Roma, Teatro dell’Opera, Caracalla Festival 2023
RIGOLETTO
Musica Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma Le Roi s’amuse di Victor Hugo
DIRETTORE: Riccardo Frizza
REGIA: Damiano Michieletto
Ritorna il capolavoro verdiano, Rigoletto, proposto dal 3 al 10 agosto nell’allestimento firmato da Damiano Michieletto che lo ambienta in un immaginario mondo criminale. Creato per l’Opera di Roma, è andato in scena nell’estate del 2020 al Circo Massimo, dopo i mesi di chiusura dei teatri a causa della pandemia. Il regista veneto ripensa ora il suo progetto per un diverso spazio all’aperto, quello di Caracalla. Sul podio sale Riccardo Frizza, mentre interpreti principali sono Roberto Frontali, già Rigoletto nel 2020 al Circo Massimo, Zuzana Marková (Gilda), Piero Pretti (Duca di Mantova), oltre a Martina Belli e Riccardo Zanellato che tornano come nel 2020 rispettivamente nei panni di Maddalena e di Sparafucile. Qui per tutte le informazioni.
Gli animali della Divina Commedia. Un progetto per voce sola di Laura Catrani. Musica di Fabrizio De Rossi Re, Matteo Franceschini ed Alessandro Solbiati. Laura Catrani (soprano). Registrazione: 2 – 3 agosto 2021 presso Chiesa di San Giuseppe ai Piani, Bolzano. T. Time: 59′ 39″. 1CD Stradivarius STR37207
Concepito per celebrare Dante in occasione dei settecento anni dalla sua morte, Vox in bestia è un album progettato da Laura Catrani, soprano specializzato nel canto per voce sola, sin da quando giovane studentessa al Conservatorio di Milano ha affrontato Sequenza III di Luciano Berio. Come raccontato dalla stessa Laura Catrani nel Booklet, l’idea di questo progetto è nata nel 2020, quando, in piena pandemia, l’artista, imbattutasi “nell’universo degli animali fantastici e dei bestiari medievali”, dopo essersi interrogata “sull’anniversario di Dante, ormai molto vicino”, ha deciso “di dare vita ad un vero e proprio bestiario dantesco, una sorta di ricognizione sugli animali reali e fantastici della Commedia, visti e percepiti attraverso il prisma della sua voce”.
La parte musicale è stata affidata dalla stessa Catrami ai compositori Fabrizio De Rossi Re, Matteo Franceschini e Alessandro Solbiati, ai quali ha chiesto di comporre cinque brevi brani per voce sola ispirandosi alle terzine dantesche che parlano degli animali. Fabrizio De Rossi Re si è occupato, in particolare, dei passi dell’Inferno, mentre Matteo Franceschini e Alessandro Solbiati rispettivamente di quelli del Purgatorio e del Paradiso, dando ciascuno di loro una visione originale delle bestie dei tre mondi. Se la musica di De Rossi Re si traduce, come affermato dal compositore sempre nel Booklet, quasi in un “percorso grottesco, irriverente e disperatamente divertente”, grazie all’introduzione di citazioni di brani di diversi generi musicali da Offenbach alla canzone italiana di fine Ottocento passando anche per il jazz, quella di Matteo Franceschini, che ha raccolto i suggerimenti offerti dagli stessi animali, dà particolare “risalto alla dimensione penitenziale”. Infine Alessandro Solbiati, facendo ricorso a tutti gli effetti che la voce umana può creare ed evitando facili e banali onomatopee, ha conferito ai suoi Animalia una dimensione simbolica. Il risultato è uno “spettacolo” nel quale la recitazione si mescola al canto che interpreta e integra i versi danteschi. “Cuciti” sulla vocalità di Laura Catrani, questi brani sono interpretati con grande cura dell’intonazione, degli effetti richiesti e delle dinamiche dal soprano che mostra anche ottime doti attoriali nella recitazione delle terzine dantesche. Molto bella è la sua interpretazione dell’Agnel del Purgatorio, concepito da Franceschini come una preghiera a “due voci”, in cui la Catrani riesce a sdoppiare la sua voce creando dei riflessi tra suoni gravi e acuti.
Lugano (CH), Auditorium del Conservatorio della Svizzera Italiana, XXVII Festival Ticino Musica
“IL MATRIMONIO SEGRETO”
Dramma giocoso di Giovanni Bertati
Musica di Domenico Cimarosa
Carolina ANASTASIA TERRANOVA
Paolino BRAYAN AVILA MARTINEZ
Elisetta MARIAM-LINA TSIKLAURI
Fidalma SAYUMI KANEKO
Geronimo ALFONSO MICHELE CIULLA
Conte Robinson BRYAN SALA
Ensemble Strumentale Ticino Musica
Direttrice Camilla Rossetti
Maestro al Fortepiano Francesco Manessi
Regia, Scene e Costumi Daniele Piscopo
Luci Erez Abramovich
Nuova produzione Festival Ticino Musica
Lugano, 18 luglio 2023
All’interno del ricco Festival Ticino Musica, giunto alla sua ventisettesima edizione, l’Opera Studio Internazionale “Silvio Varviso” può considerarsi un motivo di orgoglio: il maestro Umberto Finazzi, infatti, che ne è da anni direttore, seleziona sempre voci giovani ma di un certo spessore, artisti consapevoli di una solida formazione pregressa, in grado di regalarci ogni anno esibizioni degne dei più magniloquenti palcoscenici. Quest’anno, inoltre, il progetto si amplia con una replica in più e si impreziosisce di una scelta meno scontata dei precedenti Rossini buffi: “Il matrimonio segreto” di Domenico Cimarosa è infatti l’opera prodotta in quest’edizione, una scelta sempre leggera ma più di nicchia, quasi si sia voluto andare alla radice di quel “dramma giocoso” che proprio da Paisiello e Cimarosa (oltre che Mozart) prenderà l’avvio e influenzerà i grandi del belcanto. A dirigere la giovane orchestra e l’apparato scenico sono gli stessi giovani maestri dell’anno passato – la direttrice d’orchestra italo-lussemburghese Camilla Rossetti e il regista e scenografo Daniele Piscopo – che riconfermano le loro precipue capacità: la direzione della Rossetti è degna di plauso, soprattutto per riuscire a tenere insieme orchestra e solisti nonostante un impianto scenico assolutamente non convenzionale; il piccolo ensemble, peraltro, non fa sentire la mancanza di una compagine musicale più numerosa, grazie anche al precisissimo e vivace sostegno al fortepiano del maestro Francesco Manessi. Daniele Piscopo si riconferma a suo agio con le dimensioni raccolte, che questa volta stravolge: il pubblico è sul palco dell’Auditorium e ai lati della sala, dominata, al centro da una scena quadrangolare all’altezza degli spettatori; l’ambientazione è contemporanea, ma senza abbandonare una dimensione assolutamente surreale, in cui quattro piccoli spazi del primo atto si fondono in un giardino nel secondo. Anche il trattamento dei personaggi è ricollegabile alla commedia contemporanea, strizza l’occhio a estetiche satiriche e pop – Geronimo ed Elisetta, padre e figlia volgari e appariscenti, che si muovono tra piogge di banconote, paillette, plastiche fluo; Fidalma zia cougar e alcolizzata; Robinson radical chic in completo di lino; gli unici “normali” sono i protagonisti innamorati, Carolina e Paolino, l’una in toni pastello e l’altro per lo più nelle sue vesti da giardiniere. Le dinamiche sono rutilanti e non consentono allo spettatore un attimo di requie – piccolo colpo di genio: in una serata torrida, ecco i personaggi passare larga parte del primo atto a “spararsi” acqua con spruzzini colorati, per la gioia dei cantanti come del pubblico a loro prossimo. C’è, nella regia di Piscopo, sempre un certo gusto per l’accumulazione – di oggetti, di movimenti, di espressioni – del tutto funzionale alla pochade, alla costruzione comica, capace di viaggiare sul sottilissimo limite tra l’esagerato e il troppo e di garantire piena e godibile fruibilità da parte dello spettatore. Anche il cast si attesta su un livello generale molto alto: se la Carolina di Anastasia Terranova è caratterizzata da una vocalità cristallina ben proiettata, con un bel fraseggio, forse un po’ stereotipata nella resa scenica, senz’altro le ruba la scena la “frenetica” Elisetta del soprano georgiano Mariam-Lina Tsiklauri, con registro acuto adamantino, centri corposi, ma soprattutto scenicamente instancabile; la Tsiklauri si mette in mostra anche per una morbidezza tecnica tanto apprezzabile quanto il nerbo e la versatilità della sua vocalità; conclude il terzetto femminile il mezzosoprano giapponese Sayumi Kaneko, anch’ella che sfoggia un interessantissimo colore brunito e una vocalità omogenea in tutta la gamma, unita a una prova scenica molto disinvolta. Il trio maschile vede in Brayan Avila Martinez un Paolino dalla voce chiara ma nel contempo capace di piegare il canto a un’espressività sempre accurata; Bryan Sala (Conte Robinson) è un giovane baritono di indiscutibili doti vocali: colore lirico, tecnica solida che si esprime in un bell’uso del canto d’agilità e a una linea pregevole linea di canto; sul piano espressivo però ci è parso un po’ compassato, privo di un effettivo coinvolgimento. Alfonso Michele Ciulla, al contrario è invece un Geronimo con la tendenza a strafare, coinvolto com’è dai divertimenti scenici; sul piano vocale, però, sa rivelare una vocalità sana, omogenea e naturale. A questa compagnia di canto si alternerà un’altra, sempre scelta tramite l’Opera Studio, nelle repliche che nelle prossime due settimane avranno luogo a Lugano o in angoli suggestivi del Canton Ticino: ci piacerebbe, tuttavia, che queste produzioni fresche e di qualità valicassero anche i confini nostrani, per venire apprezzate da un pubblico più ampio e francamente meno periferico.
