corale

Sandrine Piau – David Kadouch: “Voyages intime”

gbopera - Sab, 22/06/2024 - 10:19

Franz Liszt “Der fischerknabe” (“Lieder aus Schiller” S.292); Hugo Wolf: “Auf ein altes bild”, “Begegnung”, “Verborgenheit” (“Mörike lieder”); Franz Schubert: “So laßt mich scheinen”, “Heiß mich nicht reden” (“Gesänge aus Wilhelm Meister” D. 877); Clara Schumann: “Sie liebten sich beide”, “Lorelei”, (“Sechs Lieder”), “Scherzo n. 2 op. 14”; Franz Schubert: “Erlkönig” D.328; “Der Tod und das Mädchen” D.531, “Kennst du das land” D.321; Henry Duparc: “L’invitation ou voyage”, “La vie antérieure”; Lili Boulanger: “Si tout ceci n’est qu’un pauvre rêve” (“Clairières dans le ciel”); Claude Debussy: “Reguillement” (“Cinques poèmes de Baudelaire”); Lili Boulanger: “Vous m’avez regardé”, (“Clairières dans le ciel”), “Cortège”; Claude Debussy: “Le jet d’eau”, La mort des amants” (“Cinques poèmes de Baudelaire”); Franz Liszt: “Comment, disaient-ils” S.276. Sandrine Piau (soprano), David Kadouch (pianoforte). Registrazione: Teldex Studio Berlin settembre 2022. 1 CD Alpha 911
Sandrine Piau è un soprano affermato ormai da molti anni con un repertorio che spazia dal prediletto barocco ai grandi titoli della tradizione lirica. Arriva ora – per il sempre stimolante catalogo Alfa – una nuova registrazione dedicata al repertorio cameristico francese e tedesco. La Piau è affiancata per l’occasione dal raffinato pianismo di David Kadouch non semplice accompagnatore ma autentico coprotagonista della registrazione.
Il programma diviso in due parti nettamente distinte – la prima dedicata ai lieder tedeschi, la seconda alle mélodies francesi – ruota attorno ad alcuni temi comuni che il programma sviluppa nelle sue varie declinazioni: Il viaggio come desiderio di fuga dalla realtà, viaggio verso un altrove prima spirituale che fisico, la persistenza del desiderio, l’imprescindibilità del destino di morte che su tutti aleggia implacabile.
Il programma si apre con “Der Fischerknabe” di Liszt che riassume perfettamente i caratteri del recital sia sul piano esecutivo con il sempre impegnativo pianismo lisztiano esaltato dal talento di Kadouch cui si affianca il canto purissimo e impeccabile della Piau – i lunghi anni di carriera non sembrano aver lasciato tracce significative sul materiale vocale – che mostra una dizione tedesca impeccabile e chiarissima sia su quello tematico con il comparire del tema  della morta rapitrice implacabile.
I titoli tedeschi proposti sono piuttosto noti ma alcuni meritano qualche parola. Si apprezza la scelta di proporre integralmente i quattro lieder di Schubert sulle canzoni di Mignon da “Wilhelm Meisters Lehrjahre” di Goethe – il quarto “Langsam” è inserito in appendice ma si può comunque scegliere di ascoltarli di seguito. Una particolare attenzione merita “Kennst du das Land” brano notissimo ma di cui viene data un’esecuzione particolarmente riuscita. La ritmica pianistica di Kadouch crea un clima febbrile, un bisogno pulsante e irrefrenabile mentre la luminosa voce della Piau ha tutta la purezza fanciullesca di Mignon.