Roma, Parco Archeologico del Colosseo
GLADIATORI NELL’ARENA. TRA COLOSSEO E LUDUS MAGNUS
Curatela di: Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Barbara Nazzaro e Silvano Mattesini
“Il popolo romano, incompetente estimatore del merito letterario, preferiva la pantomima ai drammi, le azioni alle parole, le lotte sanguinose dei gladiatori e delle fiere alle gare delicate dell’ingegno.“ (Giuseppe Arnaud)
L’evento espositivo “Gladiatori nell’Arena. Tra Colosseo e Ludus Magnus” riporta in vita l’epoca dei gladiatori romani, avvolgendo i visitatori nell’atmosfera dei profondi sotterranei dell’Anfiteatro Flavio. Questa esperienza unica, disponibile dal 21 luglio 2023 al 7 gennaio 2024, è curata dai responsabili del Parco Archeologico del Colosseo, tra cui Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Barbara Nazzaro e Silvano Mattesini. Sebbene il termine “gladiatori” possa portare automaticamente la nostra mente alla grandezza dell’antica Roma, è essenziale notare che questa tradizione di combattimento si estende ben oltre i confini dell’Impero Romano. Molte culture prima di Roma, tra cui egizi, indiani, cinesi e greci, avevano radicato l’arte del combattimento nelle loro società come forma di intrattenimento o dimostrazione di forza. L’anfiteatro polveroso, il fervente clamore della folla e l’imperatore onnipotente con il suo fatale gesto del pollice verso: tutte queste immagini vivide associate ai gladiatori riflettono solo una parte della loro influenza globale e del loro significato storico. I combattimenti dei gladiatori, che risalgono a migliaia di anni fa, sono stati parte integrante di molte civiltà, a testimonianza del nostro fascino duraturo per lo spettacolo e il valore insito in queste battaglie tra la vita e la morte. La tradizione dei gladiatori, i feroci e valorosi guerrieri del Colosseo, può quindi essere fatta risalire a questi tempi antichi. I Romani, noti per il loro occhio attento ad adottare e migliorare le pratiche di altre culture, videro il potenziale di questa forma d’arte conflittuale dei loro predecessori etruschi. Presero la passione primordiale della lotta, la combinarono con il loro senso di grandezza e spettacolarità e la re-immaginarono in una forma di intrattenimento in grado di affascinare le masse, dando vita ai gladiatori. Non si trattava di semplici lottatori, ma di simboli di coraggio e prestanza fisica che ogni cittadino romano ammirava. I giochi gladiatori divennero una pietra miliare della cultura romana, uno spettacolo che aveva lo scopo di ostentare il proprio potere e di intrattenere la popolazione. L’evoluzione delle carriere gladiatorie, una volta liberate dalle loro radici funerarie, ha preso una traiettoria affascinante. I gladiatori, inizialmente associati alla solennità dei riti funebri, divennero un simbolo di grandezza e spettacolarità. L’imperatore Augusto, prendendo spunto da Giulio Cesare, trasformò queste cerimonie in grandiose manifestazioni di potere e munificenza. Lo spettacolo dei gladiatori che si sfidavano nell’arena non era solo un gioco o uno spettacolo di intrattenimento per le masse, ma un’esibizione deliberata della potenza e dell’autorità imperiale. Ogni combattimento era intricatamente coreografato, ogni mossa era studiata per tenere il pubblico incollato, ogni vittoria era una testimonianza della forza dell’impero. I gladiatori stessi divennero delle vere e proprie celebrità: le loro abilità erano ammirate, il loro coraggio lodato, i loro nomi incisi negli annali della storia. Così, la trasformazione degli spettacoli gladiatori da cerimonie funebri a sport pubblico segnò un capitolo importante nella progressione della società romana. I gladiatori, inizialmente prigionieri e schiavi, diventarono protagonisti di uno spettacolo di massa, spingendo anche uomini liberi a cedersi alle scuole di addestramento per guadagnare fama o sottrarsi alla miseria. La gloria dei vittoriosi prometteva successo, popolarità, l’ammirazione delle donne patrizie e premi in denaro. Dopo dieci vittorie, uno schiavo poteva aspirare alla libertà, con la possibilità di continuare a combattere o divenire istruttore. Le scuole gladiatorie, oltre a fornire formazione nelle tecniche di combattimento, offrivano nutrizione adeguata e alloggio. Il Ludus Magnus, situato ad est del Colosseo, era all’epoca il cuore dell’addestramento dei gladiatori. Questa palestra, commissionata dall’Imperatore Domiziano, rimane in gran parte inesplorata, sommersa sotto le vie della moderna Roma. Nonostante ciò, gli scavi del XX secolo hanno rivelato i resti della caserma, inghiottiti dall’edilizia contemporanea. L’aspetto più intrigante del Ludus Magnus era il suo passaggio sotterraneo verso il Colosseo, che permetteva ai gladiatori di muoversi indisturbati tra i due edifici. Questo legame, interrotto nel XIX secolo dalla costruzione di un sistema fognario, viene ora rievocato grazie a una proiezione multimediale all’avanguardia. Questa iniziativa del Parco Archeologico del Colosseo “demolisce” virtualmente il muro che interrompeva il collegamento, offrendo ai visitatori un’immagine unificata dell’area archeologica contemporanea e la possibilità di assistere all’andirivieni dei gladiatori lungo l’antico criptoportico. Il raffinato allestimento, un percorso tortuoso attraverso le camere sotterranee degli ipogei, è un sapiente connubio di storia e artigianato. Realizzato con il contributo del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e delle collezioni del Parco Archeologico del Colosseo, comprende un totale di 12 opere di epoca romana. Questi pezzi sono abbinati con gusto a repliche di armature romane meticolosamente lavorate, realizzate dal Maestro Silvano Mattesini con le antiche tecniche di sbalzo e fusione. Come un’ode alla grandezza di un’epoca passata, la mostra si svolge negli incantevoli sotterranei del Colosseo. Ogni angolo di questa iconica struttura è stato immerso in luci straordinarie, che trasformano manufatti ordinari in poesia visiva, esaltandone lo splendore e conferendo loro una dimensione completamente nuova. L’esperienza immersiva di assaporare la manifestazione della storia attraverso questi reperti è affascinante. È innegabile che esista un fascino unico nell’osservare i cimeli archeologici rispetto alle semplici belle riproduzioni. La loro autenticità, il loro legame con il passato, hanno un fascino ineffabile che scatena ondate di fantasticheria tra gli spettatori. Ma è altrettanto vero che la facilità di visione offerta da questa mostra, con le sue illuminazioni meticolosamente disposte e i suoi spazi ben pianificati, amplifica questo fascino in modo molteplice. L’impatto è così forte da trasportare indietro nel tempo, rendendo questa mostra un evento davvero unico. Qui per tutte le informazioni.
Per questa Domenica, sono giunte a noi sei Cantate bachiane. La più “antica” in ordine cronologico è quella che porta il numero 186, Ärgre dich, o Seele, nicht (Non scandalizzarti, anima mia) scritta nel 1716 a Weimar, ma giunta a noi in una elaborazione successiva per Lipsia, dove venne eseguita la prima volta l’11 luglio 1723 per poi avere un’altra ripresa attorno al 1746. Il testo della Cantata ad opera di Solomo Franck e di Paul Speratus trae ispirazione da San Paolo (Lettera ai romani ) ma soprattutto dal Vangelo secondo Marco (cap.8, vers.1-8): “In que’ giorni, essendo di nuovo la folla grandissima, e non avendo ella da mangiare, Gesù, chiamati a sé i discepoli, disse loro:Io ho pietà di questa moltitudine; poiché già da tre giorni sta con me e non ha da mangiare. E se li rimando a casa digiuni, verranno meno per via; e ve n’hanno alcuni che son venuti da lontano.E i suoi discepoli gli risposero: Come si potrebbe mai saziarli di pane qui, in un deserto? Ed egli domandò loro: Quanti pani avete? Essi dissero: Sette.Ed egli ordinò alla folla di accomodarsi per terra; e presi i sette pani, dopo aver rese grazie, li spezzò e diede ai discepoli perché li ponessero dinanzi alla folla; ed essi li posero.Avevano anche alcuni pochi pescetti; ed egli, fatta la benedizione, comandò di porre anche quelli dinanzi a loro. E mangiarono e furon saziati; e de’ pezzi avanzati si levarono sette panieri.Or erano circa quattromila persone. Poi Gesù li licenziò…”
L’elemento del cibo celeste è ben presente in questa cantata che, forse non spicca per grande inventiva musicale, si può parlare di “routine di lusso”.Negli undici numeri che la compongono, suddivisi in due parti, di sicuro spiccano i Cori, già a partire dal nr.1 che aprono e chiudoni la prima parte della partitura. I numeri solistici (tutte arie bipartite) appaiono più pregevolemente convenzionali, pur introdotti da recitativi che come spesso accade in Bach sfociano in “ariosi” di grande espressività ublime. Nella prima parte si nota l’aria del tenore (nr.3) con la bella frase strumentale solistica affidata all’oboei. Nella seconda parte, si mette in luce l’aria del soprano (nr.8) con una linea di canto che esprime perfettamente lo spirito compassionevole del testo. l’aria-duetto (nr.10) con un movimento di apertura, un ritornello con l’oboe, dai toni un po’ cupi come si addice allo stato d’animo del testo. La cantata si conclude con un Corale dall’impostazione simile a quella che chiudeva la prima parte della Cantata.
Parte Prima
Nr.1 – Coro
Non scandalizzarti, anima mia,
se l’altissima luce,
l’immagine e lo splendore di Dio,
si nasconde sotto la forma di un servo,
non scandalizzarti, anima mia
Nr.2 – Recitativo (Basso)
L’essere servo, la sofferenza, l’imperfezione
riguarda non solo le membra di Cristo
ma anche il Capo diviene povero e miserabile.
Non sono la ricchezza e l’abbondanza
le esche di Satana
che bisogna evitare con cura?
Se al contrario il tuo fardello
ti sembra troppo pesante da portare,
se la povertà ti affligge,
se la fame ti divora
e sei prossimo alla disperazione
allora non stai pensando a Gesù, tua salvezza.
Se, come questa gente, non hai da mangiare,
allora ti lamenti: ah Signore, per quanto tempo mi abbandonerai?
Nr.3 – Aria (Basso)
Sei tu che verrai in mio aiuto,
che accorrerai per essere al mio fianco?
La mia mente è piena di dubbi,
forse disdegni le mie implorazioni;
eppure non dubitare, anima,
non lasciarti ingannare dalla ragione.
Il tuo Salvatore, la luce di Giacobbe,
è visibile nelle scritture.
Nr.4 – Recitativo (Tenore)
Ah, un cristiano che si preoccupa
tanto del suo corpo!
Che cos’è, dopo tutto?
Un oggetto della terra
che alla terra dovrà di nuovo tornare,
un vestito solamente prestato.
Se scegliesse la parte migliore
allora la sua speranza non sarebbe delusa:
la salvezza dell’anima
che dipende da Gesù.
Felice colui che comprende nelle scritture
come per mezzo dei suoi insegnamenti
egli invia una manna spirituale
a tutti quelli che lo ascoltano!
Invece della misera che corrode e divora il tuo
cuore, guarda e sperimenta l’amicizia di Gesù.
Nr.5 – Aria (Tenore)
Il mio Salvatore si rivela
nelle sue opere di misericordia.
Quando si manifesta con potenza
per istruire gli spiriti deboli,
per nutrire i corpi affaticati,
allora soddisfa l’anima ed il corpo.
Nr.6 – Corale
Anche se sembra assente,
non aver paura;
quando è più insieme a noi,
tanto più non si manifesta.
Considera certa la sua parola
e se il tuo cuore sa dire solo no,
non disperare.
Parte Seconda
Nr.7 – Recitativo (Basso)
Il mondo è una vasta terra selvaggia;
il cielo diventerà bronzo, la terra acciaio
quando i cristiani capiranno per fede che
la Parola di Cristo è la loro più grande ricchezza;
l’abbondanza del cibo
sembra mancare loro,
lamentano una costante penuria,
per cui il mondo li attrae ancora di più;
ma alla fine la Parola del Salvatore,
il tesoro più grande,
troverà posto nei loro cuori:
sì, egli ha pietà delle moltitudini,
così il suo cuore si spezza
e pronuncia benedizioni per loro.
Nr.8 – Aria (Soprano)
Il Signore abbraccia il povero
con misericordia qui è là;
pieno di compassione, invia loro
il tesoro più grande, la Parola di vita.
Nr.9 – Recitativo (Contralto)
Ora lascia che il mondo svanisca con i suoi piaceri;
se anche arrivasse la carestia,
l’anima sarebbe comunque gioiosa.
Se il cammino attraverso questa valle di lacrime
è troppo lungo e troppo duro, nella parola
di Gesù risiedono salvezza e benedizione.
Essa è lampada per i piedi e luce lungo il cammino.
Chi viaggia con fede attraverso il deserto
sarà nutrito e rinfrancato da questa parola;
il Salvatore stesso, secondo la sua parola
aprirà un giorno le porte del Paradiso,
e alla fine della corsa
incoronerà chi è rimasto fedele.
Nr.10 -Aria/Duetto (Soprano, Contralto)
Anima, non permettere a nessun dolore
di allontanarti da Gesù,
anima, resta fedele!
La corona sarà
la tua ricompensa per la fede,
quando sarai liberato dalle catene del corpo.
Nr.11 – Corale
La speranza attende la giusta ora
che la parola di Dio ha promesso.
Quando per la nostra gioia arriverà,
non è un giorno fissato da Dio.
Egli sa quando sarà il momento migliore,
e non usa crudeli inganni con noi,
dunque dobbiamo confidare in lui.