Tra i brani di Schubert colpisce per qualità interpretativa “Der Tod und das Mädchen” dove la Piau è semplicemente straordinaria nella capacità di diversificazione delle voci trovando una voce gelida, sbiancata, autenticamente spettrale nelle frasi della morte oltre a mostrare una sicurezza nel settore grave che non le conoscevamo. Urgenza espressiva e senso teatrale si ritrovano anche in “Erlkönig” solitamente affrontato da voci maschili e qui interpretato con finezza e senso teatrale.
Particolarmente interessante ascoltare subito di seguito “Lorelei” di Clara Schumann in cui appaiono palesi le influenze dello Schubert più drammatico su alcuni lavori della compositrice.
La scelta di chiudere la prima parte con “Kennst du das Land” trova piena ragione d’essere a confronto con il brano di apertura della sezione francese “L’Invitation au voyage” di Duparc su testo di Baudelaire accomunati dal desiderio di fuga verso una realtà altra, verso quel sogno di “Luxe, calme et volupté” del testo francese che il raffinato decadentismo della scrittura musicale esalta alle perfezioni. Atmosfere oniriche e sfuggenti anche per la successiva “La vie antérieure” sui versi forse più esotici e preziosi di Baudelaire e in cui la voce della Piau si muove con serica iridescenza. La parte più consistente della sezione femminile è divisa tra Claude Debussy e Lili Boulanger. I cicli proposti “Cinq poèmes de Baudelaire” per Debussy e “Clairières dans le ciel” su testi di Francis Jammes per la Boulanger non sono completi e soprattutto il ciclo di quest’ultima – di ascolto assai raro ma di apprezzabile qualità – avrebbe meritato un’esecuzione completa. La Boulanger mostra infatti notevole originalità e personalità mentre alcuni dei brani di Debussy – primo fra tutti “Recuillement” – appaiono assai più convenzionali.
Ancora Liszt – questa volta in francese – con “Comment, disaient-ils” su testo di Victor Hugo che chiude con uno squarcio di serenità un programma intenso e profondo. I brani cantati sono affiancati da due composizioni per pianoforte solo chiamate ad evidenziare i meriti di Kadouch, si tratta dell’impetuoso e trascinante “Secondo scherzo” di Clara Schumann e del distaccato e sorridente “Le cortège” della Boulanger.

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Roma, Parco Archeologico del Colosseo: “Spettacoli nell’Arena del Colosseo. I protagonisti”