Traduzione Emanuele Antonacci
Citta’ del Vaticano, Musei Vaticani
CONTEMPORANEA 50
La Collezione Arte Contemporanea Musei Vaticani 1973-2023
A cura di: Micol Forti
Con Francesca Boschetti e Rosalia Pagliarani
Dal 23 Giugno al 24 Settembre 2023
Il 23 giugno 2023 la Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani ha compiuto 50 anni di esistenza. Un traguardo importante per questa preziosa raccolta, che testimonia il lungo impegno della Santa Sede nel valorizzare e promuovere l’arte moderna e contemporanea, contribuendo a creare un ponte tra la tradizione e l’innovazione artistica. Durante questi cinque decenni, la collezione si è arricchita di opere di artisti di fama internazionale, diventando una testimonianza dell’evoluzione e della diversità dell’arte nel corso del tempo. Alla base della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani si cela un evento senza precedenti: il 7 maggio 1964, durante il Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI, appena eletto al Soglio Pontificio, ebbe un incontro straordinario nella Cappella Sistina con una folta delegazione internazionale di artisti, musicisti, figure del cinema, filosofi e intellettuali. Il discorso pronunciato in quell’occasione segnò una svolta decisiva. In seguito all’unità d’Italia, la Chiesa di Roma si era trovata in un periodo di isolamento politico e territoriale, che aveva contribuito a creare una crescente diffidenza verso l’arte contemporanea. Tuttavia, il Pontefice propone una riconciliazione, un nuovo legame, che si alimentava anche dalla memoria dei tragici eventi del secondo conflitto mondiale. Nelle parole di Paolo VI, emerse una visione profonda dell’arte sacra e dell’umanità, intimamente intrecciate, affermando che l’arte contemporanea era irrinunciabile per la Chiesa universale, proprio come lo era stato in passato. L’obiettivo dell’incontro era ambizioso: la creazione di una vasta e articolata collezione internazionale dedicata all'”Arte Religiosa Moderna”, questa fu la prima denominazione dell’iniziativa, destinata a trovare la sua sede all’interno dei Musei Vaticani a partire dal 1973. Il progetto allestitivo del 1973 fu frutto di una stretta collaborazione con Dandolo Bellini, ispirandosi all’esempio della Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei presso Villa Clerici, nei dintorni di Milano, che era stata realizzata negli anni ’50. La particolare ubicazione all’interno dei Palazzi Apostolici, nel cuore del complesso, e specificatamente nell’Appartamento Borgia, affrescato dal Pinturicchio, insieme alle sale antiche al piano sottostante lungo il percorso verso la Cappella Sistina, richiedevano una strategia espositiva particolare per integrarsi in modo dialettico ed armonioso con il contesto. La scelta di unire due aspetti distinti fu determinante: da un lato, si optò per un’atmosfera simile all’arredo di Palazzo, con parati in velluto grigio, utilizzati anche negli appartamenti privati del Pontefice, e ripresi nei larghi passe-partout delle cornici, appositamente realizzati per l’occasione. Dall’altro lato, l’attenzione fu puntata sull’effetto scenico e teatrale delle opere d’arte, che si manifestavano all’osservatore come “attori moderni” in un ambiente dall’antico fascino. Nel corso delle successive trasformazioni, è stata potenziata questa seconda dimensione, evidente anche nella sala attuale. Si può ammirare la scenografica e vibrante Sala Matisse, che quasi ricrea l’atmosfera architettonica della Cappella di Vence, realizzata dal maestro tra il 1948 e il 1951, e la Sala interamente dedicata alle sculture di Marino Marini all’interno dell’Appartamento Borgia. Inoltre, vi è la Sala che ospita l’installazione multimediale e interattiva di Studio Azzurro, proveniente dal Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia del 2013, e le recenti sistemazioni della sezione internazionale lungo il percorso verso la Cappella Sistina. Queste ultime soluzioni giocano con accostamenti liberi, mirando all’impatto emotivo sull’osservatore. Ma ora veniamo all’allestimento celebrativo. L’idea di disperdere opere d’arte contemporanee lungo il percorso tradizionale dei Musei Vaticani potrebbe non essere stata del tutto lungimirante. Non si nega che esista un significativo valore estetico e simbolico in questa connessione, che suggerisce un incessante processo di evoluzione del museo, trasformandolo in un “museo vivo”. Tuttavia, sembra che non sia stata presa in considerazione la maniera in cui i visitatori interagiscono con questi spazi e la natura media del visitatore. Molti infatti tendono a utilizzare i supporti dell’allestimento come sedute, o come superfici su cui appoggiare bottigliette d’acqua vuote. Alcuni, stanchi, si appoggiano addirittura con le mani o i capelli sui quadri, riducendo queste opere d’arte a semplici pannelli pubblicitari. I richiami dei custodi, ormai sopraffatti dal calore e sull’orlo dell’esasperazione, sembrano cadere nel vuoto. Nonostante i loro sforzi, non riescono a imporre ordine o a dirigere il flusso dei visitatori, rendendo la loro presenza quasi insignificante. Molte delle sale che ospitano queste installazioni preparatorie per la mostra per altro si trovano così appartate dai circuiti più famosi dei musei che risultano praticamente invisibili: una di queste è, ad esempio, l’opera di Elpida Hadzi-Vasileva intitolata “Reoccurring Undulation”, abbandonata nel Museo Gregoriano Etrusco, una zona praticamente sconosciuta, persino per i visitatori più audaci. Sebbene la celebrazione di una ricorrenza, anche di natura artistica, non debba necessariamente avere un senso pedagogico o educativo assoluto, è innegabile che la presentazione attuale non faciliti la comprensione neanche per coloro che sono desiderosi di approfondirla. Le sale del museo d’arte contemporanea dei Musei Vaticani restano comunque vuote e poco frequentate, e lo stesso vale per l’allestimento fotografico, pur essendo ben curato, che cerca di illustrare la storia della creazione di questo giovane museo. È indubbiamente vero che il pubblico dei Musei Vaticani non è sempre composto da individui attenti e focalizzati, ma chi si occupa di allestire gli eventi deve avere una conoscenza approfondita dei fruitori. Probabilmente, l’operazione, pur apprezzabile e meritevole, avrebbe potuto avere una presentazione diversa e più accattivante. È fondamentale tenere in considerazione le esigenze e gli interessi del pubblico cui l’evento è destinato e adattare la presentazione di conseguenza. Qui per tutte le informazioni.
Juan Diego Flórez all’Arena di Verona, nel Gala che lo vede protagonista domenica 23 luglio alle 21.00. Un debutto molto atteso, per la 100° edizione del festival areniano, con il tenore impegnato anche pochi giorni prima, il 20 luglio, come Duca di Mantova nel Rigoletto firmato da Antonio Albanese.
Il programma del Gala “Juan Diego Flórez in Opera” è costruito sui più grandi successi della star del belcanto. Non manca, naturalmente, la musica di Rossini, che ha portato il tenore in Italia per la prima volta, lanciandolo nella carriera internazionale, insieme a Donizetti, Verdi, Puccini e Gounod.
La serata si apre con la Cenerentola: del capolavoro rossiniano Flórez canta l’aria “Principe più non sei… Sì, ritrovarla io giuro” e il duetto “Tutto è deserto… Una volta c’era un re… Un soave non so che” insieme al mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya, che propone inoltre l’aria di Angelina “Nacqui all’affanno e al pianto”. Si prosegue con il repertorio francese, dalla pirotecnica “Ah mes amis… Pour mon âme…” della Fille du régiment di Donizetti, con il basso Gabriele Sagona, alle arie “Ô nuit! Sous tes ailes obscures, abrite-moi”, “L’amour!, l’amour!…. Ah! Lève-toi, soleil” e il duetto “Va! Je t’ai pardonnée… Nuit d’hyménée”, insieme al soprano Marina Monzó (impegnata anche in “Je Veux vivre”), tutti dal Roméo et Juliette di Gounod. Verdi è rappresentato dalla Luisa Miller, con “Quando le sere al placido” e Puccini dalla Bohème, con “Che gelida manina”, che coronano il programma del Gala.
Sul podio dell’Orchestra e del Coro della Fondazione Arena di Verona il direttore d’orchestra americano Christopher Franklin, che insieme a Flórez ha al suo attivo numerose tournée internazionali, impegnato nel concerto anche in pagine sinfoniche ancora da Rossini, Donizetti, Verdi e Puccini, come l’Ouverture dalla Cenerentola, la Sinfonia dal Don Pasquale, il Preludio dal I atto della Traviata e l’Intermezzo dalla Manon Lescaut.
Roma,Parco Archeologico del Colosseo
GLADIATORI NELL’ARENA. TRA COLOSSEO E LUDUS MAGNUS
Curatela di: Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Barbara Nazzaro e Silvano Mattesini
Il Parco archeologico del Colosseo presenta l’evento espositivo “Gladiatori nell’Arena. Tra Colosseo e Ludus Magnus”, ideato e realizzato dal Parco archeologico del Colosseo con la curatela di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Barbara Nazzaro e Silvano Mattesini. L’evento si compone di una installazione multimediale permanente e di una esposizione temporanea visitabile dal 21 luglio 2023 al 7 gennaio 2024 all’interno dei sotterranei del Colosseo. L’idea di questa iniziativa nasce innanzitutto dal recupero e valorizzazione del criptoportico orientale del Colosseo che in età romana collegava l’Arena con il quartiere delle palestre realizzate dall’imperatore Domiziano, di cui quella più famosa è il Ludus Magnus, la più grande, ma anche l’unica di cui si conserva parte delle strutture antiche. Qui i gladiatori si allenavano e si preparavano alle esibizioni. Nel XIX secolo la costruzione di un collettore fognario a servizio del popoloso quartiere Esquilino ha interrotto questa antica connessione, che oggi finalmente torna ad essere ripristinata: grazie ad una sofisticata presentazione multimediale con proiezione olografica, perfettamente orientata sull’asse Colosseo-Ludus Magnus, sarà virtualmente “demolito” il muro che interrompe il collegamento, restituendo così al pubblico una visione unitaria dell’area archeologica contemporanea, mentre i gladiatori torneranno a solcare l’originario pavimento in opus spicatum del criptoportico, avanzando verso l’Arena vestiti delle loro pesanti armature. Per rendere ancora più completa questa esperienza di conoscenza e valorizzazione, la riapertura del Criptoportico dei Gladiatori sarà raccontata assieme ad una esposizione temporanea che intende illustrare una selezione delle principali tipologie di coppie di gladiatori che si esibivano in combattimento sul piano dell’Arena e che con ogni probabilità proprio dal Ludus Magnus e dalle limitrofe caserme arrivavano al Colosseo. L’allestimento, che si snoda in alcuni degli ambienti sotterranei degli ipogei, abbina reperti originali di età romana, che riproducono immagini di gladiatori colti nelle tipiche posizioni da combattimento, con ricostruzioni, al vero, delle loro armature, realizzate secondo la tecnica antica dello sbalzo e della fusione dal Maestro Silvano Mattesini. È così possibile ammirare le armature complete del Murmillo e del Thraex, accanto agli elmi originari di Pompei provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ai preziosi elmi miniaturistici in ambra provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e alla stele funeraria del Murmillo Quintus Sossius Albus, ugualmente da Aquileia. Sono inoltre esposti al pubblico i graffiti dei gradini della cavea del Colosseo in cui il pubblico dell’epoca aveva rappresentato i propri beniamini in combattimento, accanto alle armature complete di un Retiarius e di un Secutor. Quella dell’Hoplomachus con il suo tipico scudo rotondo, avversario del Murmillo, è esposta accanto a due statuine da Aquileia, una anche in lega metallica. Infine un video illustra le fasi delle riproduzioni delle armature, forgiate con il ricorso alle tecniche antiche, nell’ambito di un progetto di archeologia sperimentale. La mostra raccoglie 12 opere di età romana provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dal Museo Archeologico Nazionale di Aquileia e dalle collezioni del Parco archeologico del Colosseo, a cui si aggiungono le armature facenti parte della Collezione privata di Silvano Mattesini. Qui per tutte le informazioni.
Il 20 e il 21 luglio al Teatro Romano di Verona va in scena ‘Aspettando Re Lear’, testo di Tommaso Mattei, regia di Alessandro Preziosi e opere di Michelangelo Pistoletto, insieme ad un cast d’eccezione!
E’ il caso, parola cardine della filosofia pistolettiana, l’artefice dell’incontro tra Michelangelo Pistoletto e Alessandro Preziosi. Il caso è l’elemento combinatorio da cui dipende tutto ciò che ha vita, la vita che noi vediamo riflessa nello specchio. Soffermandoci a riflettere di fronte all’opera ci rendiamo conto che il Caos è l’unico ordine possibile (Michelangelo Pistoletto).
Da qui l’idea di costruire insieme la nuova produzione di “Aspettando Re Lear” di Tommaso Mattei, la storia del re e delle sue tre figlie, tratto dalla tragedia di Re Lear di William Shakespeare, diretto e interpretato da Alessandro Preziosi. Nel cast anche Nando Paone nel ruolo di Gloster, Roberto Manzi che interpreterà Kent, Federica Fresco nel doppio ruolo di Cordelia e del Matto, Valerio Ameli che sarà Edgar.
Lo spettacolo prodotto da PATO e dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale si avvale della supervisione artistica di Alessandro Maggi , delle musiche originali di Giacomo Vezzani.
Biglietti in vendita al Box Office di via Pallone, così come online sui siti www.boxofficelive.it e www.boxol.it.
Roma, Caracalla Festival 2023
LA TRAVIATA
Musica Giuseppe Verdi
Opera in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave
da La Dame aux Camélias di Alexandre Dumas figlio
Direttore: Paolo Arrivabeni
Regia: Lorenzo Mariani
Dal 21 luglio al 9 agosto torna in scena La traviata di Giuseppe Verdi nell’allestimento firmato nel 2018 da Lorenzo Mariani che ambienta la vicenda parigina, tratta da La dame aux camélias di Dumas figlio, negli anni Sessanta della Dolce vita, omaggiando la Roma di Federico Fellini. Sul podio sale Paolo Arrivabeni. In scena Francesca Dotto, già più volte interprete di Violetta all’Opera di Roma; Christopher Maltman e Marco Caria, nei panni di Giorgio Germont; Giovanni Sala e Alessandro Scotto di Luzio come Alfredo Germont. Qui per tutte le informazioni ed il cast.
Per questa sesta domenica dopo la Trinità le cantate superstiti sono solo 2. La prima è catalogata BWV 170, Vergnügte Ruh’, beliebte Seelenlust su testo di Georg Christian Lehms (1684-1717), eseguita la prima volta a Lipsia il 28 luglio 1726. Si tratta di una Cantata solistica, la prima di una serie dopo l’esperienza di Weimar, consolidata nelle Cantate nr.54 e 199, che Bach compose tra la fine del luglio 1726 e gli inizi di febbraio del 1727 concorrono a formare quella serie che nelle cantate solistiche hanno toni spiccatamente individuali e propone meditazioni formulate in prima persona: 3 cantate per contralto, 2 per soprano, 2 per basso, 1 per tenore e 3 per soprano e basso. Alcune di questa partiture, 5 per l’esattezza, tra cui quella che ascolteremo oggi, priva del Corale finale e quindi escludono la presenza del Coro. Elemento caratteristico della Cantata 170 è la presenza di un organo come strumento “obbligato” ma si tratta di una singolarità condivisa con altre 4 cantate di quel periodo: le nr.35, 27, 169 e 40. Punto culminante e centrale della partitura è la seconda aria, nr.3 (“Quanta pena mi fanno i cuori pervertiti”), un “adagio” che vede l’impiego dell’organo in sostituzione del basso continuo e che risponde a un rigido simbolismo che vuole ricalcare i concetti e i valori del testo e che crea una sorta di gara tra strumento e voce che si abbandona a un discorso altamente “fiorito”. Fiancheggiano il brano 2 recitativi, uno secco e l’altro accompagnato, mentre l’apertura e la chiusura della Cantata sono determinati da 2 arie, la prima (“Beato riposo, amato piacere dell’anima”),nello spirito di una “pastorale”, per archi e oboe d’amore (la presenza dell’oboe d’amore è da vedersi in connessione con l’episodio vangelico, proposto in questa domenica, con il “discorso della montagna”), mentre la seconda aria presenta ancora l’organo come strumento obbligato, sostituito in una successiva ripresa della Cantata (1746-47) dal flauto traverso e si risolve in un giubilante addio alla vita.
Nr.1 – Aria (contralto)
Beato riposo, amato piacere dell’anima,
Non ti si può trovare tra i peccati dell’inferno,
Ma nell’armonia del Paradiso;
Tu solo fortifichi il petto debole.
Allora i puri doni della virtù
Troveranno dimora nel mio cuore
Nr.2 – recitativo (contralto)
Il mondo, la casa del peccato,
Prorompe solo in canzonacce infernali
E cerca con l’odio e l’invidia
Di invocare l’immagine di Satana.
La sua bocca è piena di veleno di vipera,
Che spesso colpisce a morte l’innocente,
E vuole solamente dire: Raca! 1
Dio giusto, quanto si è allontanata
Da Te l’umanità;
Tu ami, anche se la sua bocca
Proclama maledizione e inimicizia
E desidera solo calpestare il prossimo.
Ah! Questa colpa è dura da espiare.
Nr.3 – aria (contralto)
Quanta pena mi fanno i cuori pervertiti,
Che si volgono contro di Te, mio Dio,
Io tremo e sento mille dolori,
Quando provano gioia solo nell’odio e nella vendetta.
Dio giusto, che cosa devi allora pensare,
Quando essi, con i soli inganni del demonio
Si fanno beffe del Tuo giusto precetto!
Ah! Senza dubbio devi aver pensato:
Quanta pena mi fanno i cuori pervertiti!
Nr.4 – recitativo (contralto)
Chi dunque può desiderare
Di vivere in un posto come questo,
Se si vedono solo odio e avversità
In cambio del proprio amore?
Ma poiché devo amare anche il nemico
Come il mio migliore amico
Secondo il comandamento divino,
Allora il mio cuore
Rifugge la rabbia ed il rancore
E anela solo a vivere presso Dio,
Che è egli stesso chiamato Amore.
Ah, spirito armonioso,
Quando infine ti concederà Egli
La sua Sion Celeste?
Nr.5 – Aria (contralto)
Mi disgusta continuare a vivere,
Allora accoglimi, o Gesù!
Provo orrore per tutti i peccati,
Lascia che io trovi questa dimora
Dove sarò nella pace.
Traduzione Alberto Lazzari
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Opera in tre atti su libretto di Apostolo Zeno. Fleur Barron (Pirro), Morgan Pearse (Caio Fabricio); Miriam Allan (Sestia), Anna Gorbachova-Ogilvie (Volusio), Hannah Paulsom (Bircenna), Helen Charlston (Turio), Jess Dandy (Cinea). London Early Opera, Bridget Cunningham (direttore). Registrazione: All Saint’s Church, Londra. 1-5 settembre 2021. 2 CD Signum Classics SIGCD713
Il 1733 non è anno facile per Händel a Londra. Il monopolio sulla vita musicale cittadina che il Sassone aveva imposto negli anni precedenti era per la prima volta sotto attacco. Il nuovo teatro di Lincoln’s Fields guidato dall’impresario John Rice scritturato Nicola Porpora aveva l’ambizioso progetto di contendere la piazza a Händel. Il passaggio di molti dei cantanti del King’s Theatre alla nuova compagnia rappresentava un ulteriore problema mettendo in discussione la stessa sopravvivenza del teatro.