gbopera - Ven, 21/06/2024 - 09:53

Roma, Parco archeologico del Colosseo
SPETTACOLI NELL’ARENA DEL COLOSSEO. I PROTAGONISTI
a cura di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro
In arrivo una nuova esposizione nei sotterranei, una miscellanea di studi, un accordo di collaborazione scientifica per la conoscenza e la promozione della disciplina della gladiatura e la grande mostra internazionale a Quebec city (Canada)
Dopo il successo della mostra temporanea “Gladiatori nell’arena. Tra Colosseo e Ludus Magnus“, un rinnovato allestimento sarà aperto al pubblico nei sotterranei dell’Anfiteatro Flavio di Roma il prossimo 21 giugno con la curatela di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro. La nuova esposizione Spettacoli nell’Arena del Colosseo. I protagonisti a cura di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro, mantiene inalterati i suoi punti di forza, ovvero la suggestiva proiezione olografica con i gladiatori che avanzano dal buio del criptoportico orientale andando incontro al loro destino sull’arena (realizzata da Katatexilux su idea e curatela di Federica Rinaldi), assieme alle ricostruzioni delle armature del compianto Silvano Mattesini riprodotte a partire dagli originali conservati nei principali musei italiani e internazionali. Il nuovo titolo intende da subito segnalare l’intenzione del carattere permanente della esposizione che si configura come il primo lotto di un più ampio progetto espositivo programmato dal Parco archeologico del Colosseo che coinvolge da subito i protagonisti, ovvero i gladiatori ma anche gli animali impegnati nelle spettacoli venatori che si tenevano il mattino, e che nei prossimi mesi si amplierà ad approfondire gli aspetti legati agli spettatori o, in termini più ampi, le testimonianze materiali provenienti dalle ricerche archeologiche condotte negli ultimi due anni all’interno del Colosseo. La sezione dedicata ai protagonisti approfondisce il più ampio contesto degli spettacoli che si svolgevano sul piano dell’arena nel corso degli spettacoli offerti al popolo romano dall’imperatore: sono così proposti nuovi contenuti, quali il tema delle cacce (o venationes) mattutine, la complessa condizione giuridica del gladiatore nell’ambito del diritto romano, fino ad arrivare ad un aggiornamento dell’architettura della macchina dello spettacolo con i sistemi di sollevamento di uomini e animali, veri apparati tecnologici ante litteram. Contribuiscono a questo racconto alcuni pezzi della collezione del PArCo, quali il mosaico con scena di caccia definitivamente posizionato negli ipogei, le lucerne con scena di grazia (o missio), i modelli di montacarichi (da settembre aggiornati con nuovi mock-up e disegni realizzati dall’Istituto Archeologico Germanico di Roma) ma soprattutto lo straordinario rilievo proveniente dall’isola di Coo e generosamente prestato dal Comune di Trieste – Museo d’Antichità J.J. Winckelmann: un Reziario e un Secutor si contendono la vittoria. L’iscrizione, in greco, li identifica in Kritos e Mariskos e dichiara che Kritos è stato definitivamente liberato dalla caserma e quindi ha riconquistato la sua originaria condizione giuridica, qualunque essa fosse, sciogliendosi – con ogni probabilità – dal vincolo contrattuale dell’auctoramentum, il sacramento alla divinità con cui il gladiatore accettava di rischiare la propria vita scendendo nell’arena e combattendo fino al giudizio del popolo. Temi questi che sono tutti trattati in una nuova miscellanea di studi e ricerche dal titolo Uri vinciri verbaerari ferroque necari. Studi e ricerche sul mondo dei gladiatori a cura di Alfonsina Russo e Federica Rinaldi edita da Gangemi che raccoglie il ciclo di conferenze tenutesi in Curia Iulia tra settembre 2023 e gennaio 2024 e che diventa la guida scientifica dell’esposizione permanente negli ipogei del Colosseo. Un volume che tratta diversi argomenti, quali il tema delle arene con e senza apparati scenici ipogei (Heinz Beste e Cinzia Vismara) con una panoramica sulle ultime ricerche sulla principale Caserma dei gladiatori, il Ludus Magnus (Simonetta Serra), il tema del diritto e della condizione giuridica dei gladiatori con un fondamentale approfondimento sull’auctoramentum (Claudio Togna), le testimonianze ricavabili dalle fonti letterarie, archeologiche ed epigrafiche (Silvia Orlandi), il mondo delle immagini nel repertorio antico (Massimiliano Papini) e nel contemporaneo (Steve Della Casa), fino al più provocante tema del rapporto tra donne e arene (Gianluca Gregori) molto diffuso nelle fonti letterarie, più evanescente nel contesto della cultura materiale. Ma l’importanza di un racconto su rigorose basi scientifiche, che sia in grado di raggiungere pubblici anche diversi, trasformando il pubblico da spettatore ad attore e protagonista, è l’obiettivo e la missione del PArCo che, in questo ambito, ha proposto alle Associazioni Ars Dimicandi di Dario Battaglia e Gruppo Stroico Romano di Sergio Iacomoni la firma di un accordo di collaborazione scientifica per la progettazione e realizzazione di un percorso di divulgazione storica sul tema della disciplina della gladiatura. L’accordo, firmato il 20 giugno presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati alla presenza del Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati Federico Mollicone, primo firmatario della legge sulla rievocazione storica, si pone l’obiettivo di unire competenze diverse per ricostruire, mediante tecniche di archeologia sperimentale e processi investigativi storico-scientifici, la disciplina della gladiatura.  Dopo il successo della rievocazione storica tenutasi nell’area di rispetto del Colosseo lo scorso ottobre 2023, l’accordo che ha un orizzonte temporale di almeno 3 anni contribuirà alla conoscenza e promozione della disciplina della gladiatura a livello nazionale e internazionale, attraverso la realizzazione di eventi itineranti (lezioni teatralizzate, workshop, laboratori didattici) che si sposteranno nelle diverse arene degli anfiteatri romani in Italia e all’estero,  raggiungendo l’obiettivo di rappresentare un appuntamento fisso e annuale per scoprire e conoscere le tecniche di combattimento dei gladiatori.  Il 21 giugno è anche il giorno in cui si apre la mostra Gladiators. Heroes of the Colosseum, la grande mostra internazionale organizzata da Contemporanea Progetti che vede la presenza del Parco archeologico del Colosseo nel comitato scientifico. Il Colosseo, menzionato nel titolo stesso della mostra, è il protagonista di un lungo racconto che si snoda dalle origini dei munera gladiatoria, al focus sui gladiatori, agli approfondimenti architettonici sugli anfiteatri fino ad arrivare al racconto di una giornata in Arena. Molti i reperti prestati dal Colosseo che al loro rientro in autunno andranno a completare il percorso espositivo negli ipogei. La visita : L’esposizione è visitabile tutti i giorni in orario diurno con il biglietto Full Experience Arena e Sotterranei. Per info e biglietti: www.colosseo.it

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