Le difficoltà spinsero Händel ad agire prontamente. Riunite le forze a disposizione – nonostante le perdite, poteva ancora contare su cantanti del valore della Durastanti e delle sorelle Negri – decise di giocare in anticipo presentando al pubblico londinese qualche cosa di nuovo, uno degli ultimi esempi dello stile fortemente melodico che era venuto a svilupparsi a Napoli e Roma e che risultava ancora poco noto agli inglesi. Porpora stava agendo nella stessa direzione, ma il fallito tentativo di portare Hasse a Londra aveva ritardato il progetto ma Händel sapeva che i suoi rivali stavano lavorando su quella strada (effettivamente “Artaserse” fu rappresentato l’anno successivo con un protagonista d’eccezione come il Senesino).
Händel non disponeva al riguardo di una partitura integra di Hasse ma poteva appoggiarsi sui manoscritti che Jennens aveva raccolto tramite Holdsworth in Italia. Tra le possibilità a disposizione la scelta cadde su “Caio Fabbricio” su libretto di Apostolo Zeno ma il cast a disposizione e la necessità di adattare il lavoro al gusto inglese comportarono importanti rimaneggiamenti.
Le ventotto arie originali furono ridotte per l’occasione a tredici mentre le altre sono state sostituite con brani tratte da altre opere dello stesso Hasse o di altri compositori. I cantanti sono stati lasciati liberi di eseguire brani tratti dal loro repertorio in modo da far brillare le qualità di ciascuno. Il risultato finale è ovviamente privo di coerenza interna, composto com’è da brani molto diversi per stile e provenienza. Particolarmente ridotta la parte del protagonista cui resta solo una delle cinque arie originali passando quindi decisamente in secondo piano nei confronti dell’avversario Pirro affidato a Carestini e rimasto in possesso di tutte le arie originariamente previste.
Il lavoro andò in scena con buon successo ma con il cambio del gusto è stato completamente dimenticato. Nel 2015 Bridget Cunningham ha deciso di riproporre questo lavoro in occasione della prima incisione della nuova etichetta britannica Signum Classics procedendo a un riesame critico delle fonti e al completamento delle parti andate perdute e integrando l’ouverture con il “Concerto n. 2 in re” di Hasse. Questa edizione è giunta in sala d’incisione nel 2021 ed è ora disponibile in CD.
L’iniziativa è di certo lodevole e brilla soprattutto per la parte orchestrale. La Cunningham dirige con grande sensibilità. La perfetta conoscenza della partitura traspare da una lettura chiara e rigoroso, brillante ma mai eccessiva e sempre ottimamente controllato. Il gioco dei colori orchestrali e la diversificazione stilistica di brani diversi per gusto e provenienza può dirsi pienamente riuscita. L’orchestra London Early Opera suona con rigore e pulizia eseguendo al meglio le richieste direttoriali.
Il cast è complessivamente dignitoso. L’ottimo lavoro di preparazione si nota ma altrettanto manca quella scintilla del vero artista capace di fare la differenza mentre, soprattutto le voci femminili, sono tra loro molto simili per caratteristiche e impostazione differenziandosi poco l’una con l’altra. Fleur Barron affronta l’impegnativa parte di Pirro con grande rigore. Mezzosoprano dal timbro omogeneo e con buone doti di colorature, pronuncia discreta nelle arie – nei recitativi sono tutti più a disagio – capace di rendere i cambi espressivi che caratterizzano il personaggio.
Considerazioni simili valgono per Hanna Poulsom (Bircenna) e Anna Gorbachova-Ogilvie (Volusio). Più scura e solida la vocalità della prima, molto simile a quella della Barron, più luminosa e quasi sopranile quella della seconda. Jess Dandy (Cinea) convince meno risultando più faticosa nelle colorature anche se nel complesso risulta godibile. Helen Charlston (Turio) completa la nutrita pattuglia dei mezzosoprani.
La parte di Sestia scritta per la Strada del Po’ è affidata Miriam Allan. Soprano lirico dal bel timbro radioso e abbastanza sicura nei passaggi di bravura mostra però qualche durezza sugli estremi acuti e una minor consistenza vocale nelle discese al grave. La parte ha un’impostazione sostanzialmente lirica che si accende solo nell’ultima aria “Lo sposo va a morte” di carattere più drammatico e virtuosistico.
Il role titre è affidato a Morgan Pearse, voce piuttosto chiara, bartional, più che da autentico basso ma corretto e precisa. La sua unica aria “Quella è mia figlia” ha andamento declamatorio e non presenta particolari difficoltà. L’opera ha la classica struttura “seria”, con la uccessione di arie alternate a recitativi secchi, con un unico a tutti nel finale, manca qualunque intervento del coro.
Corte d’Onore Palazzo Reale, Torino. Rassegna, “Passaggi D’Estate 2023″
Orchestra Teatro Regio di Torino
Direttore Riccardo Bisatti
Wolfgang Amadeus Mozart: Ouverture da “Così fan tutte” K588; Divertimento n.11 in Re Maggiore K251; Sinfonia n.35 in Re Maggiore “Haffner” K385
Torino, 11 luglio 2023
Il Teatro Regio di Torino ha trasformato, per non oscuri motivi, la tradizionale mini-stagione operistica estiva in una serie di 6 concerti. La localizzazione è variata passando dal pavimentato immenso cortile dell’Arsenale, all’acciottolato e squadrato Cortile d’Onore di Palazzo Reale. Con la colonnina di mercurio oltre i 30°, l’ambientazione, grazie alle tre aperture dei passaggi carrozza che garantiscono una buona ventilazione, risulta assai confortevole. I moscerini e le zanzarette svolazzanti dagli adiacenti Giardini Reali confermano di stare in piena natura con i relativi fastidiosi inconvenienti. Sempre per i citati “non oscuri motivi”, l’allestimento del palco è tirato all’osso: una plancia soprelevata, un fondale di tela nera con impressi, in bianco, loghi e motti, quattro tralicci che reggono le traversine con proiettori alogeni. Al pubblico sono destinate vetuste sedie stampate, dubbiosamente bianche e dallo schienale che all’appoggiarsi pare cedere pericolosamente. La serie di 6 concerti, suddivisi in 3 vocali e 3 orchestrali, conta sulle forze stabili del teatro e non ci sono partecipazioni di artisti invitati. Quelli sinfonici trovano sul palco l’Orchestra del Teatro con la guida del giovanissimo e formidabile novarese Riccardo Bisatti, membro del Regio Ensemble, gruppo in residence del Teatro. Il concerto dell’11 luglio è un “tutto Mozart”, nei 2 che seguiranno al salisburghese saranno associati Schubert, Haydn e Beethoven. Un panorama, se pur ristretto, del classicismo viennese, ormai di raro ascolto nei nostri auditori costretti al gigantismo del tardo romanticismo e del primo ‘900. Riccardo Bisatti ha fatto emergere perentoriamente, fin dall’attacco del Così fan tutte, una visione dell’opera mozartiana consistente nella messa a fuoco della rigorosa struttura razionale, screziandola all’inverosimile, ben aldilà delle rade indicazioni della partitura, di colori e sfumature. Colpisce come, nello scatenamento ritmico degli archi acuti del presto dell’Ouverture da Così fan tutte, emerga, da quattro battute a note lunghe delle viole, una mai udita tenerezza infinita. Il Divertimento K251 non è certamente un pezzo di frequente ascolto, dopo l’illuminante esito a cui lo porta Bisatti, viene spontaneo chiedersi la ragione di questa trascuratezza. Razionalità, struttura e sensibilità ai colori sono i fili conduttori che lasciano ai margini i vezzi e i fronzoli del rococò. Il secondo Minuetto con le 3 variazioni che soppiantano il trio di tradizione e il Rondeau, dalla solidissima struttura, attestano quanto sia stato l’impegno e il genio di Mozart nel ricreare una forma che non fosse solo divertimento salottiero. La Marcia alla Francese del finale, ha le fattezze che gli autori francesi dedicavano all’ingresso del Re Sole nei saloni e nei giardini di Versailles, qui vorremmo indicasse l’autocelebrazione di un Mozart ventenne e forse anche di un Bisatti, quasi coetaneo, che entrano da sovrani nel mondo musicale. La coerenza del direttore si conferma con una Haffner perfettamente in linea con gli antecedenti. Son passati sei anni dal Divertimento e qui l’autore, più maturo, è maggiormente disponibile ai moti del cuore, Bisatti, senza remore, l’asseconda con gran classe e fantasia. Nella sinfonia, legni e corni hanno un peso decisivo, purtroppo il loro posizionamento sul palco e la sordità del luogo hanno su di essi l’effetto nefasto di renderli muti. I non oscuri motivi che hanno condizionato questa manifestazione avrebbero richiesto comunque una maggior attenzione a non penalizzarne troppo gli esiti. Sopraelevare le ultime file di esecutori, porre una parete riflettente sul fondo, forse avrebbero contribuito a minimizzare l’inconveniente.
L’Orchestra del Teatro Regio, alle prese con capolavori assoluti, pur in ambientazione non del tutto favorevole, si è mostrata degnamente all’altezza della situazione. Gli archi omogenei e compatti hanno validamente garantito la struttura portante dei lavori. I fiati, vista la collocazione, hanno comunque assicurato, in carenza del protagonismo auspicato, il clima sonoro indispensabile a sostenere le opere. Il pubblico è accorso in massa ed è stato “un tutto esaurito”. Grande entusiasmo e applausi ci sono stati non solo al termine delle composizioni ma anche nel corso dell’esecuzione, tra un movimento e l’altro. Turisti in cerca di refrigerio che approfittano, forse per la prima volta, di un’offerta di buona musica. Gli esiti artistici la frequenza e la soddisfazione del pubblico fanno dei Passaggi d’estate del Regio 2023 , a dispetto degli inconvenienti, un’ operazione felicemente positiva e riuscita.
Nell’anno del 100° Festival, Fondazione Arena di Verona inaugura uno dei progetti più importanti dell’anniversario dedicandolo all’accessibilità: oltre 1.500 posti in più nel corso del Festival per persone con disabilità motoria e nuove attività inclusive che coinvolgeranno circa 1.000 persone con disabilità sensoriali e cognitive e i loro accompagnatori in 10 serate dedicate, dando a tutti la possibilità di seguire lo spettacolo con supporti e percorsi ad hoc tra cui l’audio descrizione degli spettacoli e i sottotitoli specifici per persone sorde.
Le quattro opere scelte per inaugurare il progetto, coordinato dalla
Professoressa Elena Di Giovanni con il supporto della Professoressa
Francesca Raffi dell’Università di Macerata, sono: Aida (l’opera “regina” dell’Arena), La Traviata, Nabucco e Rigoletto. La proposta include le due nuove produzioni del 100° Festival 2023 insieme a due titoli che sono diventati grandi classici molto amati dal pubblico nella storia recente dell’Anfiteatro.
Nelle dieci serate dell’iniziativa, che prenderà il via giovedì 20 luglio, le opere saranno precedute da percorsi multisensoriali completamente gratuiti, previa prenotazione obbligatoria alla mail
inclusione@arenadiverona.it o tramite la pagina http://www.arenapertutti.it .
Durante questi percorsi, le persone con disabilità saranno accompagnate sul palcoscenico e potranno esplorare le scenografie, i costumi, gli attrezzi di scena, guidate dal personale di palcoscenico e dalle sapienti mani di chi ha realizzato gli spettacoli nei minimi dettagli nei laboratori di Fondazione Arena.
Verona, Teatro Romano, 75 Estate Teatrale Veronese 2023
“LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR”
Di William Shakespeare adattamento Angela Demattè
Con: Eva Robin’s, Angelo Di Genio, Francesca Porrini, Nicola Ciaffoni, Davide Falbo, Riccardo Gamba, Sofia Pauly, Ottavia Sanfilippo, Pierdomenico Simone
Regia Andrea Chiodi
Scene Guido Buganza
Costumi Ilaria Ariemme
Mvimenti di scena Marta Ciappina
Musiche Daniele D’Angelo.
Nuova produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale
Verona, 13 luglio 2023
Si è tenuto il secondo appuntamento dell’Estate Teatrale Veronese, n. 75, dedicato a William Shakespeare. Dopo lo spettacolo “Letti d’amore”, è stata messa in scena l’unica produzione completa di una commedia del Bardo, “Le allegre comari di Windsor”. Quest’opera è considerata da un lato come un lavoro “frettoloso” di Shakespeare, ma d’altra parte ha ispirato numerose trasposizioni melodrammatiche, dalla versione di Antonio Salieri del 1798 a quella di Giuseppe Verdi del 1893, quest’ultima sicuramente la più celebre trasposizione musicale. Altri compositori come Otto Nicolai, Michael Balfe, Arthur Sullivan e molti altri hanno dato vita a proprie versioni dell’opera.
La nuova produzione del Teatro Stabile del Veneto è affidata a Andrea Chiodi, che di recente ha portato in tournée “Sogno di una notte di mezza estate”. Nelle sue note di regia, Chiodi scrive: “Le allegre comari ci descrive una società nuova, senza valori alti e cavallereschi, una provincia a tratti violenta, un mondo borghese e arricchito, un mondo simile a ‘Il capitale umano’ di Virzì se dovessimo paragonarlo ad un racconto contemporaneo. Ho voluto portare, come spesso ho fatto con le commedie di Shakespeare, tutti i personaggi in un mondo evocativo, in una sorta di country club immaginario dal sapore molto inglese fatto di tessuto tartan e kilt…”Questo si traduce visivamente nell’essenziale impianto scenografico di Guido Buganza, che consiste in una grande quinta-parete dipinta a tema tartan, posizionata sulla sinistra del palcoscenico, con porte. L’unico oggetto presente in scena è una poltrona. Il tema tartan domina anche i costumi curati da Ilaria Ariemme, e sebbene il regista affermi che “gli uomini portano le gonne… il kilt” e le donne indossano i “pantaloni”, perché sono loro a portare avanti questo terribile tranello…”, in realtà nella rappresentazione abbiamo visto solo una donna, Meg Page, vestita con i pantaloni. Questa introduzione alla parte visiva dello spettacolo fa capire chiaramente che si tratta di una trasposizione moderna di questa opera di Shakespeare, che si riflette anche nel taglio della recitazione e nella scelta del cast.
Certamente non abbiamo in scena un Sir John Falstaff tradizionale, ossia un attempato cavaliere panciuto, con smanie senili e sempre bisognoso di bere e mangiare. Qui vediamo un Falstaff giovane, “in carne”, vigoroso, che sembra pronto per una gara di “lancio del palo” o uno dei giochi di forza delle Highland. Questa visione del personaggio può risultare spiazzante, ma accettiamola così. Anche gli altri personaggi sono inseriti in una chiave di lettura che tende a forzare la mano nella comicità, portando le due comari a esagerazioni da “macchietta”, così come le espressioni gelose di Ford sembrano decisamente sopra le righe. A ciò si contrappone la quasi regale staticità di Mistress Quickly, che indossa una parrucca che richiama chiaramente la regina Elisabetta I in alcune scene. Funzionali alla regia gli altri interpreti in un insieme che, nel complesso, ha un ritmo teatralmente “rock” (anche grazie alle musiche di Daniele D’Angelo). Teatro gremito e divertito. Molti applausi anche durante lo spettacolo. Lo spettacolo, dopo Verona (ultima replica questa sera, 14 luglio, ore 21.15) viene riproposto al Teatro Verdi di Padova dal 17 al 29 luglio, nell’ambito della rassegna estiva “Aperitivo con Shakespeare”.
Si è conclusa tra applausi scroscianti, richieste di bis e standing ovation la prima edizione del Festival Riflessi del Garda, in scena dal 30 giugno all’8 luglio 2023 diffuso in più luoghi nell’incantevole cornice del Lago di Garda, nella provincia di Verona, principalmente tra il Lido Campanello di Castelnuovo del Garda, il Santuario della Madonna del Frassino a Peschiera del Garda e il Golf Club Paradiso del Garda, ancora a Castelnuovo.Organizzata dal Fondo Niccolò Piccinni ODV e incentrata su musica, danza e letteratura, la manifestazione ha contato oltre 850 spettatori per gli otto appuntamenti proposti nelle cinque serate di programmazione, che hanno visto splendere in scena 51 artisti internazionali, tra grandi nomi dello spettacolo e astri nascenti del panorama lirico e sinfonico. Il Festival Riflessi del Garda, con rare e inedite esecuzioni, ha voluto così promuovere la riscoperta del compositore settecentesco Niccolò Piccinni e degli autori del suo tempo, e configurarsi come nuovo palcoscenico a sostegno della crescita professionale di giovani artisti e maestranze.
Il pubblico ha confermato il gradimento della programmazione eclettica, che ha visto concerti cameristici, recital lirici, gala di danza e incontri letterari condotti dal Direttore Artistico del Festival e Presidente del Fondo Maximilien Seren-Piccinni, accompagnati da degustazioni di vini del territorio; il tutto coronato dal conferimento del 41° Premio Piccinni al M° Leo Nucci per mano di Sandra Milo a conclusione della manifestazione, nell’ambito del tradizionale Piccinni Gala.
L’inaugurazione con il concerto #baroquevibes. Symphony at Sunset è stata caratterizzata dalla pioggia battente, per questo ha visto in scena al Teatro DIM di Sandrà l’Orchestra da Camera Cesare Pollini di Padova diretta dal M° Rocco Cianciotta. Composta dai talenti del triennio e biennio accademico del Conservatorio di Musica “Cesare Pollini” di Padova, con i giovani e premiati soprani Veronica Marini e Jessica Pantarotto, l’ensemble ha proposto apprezzate prime esecuzioni in tempi moderni di ricercate partiture di Piccinni, Torri e Jommelli, grazie al lavoro di revisione dei maestri Adriano Cirillo e Riccardo Viagrande, accanto a celebri pagine di Vivaldi e Marcello.
La sera successiva, finalmente al teatro vista lago appositamente allestito al Lido Campanello di Castelnuovo, il pubblico ha tributato calorosi applausi e ovazioni per il recital Carmela Remigio, Anima Piccinniana, in cui il celebre soprano, accompagnato dal pianoforte di Sem Cerritelli e dal violino di Enrico Casazza, ha regalato memorabili interpretazioni di un rarissimo Piccinni.
Particolarmente apprezzata, con standing ovation finale nonostante alcune gocce di pioggia che non hanno scoraggiato il pubblico numeroso ed entusiasta, la serata The Swans of La Scala, dedicata alla grande danza, sempre al Lido Campanello. Il programma ha trasportato la platea gremita in un viaggio tra diversi stili ed epoche, tra repertorio classico, contemporaneo, passi di tango e flamenco, in cui hanno brillato i Primi ballerini e i Solisti del Teatro alla Scala Antonella Albano, Beatrice Carbone, Emanuela Montanari, Massimo Garon, Gioacchino Starace e Mick Zeni, insieme alla Compagnia di flamenco di Mara Terzi.
Le ultime due date di programmazione hanno, poi, invitato a scoprire nuovi scorci del territorio del Garda veronese, a partire dal Santuario della Madonna del Frassino di Peschiera, che ha ospitato in una chiesa affollatissima il concerto per organo e ottoni Tra Umano e Divino. All’ensemble Organa et Bucinæ, con Giulio Bonetto allo strumento solista, Roberto Rigo e Fabrizio Mezzari alle trombe, Lorenzo Rigo e Alessio Brontesi ai tromboni, è stata affidata l’inaugurazione dell’edizione 2023 del Festival Organi Storici, con cui il Fondo Piccinni ha collaborato per l’appuntamento, in un simbolico passaggio di testimone che ha visto applausi calorosi e prolungati, richieste di bis e due standing ovation.La serata conclusiva al Golf Club Paradiso del Garda di Castelnuovo ha avuto come madrina d’eccezione Sandra Milo, attrice straordinaria che ha conferito il 41° Premio Piccinni a un altrettanto straordinario artista: il grande baritono Leo Nucci, premiato per aver ispirato, con le sue leggendarie interpretazioni, intere generazioni di cantanti di tutto il mondo e per l’amore con cui da anni trasmette la sua grande esperienza ai giovani artisti. La sua dedizione verso la musica e la lunga carriera che ha incantato pubblici di tutte le nazioni si sono espresse insieme alla sua profonda umanità in momenti indimenticabili nel Piccinni Gala 2023, coronato dall’omaggio tributatogli dalle giovani promesse di domani: i soprani Michela Dellanoce, Jessica Pantarotto e il baritono Jinwook Namgoong che, con Gledis Gjuzi al pianoforte, hanno restituito finissime interpretazioni dall’intermezzo La pescatrice di Piccinni.
Infine, molto apprezzate le terrazze letterarie con Fabio Larovere per l’incontro dedicato alla divina Maria Callas, con Francesco Lodola per ripercorrere la lunga e gloriosa storia dell’Archivio Ricordi, per concludere con la strepitosa Sandra Milo, che ha condiviso con il pubblico attento e partecipe la sua “dolce vita” attraverso le sue rime e poesie.
Il Festival Riflessi del Garda, con lo sguardo già rivolto all’edizione 2024, invita ai prossimi appuntamenti off lungo tutto l’anno, come il concerto di venerdì 1 settembre alle ore 21 presso la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Nascente a Castelnuovo del Garda con l’organista Daniele Dori allo storico strumento del 1894, nuovamente in collaborazione con il Festival Organi Storici 2023.
Per tutte le informazioni e per restare aggiornati sulla programmazione artistica invitiamo a visitare il sito festivalriflessidelgarda.niccolopiccinni.org e a seguire i canali social del Festival Instagram e Facebook.
Roma, Caracalla Festival 2023
ROBERTO BOLLE & FRIENDS”
Roberto Bolle
Teatro alla Scala, Milano
Bakhtiyar Adamzhan
Astana Opera, Astana
António Casalinho
Bayerisches Staatsballett, Monaco di Baviera
Travis Clausen-Knight
International Guest Artist
Valentine Colasante
Opéra National de Paris, Parigi
Melissa Hamilton
The Royal Ballet, Londra
Maria Khoreva
Mariinsky Ballet, San Pietroburgo
Paul Marque
Opéra National de Paris, Parigi
Tatiana Melnik
Hungarian National Ballet, Budapest
Casia Vengoechea
International Guest Artist
e con la partecipazione del Maestro Alessandro Quarta
Light Designer Valerio Tiberi
Roma,12 Luglio 2023
“Roberto Bolle and Friends” è senza dubbio un’esperienza singolare, un viaggio insolito nel cuore della danza. Il protagonista di questi Gala, Roberto Bolle, non solo si distingue come performer , ma si fa valere anche come Direttore Artistico. Accompagnato da ballerini tra i più dotati del mondo, ha saputo creare un programma che ha coinvolto un pubblico sempre più diversificato e numeroso. Il format dello spettacolo, ormai rodato e consolidato, porta in prima linea il celebre danzatore, un magnete indiscusso per le masse, capace di riempire i teatri in un batter d’occhio . La questione sulla qualità e sulla genuina passione del pubblico per la danza rimane però non risolta. L’obiettivo di diffondere l’arte della danza al di là delle elitiste sale teatrali e raggiungere un pubblico più ampio sembra essere stato raggiunto con successo . Tuttavia, se l’intento è anche di educare alla danza, esistono ancora opportunità per migliorare e perfezionare questo aspetto. Una manovra analoga era stata intrapresa da Pavarotti con il suo progetto “Pavarotti&Friends”. Tuttavia, il suo obiettivo dichiarato era puramente benefico. Il celebre tenore, avvicinandosi alla fine della sua carriera, si presentava al suo pubblico con una serie di piacevoli distrazioni che non erano state permesse durante il culmine della sua fama. In queste iniziative, l’intento non era di natura educativa o di proselitismo, ma si focalizzava esclusivamente sul puro divertimento e intrattenimento. Questa per lo meno era un’offerta onesta e diretta, che non mirava a veicolare significati complessi o implicazioni sociali alle volte persino forzati, ma intendeva semplicemente fornire un’esperienza autentica e piacevole senza clamori. Se è vero che non possiamo discernere altre intenzioni nascoste dietro alle operazioni del Luciano nazionale, dobbiamo affidarci alla fede, proprio come quando ascoltiamo le parole di Roberto Bolle. È il suo desiderio di disseminare l’arte della danza a tutti attraverso il suo spettacolo che accogliamo come verità. Sic est!Lo straordinario etoile piemontese sul bellissimo palco del Caracalla Festival 2023, presenta sia i capolavori della danza classica che coreografie più innovative. Questo offre sicuramente una preziosa opportunità culturale, un tour imperdibile attraverso vari stili e scuole di danza che suscitano emozioni molto diverse tra loro. Se Roberto Bolle ha scelto di mettersi in evidenza soprattutto con pezzi contemporanei, caratterizzati da coreografie tecnicamente meno intricate ma più accessibili al gusto di un vasto pubblico, i suoi colleghi hanno brillato nel balletto tradizionale, raggiungendo momenti di eccezionale bellezza tecnica e una profonda comprensione dello spazio e delle linee . Sebbene fossero apparentemente svantaggiati da scenografie e accompagnamenti meno appariscenti rispetto a Bolle, sono riusciti a permeare il palco con un’energia rinfrescante e una bellezza ineguagliabile. Questo tour segna l’inizio della stagione estiva, un periodo in cui la trascendente performance di “Roberto Bolle and Friends” raggiungerà quasi ogni angolo del mondo. Con un impegno indomito per l’arte e la cultura, lo spettacolo varca i confini geografici, portando con sé un messaggio di unità e inclusività. In questa celebrazione globale dell’arte, ogni destinazione diventa un palco, un momento per danzare sotto il segno dell’innovazione e dell’arte universale. Il pubblico romano, per quanto spesso distratto da cellulari, aperitivi in platea e le ultime novità del torneo di padel in città, è rimasto affascinato dall’evento, ha inondato di applausi e richieste di bis Roberto Bolle ed ogni singolo protagonista. Questo tributo caloroso è stato una dimostrazione dell’alto calibro artistico e dell’intensa performance che hanno caratterizzato l’evento o semplicemente premia la straordinaria capacità imprenditoriale di chi organizza e pubblicizza il Brand Bolle. Probabilmente entrambe le cose. Qui per tutte le informazioni sul Tour.